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Vite celebri
11 novembre - 1 dicembre 2020
Biografie e memorie: segnalazioni dal catalogo del patrimonio della biblioteca Vaccheria Nardi. Rubrica del mercoledì
Il 1° agosto 1937 una sfilata piena di bandiere rosse attraversa Parigi. È il corteo funebre per
Gerda Taro, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia. Proprio quel giorno avrebbe compiuto ventisette anni.
Per tutti coloro che l’avevano conosciuta, Gerda rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista: la sua gioia di vivere, la sua sete di libertà, sono scintille capaci di riaccendersi anche a distanza di decenni.
Il libro racconta la breve vita di quella ragazza ribelle, il suo felice amore con Robert Capa, l'avventura di fotografare e di vivere nella Parigi degli anni Trenta, dopo aver dovuto fuggire dalla Germania nazista. Lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti insieme per la Guerra di Spagna.
È un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, del quale Gerda è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l’ascesa del nazismo, l’ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile.
"«Non è quella che ci ha fotografate sulla spiaggia?» esclama un’operaia, richiamando l’attenzione delle ragazze che sull’uscio del capannone si sono messe a parlare dei fatti propri. Sì, è proprio lei: nell’articolo c’è scritto pure dell’ «ilustre fotógrafo húngaro Robert Capa que recibió en París la trágica noticia». (…) Avrebbe potuto restarsene a Parigi a immortalare le attrici e mannequin elegantissime, e invece era venuta a fotografare loro che imparavano a sparare sulla spiaggia. Le ammirava pure, sembrava quasi che un pochino le invidiasse. E adesso è morta come un soldato, mentre loro si rovinano la schiena nella fabbrica, e poi corrono a cercare da mangiare, ma sono ancora vive. Non è giusto. Che crepino all’inferno, i fascisti".
Per tutti coloro che l’avevano conosciuta, Gerda rimarrà una presenza più forte e viva della celebrata eroina antifascista: la sua gioia di vivere, la sua sete di libertà, sono scintille capaci di riaccendersi anche a distanza di decenni.
Il libro racconta la breve vita di quella ragazza ribelle, il suo felice amore con Robert Capa, l'avventura di fotografare e di vivere nella Parigi degli anni Trenta, dopo aver dovuto fuggire dalla Germania nazista. Lui le aveva insegnato a usare la Leica e poi erano partiti insieme per la Guerra di Spagna.
È un romanzo caleidoscopico, costruito sulle fonti originali, del quale Gerda è il cuore pulsante. È il suo battito a tenere insieme un flusso che allaccia epoche e luoghi lontani, restituendo vita alle istantanee di questi ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l’ascesa del nazismo, l’ostilità verso i rifugiati che in Francia colpiva soprattutto chi era ebreo e di sinistra, come loro. Quella giovinezza resta il tempo in cui, finché Gerda è vissuta, tutto sembrava ancora possibile.
"«Non è quella che ci ha fotografate sulla spiaggia?» esclama un’operaia, richiamando l’attenzione delle ragazze che sull’uscio del capannone si sono messe a parlare dei fatti propri. Sì, è proprio lei: nell’articolo c’è scritto pure dell’ «ilustre fotógrafo húngaro Robert Capa que recibió en París la trágica noticia». (…) Avrebbe potuto restarsene a Parigi a immortalare le attrici e mannequin elegantissime, e invece era venuta a fotografare loro che imparavano a sparare sulla spiaggia. Le ammirava pure, sembrava quasi che un pochino le invidiasse. E adesso è morta come un soldato, mentre loro si rovinano la schiena nella fabbrica, e poi corrono a cercare da mangiare, ma sono ancora vive. Non è giusto. Che crepino all’inferno, i fascisti".
Helena Janeczek, La ragaza con la Leica, Guanda, 2018