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Oibò sono morto: una riflessione sul senso della vita e di cosa c’è nell’aldilà
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21 ottobre 2012
Teatro Argot Studio 16 – 21 ottobre
Oibò sono morto è una riflessione sul senso della vita, adatto ad un pubblico dai dieci ai cent’anni. Liberamente tratto da due romanzi di autori scandinavi Jan Fridegard e Arto Paasilinna, Oibò sono morto tratta di cosa succede quando “la signora morte” ci viene a prendere, di cosa succede dopo, di cosa c’è nell’aldilà. In Oibò Giovanna Mori, ex Opera Comique, e Jacob Olesen della Compagnia Donati Olesen, si confrontano immaginando un luogo di passaggio tra la vita terrena e l’eternità assoluta. Una specie di “non dove” dove le anime passano e soggiornano prima di andare, dove non so. Luogo dal quale non si può tornare indietro, dove non si ha più ne freddo né caldo, né fame, né bisogno di andare dal parrucchiere, ma dove ancora si provano passioni, sentimenti e curiosità. C’è un uomo. Cammina per strada. E lì sta passando una bella donna. L’uomo si volta a guardarla. Passa una macchina, lo investe, l’uomo muore. La sua anima lascia il corpo e si mette a guardare quello che succede. Il trambusto intorno a lui, l’ambulanza, l’ospedale. E poi c’è una donna in ospedale. Intorno a lei i parenti che cercano di trattenerla con il loro amore. E l’anima dell’uomo, che ora vaga nell’ospedale dove hanno appena portato il suo corpo, la vede e se innamora. E allora si mette ad aspettare. Finalmente per lui, purtroppo per lei, eccola che arriva. Comincia così una storia d’amore. Senza paura di retorica, la storia di due anime. Anime che guardano al loro passato con stupore e struggimento e al loro futuro senza possibilità di costruzione, ma intanto “vivono” quel presente.
Ridotto Bibliocard
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