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Occhio al territorio: L'episcopio e il Salone Riario

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Occhio al territorio: L'episcopio e il Salone Riario

3 - 16 dicembre 2021

Rubrica di approfondimenti

   

Gli affreschi del Salone Riario all’interno dell’Episcopio sono uno dei gioielli del Borgo di Ostia Antica. L’Episcopio, situato tra Via del Vescovado e P.zza della Rocca,  è il risultato degli interventi di ampliamento e abbellimento voluti, durante il pontificato di Giulio II, dal vescovo di Ostia Raffaele Riario (1511-1513), il cui stemma è murato al centro del prospetto esterno. Su questa parete, inoltre, vi sono alcune lastre frontali di sarcofago ed elementi architettonici di età romana, provenienti dall’area circostante e già appartenenti alla collezione del cardinale Pacca. 

Il cardinale Raffaele Riario, nipote di papa Giulio II, divenne vescovo di Ostia nel 1511 e subito cercò di migliorare le condizioni del palazzo episcopale divenuto angusto e non adeguato al resto del borgo che era stato completamente rinnovato dai suoi predecessori. Aggiunse quindi una nuova ala, che si inserì tra la parte dell'episcopio già esistente, la chiesa di S. Aurea e le mura cittadine, che erano state restaurate nel 1471 per volere di Guglielmo d'Estouteville. Alle finestre e alle porte vennero aggiunte cornici di pietra e su ogni architravi fu posto lo stemma Riario e, a volte, anche l'iscrizione R/EPSIOSTIEN/CAR/S. GEORG/SRE/CAMER/ a ricordo del fatto che Riario fu anche Cardinale di S. Giorgio e Camerario di S. Romana Chiesa.

All'interno, nell' ampio e lussuoso appartamento vescovile, ogni stanza fu decorata con affreschi che rappresentavano le imprese di Raffaele Riario, mentre nell’ampio salone al primo piano, le pareti furono decorate con scene di carattere militare (battaglie, assalti, costruzioni di roccaforti, etc.), inquadrate in una finta cornice e leggibili in senso orario cominciando da sinistra. La tecnica è quella dell’affresco monocromo e deriva dal repertorio figurativo della Colonna Traiana, in particolare dagli episodi della guerra di Traiano contro i Daci. L’elenco delle scene e lo schema del ciclo decorativo sono nelle immagini seguenti

   

 

 

                   

Riguardo alla datazione, sappiamo che Raffaele Riario divenne vescovo di Ostia nel 1511. Considerato che Giulio II morì nel 1513, si può senz’altro ipotizzare che le pitture furono eseguite tra questi due anni. Questi affreschi avevano chiaramente uno scopo celebrativo e sottolineavano l'intraprendenza politica di Papa Giulio II, il Papa guerriero. Probabilmente Raffaele Riario avrà voluto ingraziarsi lo zio Papa, impegnato tra il 1511 e il 1512 nella “guerra santa” contro la Francia di Luigi XII. Le storie di Traiano sormontate dallo stemma papale assumono quindi un significato politico chiarissimo: come Traiano prevalse sui barbari Daci, così Giulio II con la presa di Ravenna nel 1512 vinse su Luigi XII, il novello barbaro che minacciava il territorio italiano.

Gli affreschi furono riportati alla luce da padre Geremia Sangiorgi nel 1977, allora parroco di Ostia Antica.

Nel diario di Padre Geremia si legge: "Si dava per certo che questi affreschi fossero andati perduti. Iniziai le mie ricerche, non convinto di ciò. Con un rudimentale bisturi iniziai in piena notte a squamare le varie tinte. Sotto la sesta squama trovai meravigliose figure eseguite con la tecnica dell'affresco. Percorsi tutte le stanze dell'Episcopio e in sette di esse trovai tracce di affreschi. Erano ben riconoscibili gli stemmi del cardinal Riario e quelli del papa Giulio II. Collegai subito il tutto e conclusi che erano gli affreschi del Peruzzi eseguiti nel periodo in cui era vescovo di Ostia Raffaele Riario (dal 1511) ed era pontefice Giulio II (morto nel 1513)".

Il motivo per cui furono ricoperti si puó far risalire alle grandi pestilenze del passato; infatti l'Episcopio fu adibito a lazzaretto per le quarantene, come testimoniato dai 40 segni e da una croce visibili sulla parete di sinistra. Quando terminò l’epidemia le pareti furono disinfettate con una imbiancatura di calce viva, ottimo conservante, che ricoprì gli affreschi per secoli. A seguito di questa scoperta, la Soprintendenza per i beni artistici e storici ha realizzato uno straordinario recupero a cura di abilissimi restauratori.

    

 Autore di questi affreschi è Baldassarre Peruzzi e, Giorgio Vasari nel 1568, parlando del pittore nelle sue “Vite”, ne da una minuziosa descrizione, ponendoli però, erroneamente, nel maschio della rocca di Giulio II. Nel XVIII secolo, però dovevano già essere stati coperti e, quando, nel 1776, il Cardinale Giovanni Francesco Albani fece costruire un tramezzo che divideva in due parti il salone, una parete dell’ambiente più piccolo fu decorata con due pannelli dipinti a tempera. Inoltre nella parete di fondo, al centro, c’è l’impronta di un camino monumentale smontato nella seconda metà del secolo scorso. Il progetto, dicevamo,  è del Peruzzi, che nel 1512 si trovava a Roma ma alla realizzazione materiale contribuirono vari artisti. Primo fra tutti Cesare da Sesto che si era fermato a Roma nel 1512. Altri quattro pittori presero parte all'esecuzione dell'opera ma con sicurezza si può identificare solo Domenico Beccafumi, che quasi certamente fece un viaggio a Roma tra il 1510 e il 1512. Sua è l'esecuzione dell'ultimo riquadro, il solo che non è tratto dalla colonna Traiana, dove lo stile è notevolmente diverso rispetto al resto delle decorazioni. L’episodio dei “Funerali di Traiano” rappresenta quasi la glorificazione e la conclusione di una storia eroica.

Si sa comunque che Giulio II il 27 novembre del 1512 si recò ad Ostia con alcuni ambasciatori per ammirare gli affreschi dell’Episcopio, commissionati dal nipote per celebrare le sue vittorie militari e,  certamente, si sarà compiaciuto della grandiosa realizzazione del Peruzzi.

 

Redatto da Mariagrazia Pirrone

Per le immagini si ringrazia:  prolocoostiaantica.com e Santaurea.org

 

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