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Il futuro non è più quello di una volta

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Il futuro non è più quello di una volta

1 - 7 giugno 2022

Rubrica sulla fantascienza

Care lettrici e cari lettori, vi siete mai chiesti: “sono un essere umano? O sono soltanto programmato per credere di esserlo?” Beh, se l’avete fatto siete in buona compagnia.

Verso la metà degli anni Cinquanta, a turbare la già iconoclasta scena della fantascienza irrompe Philip Kindred Dick. Fu soprattutto il suo sfrenato talento a spalancare le porte sull’incerto confine tra naturale ed artificiale, tra vita e non vita. Nel racconto “Impostore”, reperibile nella raccolta “Rapporto di minoranza e altri racconti” oppure nell’antologia “Le meraviglie del possibile. Antologia della fantascienza”, il protagonista viene accusato di essere un robot del nemico con una potente bomba incorporata. Lui fugge perché convinto di essere innocente ed è con stupore pari al suo che, al termine del racconto, i lettori assisteranno all’esplosione. Il racconto è un tipico esempio del modo in cui Dick affronta la confusione tra vivente e meccanico, tra realtà ed illusione, temi al centro di tutta la sua opera.

Da romanziere Dick si muove nei territori della letteratura “di genere”, eppure la sua filosofia travalica i confini della fantascienza. Nel saggio “Uomo, androide, macchina”, contenuto nell’imponente volume “Mutazioni. Scritti inediti, filosofici, autobiografici e letterari”, curato da Lawrence Sutin e pubblicato nel 1997 da Feltrinelli, Dick immagina un suggestivo incontro stile mezzogiorno di fuoco: un uomo spara ad un androide che di rimando risponde sparando anch'esso; l'androide, con grande sorpresa dell'uomo, inizierà a sanguinare; l'uomo, con grande sorpresa dell'androide, libererà nell'aria una voluta di fumo dalla pompa elettrica che si trova al posto del cuore. Sarà un grande momento di verità per entrambi. Siamo ben oltre la metafora, forse alla chiusura del cerchio.

Come commenta Patricia Warrick nel suo libro “Il romanzo del futuro : computer e robot nella narrativa di fantascienza”, “l’analogia tra uomo e macchina è stata sfruttata sino in fondo. L’uomo è programmato dalla società perché funzioni come una macchina; l’uomo è un robot dall’aspetto umano che però si comporta come una macchina”. Farsi umani significa ingaggiare un braccio di ferro con il potere. Ma ecco ancora una volta Dick venirci in aiuto con il racconto “La formica elettrica”, suggerendoci con un quasi biblico avvertimento: “Non toccare il circuito della realtà, ti distruggerà”.

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