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Stradario aggiornato di tutti i miei baci : [romanzo]

Ranieri, Daniela <1977- >

Ponte alle Grazie <casa editrice> 2021

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Una donna in dialogo perpetuo con sé stessa e con il mondo disegna una mappa delle sue ossessioni, del suo rapporto con l'amore e con il corpo, serbatoio di ipocondrie e nevrosi: il nuovo romanzo di Daniela Ranieri è un diario lucido e iperrealistico, in cui ogni dettaglio, ogni sussulto di vita interiore è trattato allo stesso tempo come dato scientifico e ferita dell'anima. [...]
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  • 6 / 6 utenti hanno trovato utile questo commento

    Morena Ciocioni

    31/12/2022
      

    Un libro assolutamente autorefenziale, un lunghissimo monologo dove l’autrice ci “delizia” di tutte le sue fobie, le sue manie e le sue esperienze più intime. Ci sono sprazzi di ironia di tanto in tanto, ma troppo rari per rendere la lettura accattivante. Anche l’eloquio molto, troppo ricercato, quasi un esercizio di stile per la serie “come scrivo bene io…”. Tutto questo più una prolissa narrazione, a volte ridondante e ripetitiva, mi ha fatto desistere dal terminarlo completamente. Forse fosse stato un po’ più asciutto e sobrio, chissà…
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  • 1 / 12 utenti hanno trovato utile questo commento

    Vera Marchetti

    16/09/2022
      

    Stradario?

    Il titolo del voluminoso libro suggeriva lunghe descrizioni di luoghi, soprattutto cittadini, collegati strettamente con storie d'amore. Invece i brani dedicati a luoghi e paesaggi si limitano a poche righe, del tutto assenti in diversi capitoli, talvolta anonimi come per esempo le camere d'albergo o i mezzi dei trasporto.
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  • 3 / 12 utenti hanno trovato utile questo commento
    23/08/2022
      

    Narcisismo autoironico come specchio dell'oggi

    Libro spaesante: non romanzo, non memoir, non saggio. Di certo non un'autobiografia. Nella sua indefinibilità sta tuttavia la sua originalità e la sua chiave stilistica. Daniela Ranieri compie un’operazione ambiziosa, quella di riportare la Passione (nel senso più ampio del termine) dentro la sua scrittura, mettendo al centro proprio l’Amore, forse in ossequio alla tradizione occidentale che vede nel sentimento amoroso un tema privilegiato attraverso il quale studiare e capire le "forme del sentire". Lo fa tramite eccessi barocchi, dissipazione di conoscenze, ripetizioni ossessive di temi (in particolare le descrizioni dei profumi che provocano un senso di saturazione, voluto). Si rivolge a lettori ormai “inattuali”, che ne apprezzano il gioco da flaneur emotivo-esistenziale; dove il linguaggio dell’io-narrante (soggetto che ha perso il filo della cartesiana lettura del mondo) è specchio di una mente ansiosa, ossessiva, melanconica, estenuata perché al fondo del Tempo e della Storia, e che tuttavia perviene, proprio attraverso la scrittura, alla "ricomposizione dell’infranto" di benjaminiana memoria. Ambientato tra Roma (=Amor) e la Sicilia (con chiari riferimenti al mito greco, forma archetipica della narrazione) rivela un’autrice dall’intelligenza stupefacente, narcisista e consapevole di esserlo, estremamente “loica” e purtuttavia - nella sua onestà e verità – capace di incantarci e di farci re-innamorare della scrittura come arte che germina nuove consapevolezze. La realtà che si invera nella relazione/non-relazione tra soggetti; il rumore assordante di un’epoca, la nostra, che ormai ha perso il gusto (fisico, corporale) per il dialogo e di cui l'autrice mima il bla-bla-bla "incarognito" attraverso lo strumento della satira che si tinge di sarcasmo; le invettive contro i medici e contro i professori, artefici di poteri oggi svuotati di senso; il corpo come fonte di piacere e di dolore, nella sua verità essenziale; la scelta di non essere madre, e quindi il confronto con la Finitudine.
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  • 8 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento

