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Il futuro non è più quello di una volta

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Il futuro non è più quello di una volta

12 - 18 ottobre 2020

La rubrica del lunedì

Care amiche e cari amici, ben trovate e ben trovati!

Eccoci di nuovo insieme per proseguire il cammino iniziato la scorsa settimana, con il proposito di indagare il rapporto tra politica e fantascienza.

Percorrendo questo sentiero non potevamo non imbatterci in una delle figure più emblematiche di questo genere letterario: Ursula Kroeber Le Guin, meglio conosciuta come Ursula K. Le Guin.

Figlia dell'antropologo Alfred Louis Kroeber e della scrittrice Theodora Kracaw, “zia Ursula”, come veniva affettuosamente chiamata nel fandom fantascientifico, è stata uno dei rari esponenti della narrativa utopica moderna, senza dubbio tra i principali autori contemporanei di science fiction.

Alla domanda se la fantascienza fosse “letteratura di idee” o pura evasione la Le Guin, nella sua raccolta di saggi Il linguaggio della notte, rispondeva così: «L’argomento più antico a sfavore della fantascienza… è l’affermazione che la fantascienza, come tutta la narrativa fantastica, sia un’evasione dalla realtà. Se un soldato è fatto prigioniero dal nemico non consideriamo suo dovere evadere? Gli strozzini, gli ignoranti, gli autoritari ci hanno imprigionato tutti: se diamo valore alla libertà dell’intelletto e dell’anima, se siamo partigiani della libertà, è nostro chiaro dovere evadere e portare con noi quante più persone possibile».

Ed ancora, alla domanda se la signora Brown (ovvero la nostra più familiare “casalinga di Voghera”) possa avere un suo posto nella fantascienza, Ursula K. Le Guin, nel saggio La fantascienza e la signora Brown, ci suggerisce che «...ciò che un tempo costituiva tutto l’oggetto della fantascienza (l’invenzione di aggeggi miracolosi o vicende storiche ipotetiche) è ora utilizzato in modo soggettivo per esplorare e spiegare cosa succede dentro la signora Brown...» e che la fantascienza «...ci può far vedere chi siamo e dove siamo e che scelte ci aspettano, con chiarezza insuperata e grande conturbante bellezza».

Tra le sue opere più famose, in questo nostro percorso ne suggeriamo in particolare due: La mano sinistra delle tenebre del 1969 e I reietti dell'altro pianeta. Un'ambigua utopia  del 1974, romanzi che hanno venduto decine di milioni di copie nel mondo.

Nel romanzo La mano sinistra delle tenebre è di scena un popolo ermafrodita che prende corpo e si anima attraverso la descrizione particolareggiata del pianeta Inverno. Nel periodo di “kemmer” i suoi abitanti vanno incontro alla determinatezza sessuale, che però non ha mai un esito sicuro di appartenere a questo o a quel genere, ma è sempre casuale: in sostanza ogni persona sarà alternativamente maschio e femmina, soggetto a gravidanza.

Nelle forme di un romanzo, la Le Guin ci coinvolge in una approfondita riflessione su sesso e genere, sui preconcetti e sui tabù vigenti.

Acclamato come capolavoro indiscusso fin dalla prima comparsa, La mano sinistra delle tenebre, piaccia o non piaccia, è un'opera immaginifica. Certo, non è un fantasy, è un’opera di fantascienza, non è esattamente un mondo fatato quello di cui si tratta, ma riesce a suo modo ad evocare un atmosfera fiabesca, per quanto dark, come suggerisce il titolo. Sicuramente possiede a pieno diritto “quella stranezza che attrae” e vanta l’incipit più memorabile di tutta la science fiction: «Farò il mio rapporto come se narrassi una storia, perché mi è stato insegnato, sul mio mondo natale, quand’ero bambino, che la Verità è una questione d’immaginazione».

Il romanzo I reietti dell'altro pianeta. Un'ambigua utopia è l'opera che l'ha consacrata come icona della moderna fantascienza utopica.

È ambientato sul pianeta Urras e sulla sua luna Anarres. Sul primo c’è una società capitalista in cui la classe sociale dominante sfrutta completamente la classe lavoratrice; sulla seconda invece c’è una società egualitaria in cui non esiste la proprietà privata.

Inizialmente gli abitanti di Anarres vivevano su Urras, ma circa un secolo prima degli eventi narrati nel romanzo se ne erano andati per fondare una nuova società, divisa e diversa da quella ingiusta del pianeta di origine.

Il protagonista della storia narrata è un fisico di nome Shevek che visita Urras credendo che l’applicazione dei principi anarchici di Anarres non sia affatto perfetta e che sul pianeta capitalista possa esserci più libertà.

Tutto il romanzo è una riflessione su due diversi modelli di società e sugli aspetti negativi di ciascuno dei due.

«C’era un muro…», così l’incipit. Forse c’è sempre un muro diremmo noi, e soprattutto c’è un’utopia, giustamente ambigua.

Il richiamo all’ambiguità del sottotitolo racchiude in sé un interno mondo di contraddizioni che ben esprimono le inquietudini del contesto politico in cui il romanzo è stato scritto.

Quando emergono chiaramente, nel racconto, problemi come l’inquinamento e lo sfruttamento eccessivo delle risorse, la gestione dei rifiuti (in particolare delle microplastiche!), chissà se anche voi sarete colti da un moto spontaneo che vi porterà a controllare di nuovo la data? Ebbene si, è davvero un romanzo del 1974!

Infine una domanda: ma Shevek è stato poi sconfitto nella sua curiosità, nella sua diffidenza verso la tradizione (anche quella libertaria)?

Chi volesse approfondire l’opera letteraria della Le Guin può consultare l’elenco completo dei suoi libri presenti nelle Biblioteche di Roma.

Noi vi auguriamo una buona lettura e, come sempre, vi diamo appuntamento a lunedì prossimo.

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