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Il futuro non è più quello di una volta

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Il futuro non è più quello di una volta

1 - 7 dicembre 2020

Rubrica di approfondimento

Care amiche e cari amici, ben trovate e ben trovati!

Avviandoci verso la conclusione di questo nostro peregrinare lungo i sentieri della fantascienza, per scandagliare l'intrinseca valenza politica di questo genere letterario, non possiamo non menzionare un autore tanto originale quanto sconosciuto, soprattutto in Italia, e dimenticato come tutti i profeti scomodi: Evgenij Ivanovič Zamjatin.

Nato a Lebedjan, a sud di Mosca, nel 1884, Zamjatin fra il 1902 e il 1908 studiò ingegneria navale a San Pietroburgo e, nel frattempo, si unì ai Bolscevichi. Sostenitore della rivoluzione d'Ottobre del 1917, in seguito ne divenne disincantato osservatore. Nel 1920, in un articolo pubblicato con il titolo “Io Temo”, dichiarò coraggiosamente: «la vera letteratura può esistere solo quando è creata non da ufficiali diligenti e affidabili ma da folli, eremiti, eretici, sognatori, ribelli e scettici». Questa sua presa di posizione gli valse la fama di “diavolo” della letteratura sovietica, ma fu anche all'origine di tutte le sue sfortune.

Perseguitato e censurato per la sua strenua opposizione alle derive totalitarie di un socialismo reale che non somigliava minimamente a quello che aveva immaginato, nel 1931 Zamjatin ottenne da Stalin il permesso di emigrare all'estero, riparando a Parigi dove morì prematuramente nel 1937. Tra le sue opere ricordiamo in particolare Noi, il romanzo che lo ha maggiormente reso famoso e che ha avuto una gestazione travagliata: scritto tra il 1919 ed il 1921, è stato pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1924, in Italia nel 1955 ed in Russia solo nel 1988.

Il libro racconta, in chiave ironica, una società in cui efficienza e industrializzazione hanno ridotto gli esseri umani a numeri. Alla fine del terzo millennio, l'umanità vive in un ordine ideale di assoluta razionalità e privo di conflitti. Le persone hanno un codice numerico e non un nome. Chi si oppone viene eliminato. Il protagonista, D-503, lavora come ingegnere e sovraintende la costruzione dell’Integrale, un’astronave spaziale che porterà nell’universo la matematica felicità raggiunta sulla terra. Ma D-503 incontrerà I-330, una donna che inizierà a complicargli la vita a tal punto da contrarre una irrazionale malattia. Zamjatin, attraverso gli appunti del suo personaggio D-503, pervasi da una sprezzante ironia, sembra parlarci da un mondo parallelo in cui l’umanità ha deciso di sottrarsi a se stessa pur di vivere in pace e serenità.

Scritto un paio d'anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre, Noi è probabilmente la prima opera letteraria importante a criticare il nuovo regime. Non a caso fu anche il primo libro a essere messo al bando dall'ente sovietico preposto alla censura. Autore di grandissima capacità visionaria, Zamjatin è stato il padre culturale del “grande fratello”, influenzando con la sua opera alcuni dei più autorevoli esponenti della letteratura distopica di tutti i tempi: da Aldous Huxley (Il mondo nuovo) a George Orwell (1984).

Quella narrata da Zamjatin è un'utopia tradita, un'utopia trasformatasi in distopia! Chi ci ha seguito fin qui avrà ormai certamente capito però che “per conquistare il futuro, bisogna prima sognarlo!”. I più ottimisti fra noi continueranno a camminare verso utopie possibili perché, come sostiene Zamjatin, «l’ultima rivoluzione è come l’ultimo numero: non esiste».

Chi volesse approfondire l’opera letteraria di Evgenij Ivanovič Zamjatin può consultare l’elenco completo dei suoi libri presenti nelle Biblioteche di Roma.

Noi ci fermiamo qui e vi diamo appuntamento alla prossima settimana.

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