    Giorgio Grasso

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    17/08/2022
      

    Prontuario di uomini inadatti per donne improvvide

    Preso a piccole dosi, letto in un paio di mesi, magari abbandonandolo anche per vari giorni sul comodino, e poi saltando o scorrendo rapidamente gli sproloqui su profumi e altre amenità, il libro di Daniela Ranieri si può anche leggere e ci si trovano anche pagine divertenti e, perché no, illuminanti. Anche se non bisogna prenderla troppo sul serio, c'è un patto non scritto con lettori e lettrici che impedisce di prendere per vere, oltre che troppo serie, tutte le categorie di uomini che l'autrice descrive con giudizi tranchant e radicali. Del resto la motivazione con cui la Lipperini ha candidato questo romanzo (mah!) al premio Strega 2022 è che si tratta di «un inganno (non è un memoir) sincero come può esserlo la letteratura» e Ranieri stessa ne parla come un libro non finito, in cui ha tagliato in fase di editing oltre 120 pagine (https://www.treccani.it/magazine/chiasmo/extra/Ora_dello_Strega_Ranieri.html). Quindi, sebbene abbia trovato tediose certe pagine e in fase di editing ne avrei tagliate altre 300, c'è del buono, la scrittura è spesso piacevole, alcune descrizioni di uomini sono molto centrate e l'ironia feroce di Ranieri affonda il suo bisturi in certe ferite che molte donne amano provocarsi da sole frequentando uomini palesemente sbagliati e comunque non adatti a loro.
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  • 8 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento
    02/07/2022
      

    Ipertrofico

    Il libro è una sorta di diario e al tempo stesso di “autobiografia romanzata” (ma tali definizioni gli vanno davvero strette) animato da tanti incontri, visioni, sentimenti (dolori e passioni), fobie e “ossessioni”, tipi umani (uomini amati e non amati) e animali (in particolare, gli amati gatti), oggetti, profumi e luoghi. Si raccontano odi profondi ed esagerati (contro i “maledetti veterinari” ed i medici) ed affascinazioni improvvise (il primo incontro con A. a Siracusa). Emerge anche una chiara vena di autoironia, come nel capitolo “Incompatibilità” sulle relazioni "difficili” e goffe con gli oggetti (nastri adesivi, stampanti, scale e così via) che non funzionano, si rompono, cadono a terra e non si trovano più… Si delineano vari rapporti umani con uomini definiti nei loro aspetti più teneri o più irrazionali o più truci (si va dal “carnivoro” al “traditore”). Su tutti emerge appunto A., figura quasi iconica (reale o simbolica?): bello, equilibrato, colto, ragionevole, la cui presenza punteggia tutto il libro. La scrittura è indubbiamente originale (definita “labirintica” da più di un critico): se si riesce ad avvicinarla, comprenderla e penetrarla, coinvolge e rende scorrevoli le centinaia di pagine. Il contenuto però si nutre di “eccesso”, a volte provocatorio, a volte davvero insopportabile. Il libro avrebbe guadagnato in fruibilità se fossero stati eliminati numerosi capitoli, come le tante pagine, soprattutto nella parte finale, dedicate ai profumi, pagine “inebrianti” e al tempo stesso gonfie di “bello stile” auto-compiaciuto.
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  • 12 / 13 utenti hanno trovato utile questo commento

