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Febbre
21 ottobre - 1 dicembre 2020
Le recensioni di Anna Violati, coordinatrice del Circolo di Lettura
“
Febbre”, romanzo autobiografico di
Jonathan Bazzi, al suo esordio - ma già con molti riconoscimenti - s’impone all’attenzione e alla riflessione del lettore, in un’altalena di emozioni, scavando nei meandri più reconditi della psiche. Il titolo fa riferimento alla febbricola persistente e logorante che colpisce Jonathan, trentenne che vive a Milano con il compagno Marius, laureato in filosofia, insegnante di Yoga. Febbrile è l’ansia del protagonista di scoprirne la causa e con lui il lettore, che scorre velocemente le pagine del libro, approfondendo la conoscenza dello scrittore. La febbricola che lo tormenta e gli impedisce di svolgere qualsiasi attività, fa sorgere nella sua mente il pensiero angoscioso di avere gravi malattie: mononucleosi, SLA, leucemia, tumore, che potrebbero condurlo alla morte. Accompagnato dalla madre e dal compagno Marius inizia per lui un pellegrinaggio da un medico all’altro, ma senza successo perché gli esami effettuati non rivelano alcuna patologia. Finché l’esito di un’ultima indagine porta alla diagnosi di HIV, che gli fa emettere un sospiro di sollievo, perché si può curare. Il Virus funge da catalizzatore, è il mezzo che gli fa ripercorrere il suo passato, un viaggio introspettivo alla ricerca di se stesso in tre epoche diverse: fanciullezza, adolescenza, età adulta. Nasce a Rozzano, da una madre giovanissima, che molto presto, separatasi dal marito esibizionista, con manie di grandezza, inaffidabile, deve lavorare in un supermercato, affidandolo alle cure di sua madre Lidia e della suocera Nuccia. E’ affettuosa, a tratti dura e autoritaria, ma non farà mai mancare il suo appoggio al figlio. Jonathan cresce in un clima di superstizioni e pregiudizi, di paure di ogni genere, bambino intelligente e studioso, timido, balbuziente, diverso dagli altri ragazzi sempre pronti a menar le mani e a uniformarsi alla grettezza di quel piccolo spaccato sociale. Rozzano, con le sue palazzine popolari, è una specie di Sud, senza il calore del Sud, dove si parla un pidgin di milanese, napoletano, pugliese e siciliano, abitato da operai, tossici, spacciatori, delinquenti e prostitute. Ottenere con l’aggressività e la violenza il rispetto degli altri è più importante della ricchezza. La linea della sessualità è ben separata, i maschi sono fatti in un modo, le femmine in un altro, non c’è spazio per le sfumature, per i queer. Già a due, tre anni, dal punto di vista di appartenenza al genere, è non conforme, ama giocare con le bambole e guardare i cartoni animati con personaggi femminili: Candy Candy, Lady Hawke, Wonder Woman, supereroine, streghe guerriere, paladine della giustizia. Gli piacciono i maschi. A scuola è vittima di bullismo. Non frequenta i compagni, il suo luogo preferito è la biblioteca, dove può prendere libri e video cassette, accompagnato dalla nonna Nuccia. Adolescente veste in modo eccentrico, indossa il vestito da Power Ranger, con le scarpe con la zeppa, i jeans a zampa di elefante, la maglietta corta con l’ombelico di fuori, i capelli a spuntoni. Gioca con le action figures di Wonder Woman, consapevole di essere diverso ma con la sensazione di
essere fallato, guasto,
rovinato per sempre. Milano 3, dove vive suo padre e frequenta in circostanze specifiche, appare ai suoi occhi come una specie di contea inglese, tutta palazzine bordeaux, alberi e prati. Ci si respira un’atmosfera da club degli eletti, le famiglie da pubblicità, con vestiti firmati e macchine enormi. Sono
brevi vacanze nel mondo
dei ricchi! Per vincere la balbuzie studia tutto a memoria, ottenendo buoni voti, ma non ama leggere a voce alta per non essere preso in giro. Obbligato a farlo in terza media da un’insegnante, oggetto di derisione dei compagni,
crolla, demotivato il suo profitto scende al di sotto della sufficienza. La frequenza della scuola superiore sarà di breve durata, di diverso indirizzo e con insuccesso. Ha la sensazione di essere nel posto sbagliato. Quindi decide di non continuare gli studi per non dover sopportare l’ansia, la paura di leggere a voce alta e parlare davanti agli altri. Intraprende diversi percorsi: la cartomanzia e l’astrologia con l’acquisto dispendioso di libri e mazzi di carte, un corso da parrucchiere in cui può studiare chimica, biologia, dermatologia, ma che abbandona perché non gli piacciono le lezioni pratiche e il dover lavare e pulire il negozio. Poiché in fondo a lui piace studiare, riprende, d’accordo con la madre, gli studi, iscrivendosi al liceo artistico sperimentale "Boccioni" di Milano, con il supporto della psicoterapia. In classe, diventato il più bravo di tutti con ore di studio forsennato per vincere la balbuzie, si fa la fama di secchione, egocentrico e narciso, ma in realtà
sente di non valere niente. Si trova bene, diventa amico di qualche compagno a cui confida di essere gay.
