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Quando l’arte incontra un romanzo

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Quando l’arte incontra un romanzo

17 - 23 luglio 2020

La rubrica del venerdì

Buongiorno amici! Proseguiamo oggi, Venerdì 17 Luglio, con la nostra rubrica settimanale, rivolta a tutti coloro che, oltre ad amare la lettura, sono anche appassionati di arte. Conosceremo più da vicino una serie di romanzi nei quali l’incontro tra la parola e l’immagine prende forme diverse: a volte accade che un quadro entri nel racconto attraverso la sua descrizione, caricandosi di nuovi significati, altre volte che gli artisti siano protagonisti di romanzi biografici, altre ancora che opere d’arte, reali o immaginarie, diventino cornice di avvincenti romanzi gialli o di storie d’amore e di vita. Continuiamo questo percorso, augurandovi come sempre una piacevole lettura.

Il Romanzo

Il ritratto Bellini di Jason Goodwin è un giallo storico ambientato nel 1839 tra Istanbul e Venezia. Dopo l’insediamento del nuovo sultano Abdülmecid, l’investigatore ottomano Yashim Togalu riceve dal sovrano il compito di recuperare un prezioso ritratto di Maometto, scomparso da secoli e riapparso improvvisamente a Venezia. Yashim abbandona le vie colorate e brulicanti di Istanbul per recarsi tra le calli di una Venezia decadente, dominata dall’impero austriaco. Y. Stanislaw Palewski, suo fedele amico e ambasciatore polacco presso la Sublime Porta, lo accompagna nella Serenissima, celandosi sotto le vesti di un americano in cerca di capolavori da acquistare. I due, travolti da una spirale di omicidi e intrighi di potere, capiranno ben presto che li attende un compito ben più arduo del recupero del quadro. Jason Goodwin (1964, Londra) è uno storico e scrittore britannico. Laureatosi in Storia bizantina a Cambridge, ha compiuto diversi viaggi e soggiorni in Oriente. Nel 2006 ha raggiunto la fama internazionale con L’albero dei giannizzeri, il primo romanzo della Trilogia di Yashim, tradotta in molte lingue e ambientata nella Istanbul dell’Ottocento. QUI puoi leggere una bella intervista all’autore.

L’Opera

Ritratto del sultano Mehmet II (1480, olio su tela, 69.9 × 52.1 cm, National Gallery, Londra) di Gentile Bellini. L’opera fu commissionata al pittore veneziano dal sultano Maometto II: il sovrano ottomano, affascinato dall’arte e dalla cultura europea, chiese alle autorità veneziane di inviare presso la sua corte un pittore. Il Senato veneziano scelse Gentile Bellini, che all’epoca stava lavorando ai grandi dipinti destinati al Salone del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, andati distrutti nell’incendio del 1577. La permanenza di Bellini presso la corte ottomana durò ben diciotto mesi e il ritratto del sultano è divenuto nel tempo un simbolo del rapporto tra Oriente e Occidente. Orhan Pamuk in Altri colori. Vita, arte, libri e città così descrive l’opera: «Per il realismo dei tratti, l’essenzialità della composizione, l’arco dalla perfetta ombreggiatura che sottolinea lo status di sultano vittorioso, il dipinto è non solo il ritratto di Maometto II, ma l’icona stessa del sultano ottomano […]. E però gli accurati dettagli – la marcata protrusione del labbro superiore, le palpebre cascanti, le delicate sopracciglia femminee e, soprattutto, il sottile naso adunco – ne fanno il ritratto di un individuo specifico, il quale peraltro non è molto diverso dalla gente che si vede oggi per le strade affollate di Istanbul. Il suo più famoso tratto distintivo è quel naso ottomano, marchio di una dinastia in una cultura priva di un’aristocrazia del sangue. […] A impedire agli artisti ottomani di eseguire ritratti di sultani così fedeli alla realtà concorrevano sia l’interdizione islamica nei confronti della pittura, sia la particolare diffidenza legata al ritratto, sia l’ignoranza di quanto stava accadendo nella ritrattistica dell’Europa rinascimentale».

L’incontro

Il ritratto che l’eunuco Yashim deve recuperare è proprio quello realizzato da Bellini. Goodwin non solo prende spunto da un'opera reale ma anche dalla sua storia: si sa che nel 1865 a Venezia l’archeologo Layard acquistò da un collezionista il dipinto (dopo la sua morte sarà donato dalla vedova Layard alla National Gallery di Londra). Non si sa però in che modo il ritratto abbia fatto ritorno nella laguna veneta: si è ipotizzato che lo stesso Bellini l’abbia riportato con sé al ritorno in patria o che sia stato rivenduto dopo la morte di Mehmet II dai suoi successori.

Curiosità

Proust amava molto quest’opera di Bellini, tanto da citarla per ben due volte in La strada di Swann: la prima volta a Combray, quando Swann parla di Bloch: «Ah, sì, quel ragazzo che ho veduto qui una volta, e che somiglia tanto al Maometto II di Bellini. Oh, è straordinario: ha le stesse sopracciglia circonflesse, lo stesso naso ricurvo, gli stessi zigomi sporgenti. Quando avrà una barbetta, sarà la stessa persona»; la seconda volta, quando Swann è al culmine della sua passione per Odette: «E Swann sentiva assai vicino al suo cuore quel Maometto II di cui amava il ritratto dipinto dal Bellini, e che, sentendosi pazzamente innamorato di una delle sue donne, la pugnalò per ritrovare, dice ingenuamente il suo biografo veneziano, la propria libertà spirituale».

Per leggere le rubriche delle settimane precedenti, clicca in basso:

  1. Confessioni di una maschera di Yukio Mishima
  2. Il cardellino di Donna Tartt
  3. La ragazza con l'orecchino di perla di Tracy Chevalier
  4. Schiava di Picasso di Osvaldo Guerrieri
  5. Ninfee nere di Michel Bussi
  6. E le altre sere verrai? di Philippe Besson
  7. La vita moderna di Susan Vreeland
  8. I delitti della primavera di Stella Stollo
  9. La vedova Van Gogh di Camillo Sanchez

 

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