    Cesarina Evangelista

    30/05/2022
      

    Dalla lettura delle prime righe ho avuto la sensazione che questo libro fosse stato scritto nel periodo del lockdown per dare sfogo al disagio esistenziale, alle crisi di panico ingenerate dalla chiusura forzata. La protagonista (io narrante) riversa nella scrittura tutto il suo malessere, la sua insofferenza nei confronti del mondo intero che le appare nemico. Padroneggia le parole che usa come dardi avvelenati lanciati contro innumerevoli bersagli, usa un linguaggio spesso aspro, aggressivo, mortifero. Possiede conoscenze bulimiche in ogni campo che utilizza a cascata continua in una tempesta sinaptica, facendo continue citazioni letterarie (da KafKa a Petrarca, da Goethe a Nietzsche, da Gadda a Monteverdi, da Ovidio alla Bibbia …) a sostegno del suo pensiero. “… Il nevrotico (…) è esposto con tutta la sua carne all’assalto dei pensieri. Le parole sono la cosa più potente che possiede”. La sua critica lucida e tagliente colpisce le persone e gli ambienti con cui è venuta a contatto che le hanno procurato dolore e sofferenza andando a toccare i suoi nervi scoperti. Le relazioni erotico sessuali con i numerosi uomini hanno tutta l’aria di essere degli esperimenti antropologici. “Ne ho amati diversi per vedere cosa ci fosse di amabile in un essere umano”. Per tutti un’ironia tagliente rivolta anche verso sé stessa che non riesce a fare a meno di ripetere gli stessi errori. Riesce poi a fare anche autocritica ma solo come esercizio intellettuale. I profumi occupano una buona porzione del libro. La protagonista ci mette a contatto con un mondo olfattivo sconosciuto, ci rivela i segreti delle componenti delle essenze che entrano a contatto diretto con il nostro cervello dove restano impresse indelebilmente. La lettura di questo libro infonde malessere, non tanto per le critiche al sistema sociale (che possono essere anche condivisibili) ma per l’atteggiamento nevrotico e ostile della scrittrice verso il mondo intero, riconoscendo solo sé stessa portatrice di verità.
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  • 14 / 15 utenti hanno trovato utile questo commento

    Daniela Carletti

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    14/05/2022
      

    Candidato Premio Strega 2022

    Prima di qualunque considerazione vorrei dire che trovo alquanto disdicevole il modo in cui la Ranieri parla dei medici e mi riesce difficile pensare che siano tutti come ci vuol dare ad intendere l’autrice. Demonizzare l’intera categoria, specie per ciò che stiamo vivendo da oltre 2 anni con la pandemia e i medici in prima linea, mi sembra davvero vergognoso. Ciò detto, questo libro, anche se un’interpretazione non esclude l’altra, può essere visto a mio avviso, sia in senso intimistico, sia per come viene presentato nello “strillo” dove, tra le altre cose si legge: «Il ritratto lirico e ironico di una donna e di un’epoca …». Se analizziamo il testo in base al primo punto, lo definirei un romanzo molto colto ma all’insegna di una scrittura nevrotica, anche se l’autrice nel capitolo «2+2 = 5» gioca sull’etichetta psichiatrica da assegnarsi, altalenando tra la nevrastenia e la nevrosi. Sempre rispetto all’intimismo a pag.656 alla fine del capitolo «Iperacusia», dice “Vorrei raschiare via il rumore dal mondo, per lasciarlo pulito, funzionante e muto, e veder riapparire in quella pausa clemente il rassicurante profilo paterno, genitore di silenzio perfetto.” Vorrei mettere in relazione a questa citazione, la successiva, riportata a pag.431 nel capitolo “Toccare il cervello” apparentemente dedicato al profumo che si compra e alle varie essenze “… il profumo accarezza … il nostro cervello per un tempo limitato, solitamente per qualche ora … e poi scompare (ma scompare? Davvero? O resta, nella memoria incosciente …)” Da quanto si legge non è il profumo in genere ad essere importante, ma la ricerca di uno specifico odore impresso nella sua memoria da qualche parte, unico legame fra sé e un padre scomparso prematuramente. Così si spiegherebbe la passerella di amori improbabili con cui sembra voler provocare il lettore a tutti i costi: sorge spontanea la domanda «Ma era proprio necessario?» Ipotizzo una risposta «Beh, fra tanti, ce ne sarà uno, almeno simile a come era mio padre.» Se invece consideriamo il romanzo per come viene pubblicizzato, si tratta sempre di un libro molto colto, che però presenta la mole di un dizionario tradizionale unito a quello dei sinonimi e dei contrari, poiché ogni cosa viene enucleata, messa in dubbio e osservata da mille angolazioni diverse “A volte penso che tra noi ci sia un silenzioso raggiro: lui pensa, a ragione, che io pensi che lui, benché sia un accademico che maneggia l’etica e la filosofia, non sia una persona etica e un filosofo, per il semplice fatto che è un uomo con dei desideri sessuali …” pag.282. Personalmente non lo interpreterei in chiave ironica, poiché le conclusioni spesso supponenti, non tradiscono la leggerezza propria dell’ironia. Le costruzioni tortuose sparse copiosamente più o meno in tutti i capitoli, rivelano una certa componente ansiogena, come afferma l’autrice stessa parlando del Prozac "Io l’ho preso per un anno, convinta di poter convincere l’interno della mia scatola cranica a suggere dalla polverina incapsulata solidi motivi per farmi essere meno triste, meno capziosa, meno lamentosa …” pag.293. Le pochissime volte che i toni si placano, leggiamo alcune piacevoli riflessioni coerenti nello sviluppo, e colui che fra i due amanti in una squallida camera d’albergo accende l’abat-jour, è come “… il sagrestano che accende il cero elettrico nella Cappella Contarelli … affinché si manifesti il triplice San Matteo di Caravaggio, in San Luigi dei Francesi.” pag.210. Peccato che nell’imponenza del volume, questi momenti risultino soffocati dal carattere generale. Tra l’illustrazione di un soggetto e la sua conclusione, si aprono svariate incidentali: a pag.284 c’è una parentetica di 24 righe. Si parla di tutto e il suo contrario, per cui non si capisce come mai negli oltre 80 capitoli, manchi la descrizione di come si costruiscano le automobili! Insomma, se inizialmente si pensa ad una lettura piacevole, via via tutto risulta eccessivo, ridondante e logorroico.
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  • 19 / 20 utenti hanno trovato utile questo commento