A Milano i queer vanno di moda. A 19 anni intrattiene relazioni in rete con sconosciuti, con cui ha rapporti sessuali frettolosi, occasionali, scindendo il sesso dall’amore, contraendo così inconsapevolmente il virus dell’HIV. Pratica il sesso fine a se stesso, come aggressione, forse come autopunizione. I ragazzi di cui s’innamora sono piccoli spiriti,
angeli da
accarezzare, mentre i partner degli incontri sessuali occasionali, sono dei
minotauri. Sesso e amore sono temi separati. Divenuto adulto smette col tempo di essere dipendente dal sesso, si laurea in filosofia, pratica Ashtanga Yoga per sfinire il corpo e spronarlo a rinascere e
per essere venerato, diventando anche insegnante di tale disciplina. Proprio quando ha raggiunto una stabilità emotiva grazie anche all’amore di Marius, giovane rumeno, viene colpito dalla febbre che lo logora e lo costringe a stare in casa con la paura di non avere più un futuro. Tuttavia dopo mesi d’angoscia, lo sprone della madre, l’affetto di Marius, il colloquio con una psichiatra, franco, liberatorio e rivelatore del suo passato di solitudine, di mancanze e soprattutto la scoperta dell’HIV, lo inducono a scorgere una nuova epifania con la speranza di un futuro. Chiamato a dirigere un magazine on line, il primo sito lgbt, ha la sensazione di avere un gruppo di lavoro unito verso un obiettivo. La febbre passa, il corpo riprende il suo vigore, i farmaci si riducono ad una sola pillola giornaliera di colore rosa come l’antichissima pietra di scisto della Mauritania con le prime forme di vita. Decide di scrivere per far sapere a tutti
, anche ai muri, della sua omosessualità, assumendola come punto di forza contro i pregiudizi per il suo percorso di rinascita, libero di essere se stesso. Ancora un volta forte è il potere delle parole, della letteratura come
medicamento, ma soprattutto come cambiamento. Tutto è raccontato con una lingua cruda, incisiva, privilegiando il discorso indiretto libero con monologhi, condita da una certa ironia, che rende scorrevole la lettura. E’ l’unico registro linguistico utilizzabile per poter raccontare con efficacia e in maniera immediata una tematica delicata e altrettanto taciuta come un tabù. La febbre è il sintomo manifesto di un disagio profondo per l’impossibilità di trovare il proprio posto nel mondo. La copertina di Elisa Seitzinger, riprendendo un dettaglio della santa Lucia di Francesco Cossa (1472), gli occhi della martire offerti come un fiore, diviene un simbolo, sintesi della polivalenza del romanzo. E’ un libro sull’infanzia ferita e negata, è un libro sulla diversità, ma soprattutto sulla ricerca del sé e sul desiderio d’amore e di accettazione. E’ un romanzo di sofferenze, dolori ma anche di speranza, di rinascita e di accettazione delle proprie fragilità.
Jonathan Bazzi, Febbre, Fandango, 2020