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14 / 14 utenti hanno trovato utile questo commento04/05/2025
Occhio ai Capocottari
Silvia Cassioli riprende il celebre – e ancora irrisolto – caso della morte di Wilma Montesi, la ventunenne trovata senza vita sulla spiaggia di Torvaianica l’11 aprile 1953. La polizia si affrettò a dichiararla vittima di un annegamento accidentale, causato da un malore mentre faceva un pediluvio. Ma la stampa, per nulla convinta della versione ufficiale, sollevò dubbi e ipotizzò scenari ben più torbidi. Il più clamoroso, pubblicato dal settimanale “L’attualità”, collegava la morte di Wilma a un’orgia a base di droga in una tenuta di caccia a Capocotta. Tra i partecipanti, spiccavano figure influenti come Ugo Montagna, indicato come principale responsabile, e Piero Piccioni, musicista e figlio del Vicepresidente del Consiglio. Si disse che Wilma fosse stata vista proprio sull’auto di Piccioni poco prima della sua morte. Ne seguirono tre anni di indagini, controindagini e dichiarazioni contraddittorie, che non fecero altro che rendere ancora più sfuggente la verità. Il clamore mediatico fu tale che il processo si tenne a Venezia nel 1957, ma si concluse con un nulla di fatto: tutti gli imputati furono assolti. Con uno stile narrativo originale e polifonico, l’autrice ricostruisce la memoria di quello che fu – o non fu – un delitto, assemblando una mole imponente di fonti giornalistiche in un collage di frammenti e ritagli. Il romanzo si concentra meno sui fatti in sé e più su come questi vengono raccontati, evidenziando contraddizioni, distorsioni e manipolazioni, soprattutto da parte dei media. Ma non solo: troviamo un vero e proprio mosaico di voci – testimoni-lampo, familiari, investigatori, politici e figure marginali – ognuna delle quali restituisce una “verità” personale e frammentaria. Il risultato è un affresco potente che mette a nudo la morbosità e il voyeurismo spesso legati alla cronaca nera. “Wilma è diventata una scusa per raccontare ognuno quello che gli pare.” Il caso fece scalpore anche all’estero: la stampa inglese lo definì “the greatest roman scandal of the century”, e Gabriel García Márquez ne scrisse per El Espectador. La scrittura è intensa, raffinata, a tratti ironica. Il ritmo resta vivace anche grazie a spiritosi inserti grafici che aggiungono leggerezza a una narrazione densa e affilata.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
7 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento15/03/2025E' un libro stranissimo, fatto di millemila citazioni, da giornali, riviste, referti medici, interrogatori, interviste, trasmissioni televisive, romanzi, saggi, ecc., tutte riguardanti il Caso Montesi, vale a dire il rinvenimento del cadavere di una giovane donna, Wilma Montesi, l'11 aprile del 1953, sulla spiaggia di Torvajanica. Una vicenda che appassionò l'Italia di quegli anni, fu un grande caso mediatico, con indagini condotte male (la salma rimase per ore in spiaggia, sotto la pioggia, e l'autopsia venne fatta solo dopo 3 giorni), polemiche, scoop giornalistici. Alla fine venne stabilito trattarsi di una morte accidentale avvenuta sulla spiaggia di Ostia, per un pediluvio con successivo svenimento. A indagini concluse, però, alcuni giornali pubblicarono indiscrezioni e parlarono di depistaggi, presunti insabbiamenti, orge con personaggi eccellenti, e il risultato fu un nuovo processo, e un terremoto politico che vide al centro la corrente di sinistra della DC, salvo poi tornare alla sentenza iniziale. Silvia Cassioli ha raccolto una enorme quantità di materiale, lo ha spezzettato, ridotto a frasi di un paio di righe, e messo in ordine per raccontare la storia di questa morte, attraverso questo mosaico di parole riportate dalle fonti più disparate. Ogni dettaglio viene così scandagliato all'infinito con tantissime citazioni, spesso in totale contraddizione tra di loro. Tra i citati ci sono anche scrittori celebri, che si sono appassionati alla vicenda, come Hans Magnus Enzenberger (Politica e crimine. Nove saggi), Gabriel Garcia Marquez (Lo scandalo del secolo), Georges Simenon, che scrisse una ricostruzione del caso per la rivista Epoca. Una citazione della vicenda appare anche nella scena finale de La dolce vita, con la manta spiaggiata sull'arenile di Fregene. E' un "gioco" interessante, assolutamente originale, che all'inizio ho fatto un po' fatica a seguire, poi però sono "entrata nel meccanismo" e mi sono divertita, anche perché l'autrice infarcisce i vari punti di vista con proprie brevissime annotazioni, ironiche e spesso irriverenti. La cosa più interessante è vedere che Italia viene fuori, un paese bigotto, perbenista, nel quale le donne giovani come Wilma è impensabile possano trascorrere la notte fuori casa (se si passa la notte fuori è perché si è tenute prigioniere, o non si è donne perbene), donne che a 20 anni non possono avere aspirazioni diverse dal matrimonio, e l'unica via di fuga è lavorare per il cinema, anche a costo di essere giudicate malissimo dai benpensanti. Anche i canoni di bellezza sono cambiati in maniera impressionante in questi 70 anni: le foto che ritraggono la vittima, ventenne, sembrano raffigurare una donna con il doppio degli anni, eppure tutti i testimoni la descrivono come una bella, se non bellissima, ragazza.Hai trovato utile questo commento?
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