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Vite celebri
25 novembre - 1 dicembre 2020
Biografie e memorie: segnalazioni dal catalogo del patrimonio della biblioteca Vaccheria Nardi. Rubrica del mercoledì
«Imperatori e re, duchi e marchesi, conti, cavalieri e borghesi, o voi, chiunque siate, che volete conoscere le varie razze umane e le singolarità delle diverse regioni del mondo, prendete questo libro e fatevelo leggere. Troverete qui tutte le immense meraviglie, tutte le grandi singolarità delle grandi contrade d’Oriente, della Grande Armenia e della Persia e della Tartaria e dell’India e di cento altri paesi, da noi notate con chiarezza e con ordine, come le raccontò messer Marco Polo, detto Milione, savio e nobile cittadino di Venezia, per averle vedute coi propri occhi. Qualcosa vi sarà, è vero, ch’egli non vide: ma gli fu riferita da uomini degni di fede. E siccome daremo le cose viste per viste e le udite per udite, il nostro libro resterà giusto e veritiero, senza nessuna menzogna». (p. 1-9)
Con queste parole
Rustichello da Pisa - che nel 1298 condivise con
Marco Polo la stessa cella di prigione, a Genova - presenta
Il Milione, il libro che divenne uno dei più conosciuti e ammirati del mondo. Lo scrisse ascoltando il racconto dei viaggi fatti in Oriente dal grande viaggiatore veneziano.
Quinsai, l’attuale Hangzhou, diventa capitale dal 1132, l’ultima della dinastia Song. «È senza fallo la più nobile e più ricca città che esista al mondo (…)». La popolazione è immensa: un milione e mezzo di famiglie, dice Marco; circa un milione di abitanti, secondo le fonti cinesi. Questa città sull’acqua, che si dice abbia dodicimila ponti, meraviglia il nostro veneziano. «La città di Quinsai ha un circuito di cento miglia. E non deve far meraviglia ch’essa sia così grande, perché oltremodo grande è la vastità delle strade e dei canali, nonché quella delle piazze ove si tiene mercato, piazze che per la moltitudine immensa che vi concorre devono essere, come vedremo, oltremodo grandi ed estese». (p. 75-76)
"(…) Il giovanetto Marco, da loro istruito [il padre Niccolò e lo zio Matteo; n.d.r.], li accompagnò alla volta della corte imperiale non certo come apprendista commerciale, ma come “addetto” a questa storica ambasceria imperiale e papale, che doveva far di lui un funzionario, un emissario e un ambasciatore del più potente sovrano della terra, schiudendo alla sua matura esperienza e naturale curiosità la realtà concreta e le favolose meraviglie di tutto il continente asiatico, da Pechino a Trebisonda e dalla Mongolia all’Indonesia. Dopodiché l’imperatore elevò Marco, poco più che ventenne, alla dignità di messere, termine che probabilmente rende il titolo nobiliare mongolo di
nöyök, che legava chi ne era insignito ancor più direttamente alla persona del sovrano, sollevandolo con ciò al rango che gli spettava come suo informatore e ambasciatore personale presso tutti i popoli del suo impero. (…) Perciò Marco Polo non fu né mercante né missionario, e meno di tutto un avventuriero (…)" (Leonardo Olschki, p. 150-151).
J
ean-Pierre Drège, laureato in Lettere e membro dell’Ecole française de l’Extrême Orient, è specialista della storia e della civiltà del testo scritto in Cina. Drège ha studiato per molti anni i manoscritti ritrovati a Dunhuang, una famosa oasi sulla “Via della Seta”. Ha scritto vari libri, tra cui
La Route de la Soie, tradotto in sette lingue.
Jean-Pierre drege, Marco Polo e la via della seta, Electa/Gallimard, 1992
https://www.bibliotechediroma.it/opac/resource/marco-polo-e-la-via-della-seta/RMB0035328