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Il colibrì

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Il colibrì

8 maggio - 14 ottobre 2020

I libri del Premio "Strega" recensiti da Anna Violati coordinatrice del Circolo di Lettura

Il colibrì è un romanzo sul dolore e sulla forza struggente della vita. Il protagonista Marco Carrera, specialista in oftalmologia, ha una vita di perdite, di dolori, di improvvise assenze e brevi attimi di felicità. Già all’inizio del libro si trova da un giorno all’altro nell’occhio del ciclone di una serie di disgrazie (siamo nel 1999): lo psicologo di sua moglie, Marina, g li comunica che ella, incinta di un altro uomo, vuole il divorzio, sconvolgendo l’apparente serenità delle sue giornate. Di qui ha inizio una serie di sventure, malattie, perdita di una sorella, dei genitori e di una figlia. Marco reagisce, come il colibrì che attraverso il battito frenetico e vorticoso delle ali raggiunge la stasi, impiegando tutte le sue forze per mantenere lo status quo, ostile ai cambiamenti. Sopravvivere è un po’ vivere. In verità sua madre da piccolo lo chiamava "colibrì", per la sua velocità, la sua bellezza e la sua piccola statura, dovuta a una forma di ipoevolutismo strutturale moderato, a causa di una insufficiente produzione di ormone della crescita. Nel giro di pochi anni, grazie a una cura adeguata, aveva recuperato ben 16 cm di altezza, raggiungendo 180cm. Tuttavia tutti continueranno a chiamarlo con quel nomignolo. Trascorsi alcuni anni, Luisa, la donna da lui amata, in una lettera, riconosce che lui effettivamente è un colibrì. Come quell’uccello, in cui si è reincarnato un antico guerriero Maya, nonostante le avversità si tiene ben fermo, sempre fedele a se stesso e ai suoi valori, consuma tutte le sue energie per sopravvivere, non dimenticando di aver cura, via via, dei suoi cari. Il sentimento che lo unisce alla donna è un amore spirituale, a distanza, rincorso, asimmetrico, mai pienamente corrisposto - che perdura nell’animo di Marco fino alla fine. Nel “cratere fumante” non si chiede perché accade tutto a lui, resiste, va avanti e finalmente comprende che tutto è accaduto per uno scopo: allevare Miraijin, la bimba della figlia Adele, morta nell’esercizio di uno sport estremo. Sarà il suo mentore perché lei sarà "l’uomo nuovo” che cambierà il mondo, solo a lui è stato concesso il privilegio di allevarla. Intorno al protagonista ruotano diversi personaggi e tutto un mondo, inseriti in un’architettura romanzesca perfetta, in un tempo disgregato, fluido, anacronologico (avanti e indietro dal ’70 al futuro2030) ispirato al libro di McEwan “Bambini nel tempo”, con l’uso di vari registri linguistici (lettere cartacee, e-mail, sms, racconti in prima e in terza persona). Nel libro Veronesi riversa con grande maestria e sapienza, riflessioni, conoscenze musicali, cinematografiche, filosofiche e letterarie con varie citazioni da Dante a Pirandello, Fenoglio, Vargas Losa, David Leavitt. Rivolge perfino un omaggio all’amico Sergio Claudio Perroni, uno tra i fondatori della casa editrice "La nave di Teseo", morto suicida mentre egli stava ultimando la sua opera. Degno di nota, tra gli altri, è il capitolo “Gli sguardi sono corpo”, in cui viene citato il canto XIII del Purgatorio quando Dante al cospetto degli invidiosi, con gli occhi cuciti e lacrimanti, si rifiuta di guardarli da vicino perché pensa di fare un oltraggio a quelle anime, che non possono ricambiare il suo sguardo, come se fossero impossibilitati a difendersi. Lo scrittore quindi afferma che gli sguardi sono armi potentissime e producono urti emotivi anche quando non sono lanciati allo scopo di produrli. Gli sguardi insistenti fanno sentire violati. Guardare è “un’immischiarsi, è un toccare da lontano”. Lo sguardo è lo strumento in cui l’essere si afferma.
Le tematiche affrontate sono universali, i drammi dell’esistenza umana sono esplorati in ogni sfumatura, compresa anche l’eutanasia. Non è un libro cristiano, il protagonista è smarrito nell’esistenza senza un dio da seguire o un ideale, tuttavia sembra rivelare la grande nostalgia di un Dio che sappia abbandonare il cielo e venire ad abitare tra le nostre misere esistenze. Le ultime pagine invitano a pregare “per tutte le navi in mare”, metafora della vita e in una vecchia lettera a Luisa c’è il desiderio di scrivere da parte di Marco il loro amore ”in ogni superficie creata dal buon Dio”
“Il colibrì” stupisce e affascina per la creatività dello scrittore, ma può non suscitare interamente la condivisione e la commozione del lettore."
 
 
"Il colibrì" di Sandro Veronesi (La nave di Teseo, 2019) partecipa al Premio Strega 2020, in cui i Circoli di Lettura delle Biblioteche di Roma sono coinvolti nella votazione per la selezione della cinquina dei finalisti (per informazioni vedi  quì)
 
 
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