martedì
13
luglio
Letteratura israeliana, letteratura palestinese
7 - 13 luglio 2021
Due culture a confronto, come viste dai nostri lettori
Il romanzo
Tre di
Dror Mishani, pubblicato da e/o nel 2020, è il protagonista del nostro appuntamento di oggi con la rubrica
Letteratura israeliana, letteratura palestinese: ogni mercoledì troverete sulla pagina BiblioTu della biblioteca Vaccheria Nardi recensioni scritte dai nostri utenti riguardo un libro di queste due letterature.
Se anche voi volete inviarci una recensione da pubblicare, scrivete all’indirizzo
ill.vaccherianardi@bibliotechediroma.it.
Se mi avessero detto prima che era un giallo non l’avrei letto, perché gialli, noir e thriller mi annoiano. Siccome però faceva parte di un elenco di libri della letteratura israeliana contemporanea indicato da un gruppo di lettura presso il Museo ebraico di Bologna e io non sapevo nulla di questo autore, l’ho preso in prestito in biblioteca. Diceva il risvolto di copertina che era in preparazione una serie televisiva tratta da questo libro. Serie per me vuol dire Netflix e io Netflix la amo, perché ha contribuito a rendere più vivibile il mio confinamento in casa durante il periodo di quarantena. Insomma l’ho iniziato, aspettandomi, in cuor mio, una storia simile ad
Unorthodox o a
Shtisel, che avevo seguito con passione sul piccolo schermo. Mi immaginavo
haredim, uomini con ricciolini ai lati del viso, palandrane nere, cappelli di pelo da congregazione hassidica, donne con il fazzoletto sul capo, insomma tutto l’armamentario degli ebrei ortodossi, quelli che guardiamo con curiosità e simpatia dicendo: noi siamo diversi! Dunque, ho iniziato il libro. Comincia così: "si conobbero su un sito d’incontro per divorziati". Ho continuato a leggere fino a notte fonda, quando mi ha vinto il sonno. L’ho ripreso la mattina successiva e non l’ho interrotto fino alla fine. Altro che Chassidim e seguaci di Toldot Aharon, quel libro parla di me, di noi, delle donne, della fragilità, della violenza. Mi sono trovata catapultata in una storia di femminicidio che ha come punto di vista non la ferocia maschile, ma la vita e la sensibilità di tre donne: una madre single, una badante immigrata, una moglie insoddisfatta. Abbiamo tanto detto che le donne conoscono bene i violentatori, che chi le uccide ha le chiavi di casa. Questo libro però scava più a fondo e mette a nudo la solitudine, la chiusura in sé stesse delle interpreti del libro, la rete delle amicizie che si deteriora e si sfilaccia, fino a scomparire, l’incapacità di relazionarsi e condividere i problemi, la vergogna che si prova a chiedere aiuto. Questo è il romanzo di un’ebrea libica, Orna, che cerca conforto in una conoscenza on line, e di Emilia, una donna lettone che si trova in Israele per lavorare. Vivono nella periferia di Tel Aviv, ad Holon. Nulla a che vedere con la città elegante e raffinata che spesso vediamo rappresentata al cinema. Questa Tel Aviv è una città dormitorio che non conosce la movida, né spiagge eleganti o locali modaioli. L’autore guarda in profondità, lascia intravedere il sostrato violento della società israeliana, la cattiva coscienza di chi costruisce muri, il trauma, sempre presente, degli attentati. La violenza è nelle pieghe della società, penetra nelle case, nelle famiglie, nelle anime. È invisibile e impercettibile, ma scatta implacabile come una trappola. Orna ed Emilia restano imprigionate. Ci vorrà la sensibilità della terza donna, Ella, e l’aiuto di un bambino, Eran, per riuscire a districare i nodi della trappola.
Questo libro, avvincente e ricco di tensione emotiva, è stato per mesi in testa alle classifiche dei bestseller in Israele.
(Rita Cavallari)
Dror Mishani, Tre, e/o, 2020
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