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22 aprile - 1 ottobre 2021

Libri su Roma nelle recensioni dei nostri lettori

Igiaba Scego va alla ricerca delle ultime testimonianze del colonialismo italiano presenti a Roma, sotto specie di monumenti, edifici, istituti culturali. C'è da dire che quel poco che rimane è ormai completamente dimenticato, sopraffatto dall'incuria, dalla sporcizia, dal disinteresse, dal fatto che non "parli" più a nessuno. Non proprio così doveva essere ad es. quarant'anni fa, quando ancora erano in vita coloro che all'avventura africana avevano partecipato fisicamente o idealmente. In realtà le testimonianze di quel passato si contano sulle dita di una mano. Il monumento ai caduti di Dogali vicino alla stazione Termini, in un giardinetto che è un concentrato di sporcizia e degrado, è costituto da un piccolo obelisco egizio di epoca romana su un basamento moderno, ai cui piedi giaceva in epoca fascista il Leone di Giuda. Nessuno ricorda anche che i "Cinquecento" della vicina piazza sono i 500 (impropriamente, erano 440) caduti a Dogali, in Eritrea, in un'imboscata durante i primi tentativi di colonialismo italiano in epoca liberale. L'ex cinema Impero, oggi chiuso e murato, su via dell'Acqua Bullicante, è rimasto attivo fino al 1983, centro del ricordo di tante famiglie romane in epoca fascista e successiva. L'obelisco di Axum, in piazza di Porta Capena, è semplicemente un punto vuoto, a sostituire una stele religiosa che era divenuta uno spartitraffico di cui nessuno comprendeva le origini e che al limite fungeva da segnaletica per gli appuntamenti o per la partenza della processione al Divino Amore. Il vicino Ministero delle Colonie è divenuto per una sorta di legge del contrappasso Palazzo della FAO. Il ponte Duca Amedeo d'Aosta è percorso avanti e indietro da motorini, bus e macchine, senza che ci si degni di dare uno sguardo alle incisioni ai lati del ponte che magnificano la figura del duca D'Aosta e le sue gesta in Africa Orientale. Le targhe delle strade del Quartiere Africano, iniziato ad edificare durante il fascismo, non ricordano più a nessuno le tappe dell'epopea coloniale, come nel caso di via Makallè (cittadina etiope dell'omonimo assedio da parte degli italiani nel 1895-96). Il Museo Coloniale in via Aldrovandi non esiste più e i suoi giacimenti sono conservati parte al Pigorini, parte in magazzino in attesa di un ricostituendo museo postcoloniale. Per finire un monumento dei giorni nostri, il mausoleo a Graziani ad Affile.
Igiaba Scego è figlia del ministro degli esteri somalo nel governo prima dell'avvento a seguito di un colpo di stato di Siad Barre. Il padre di Igiaba fuggì in Italia con tutta la famiglia in esilio. E a Roma nacque Igiaba, che è sempre vissuta ed ha studiato in Italia. Questo spiega la sua lacerazione, di cui sono piene le pagine di questo libro. L'Italia è la sua patria, non si sente una straniera, quì è cresciuta e si è formata, l'italiano è la sua lingua e tuttavia questa sua nazione è quella che ha costituito il suo impero coloniale nel Corno d'Africa, stuprando territori e popolazioni, lasciando cicatrici nelle generazioni a venire. La storia della conquista coloniale italiana in Africa orientale, soprattutto in Etiopia, è una storia spaventosa di massacri indiscriminati, uso vietato dei gas, sanguinose repressioni. Però le tracce di quel colonialismo sono penetrate in profondità, se Asmara era una città architettonicamente italiana, come in larga parte anche Mogadiscio se non fosse stata distrutta dalla guerra civile somala, se si continuava nel dopoguerra a studiare l'italiano, se la cultura europea di riferimento era quella italiana. Ma tutto ciò è stato vero per il passato, oggi, complice il totale disinteresse dell'Italia, i giovani non parlano più l'italiano ma altre lingue straniere.
La tragedia del 3 ottobre 2013 nel mare Mediterraneo dove morirono trecentosessantanove migranti, al di là del commiato di circostanza, non ha fatto riflettere sulla loro provenienza. Moltissimi venivano dall'Eritrea ma questo non ha fatto sentire alcun tipo particolare di responsabilità nei loro confronti. Essi scappavano dalla dittatura di Isaias Afewerki, una delle più feroci esistenti in territorio africano. Il legame sentimentale tra Italia ed Eritrea non esiste più, un po' come testimoniano gli sporchi ed incustoditi reperti di un'epoca destinata all'oblio incontrati da Igiaba nella sua camminata per Roma.
Se così è, se ormai le imposture della globalizzazione si sono mangiate tutti gli atroci ricordi del passato, tutta la loro ambivalenza, l'unico appunto che si può fare a questo libretto, del resto bellissimo, è di indulgere troppo al sentimento, alle lacerazioni d'animo dell'autrice, rendendo anche lei confusa ed incapace a capire quanto sta oggi avvenendo, quanto ci circonda, a scapito di una chiave interpretativa, che dovrebbe essere soprattutto economica, degli spostamenti di popolazione. La Roma postcoloniale non può essere solo un confronto dell'oggi con la memoria di ieri, un esercizio di identità, ma deve spostare lo sguardo su quale futuro ci aspetta, oltre la celebrazione del meticciato.

Igiaba Scego, Roma negata, Ediesse, 2017