    Daniela Bertoglio

    11/05/2022
      

    Bla, bla, bla

    Credo che la descrizione sintetica di questo libro sia: un fiume di parole, in piena, che rompe gli argini ed allaga tutto il circondario. Non è un romanzo, ma un flusso di coscienza, un lunghissimo vaniloquio che, saltando di palo in frasca, spesso senza nemmeno tornare più al discorso originario, permette all'autrice di dare continui pseudo sfoggi di cultura (il più delle volte gratuiti, quindi inutili) sugli argomenti più disparati, affermare come verità granitiche delle scempiaggini colossali, e creare dei piccoli ritratti di tanti personaggi diversi, tutti raccontati con un gusto per l'iperbole davvero eccessivo. Il gioco potrebbe anche essere divertente, ma a piccolissime dosi, per 684 pagine diventa decisamente noioso. Un libro profondamente narcisistico, una marea di parole nella quale il lettore non può che abbandonarsi, farsi travolgere, senza opporre resistenza, perché sa che l'unico modo per farlo sarebbe chiudere il libro, fare qualcosa d'altro (sicuramente più utile) e rinunciare a vedere dove andrà a finire. Personalmente, se non fosse stato per il rispetto dovuto agli altri componenti del circolo di lettura, lo avrei lasciato dopo un centinaio di pagine, tanto è stato il fastidio che ho provato leggendone alcune, e la consapevolezza, maturata velocemente, che il libro non sarebbe andato a finire da nessuna parte, perché gira tutto intorno all'ombelico dell'autrice (o alle sue emorroidi, che vengono dettagliatamente descritte). Alcuni capitoli mi sono sembrati totalmente avulsi dal resto del libro, e ho pensato che fossero nati come articoli di costume per qualche giornale o rivista, ma anche in questo caso, la mancanza assoluta di dubbi, il fatto di disseminare il testo di affermazioni farneticanti come se fossero verità assolute (vedi la storia dei würstel che restano nell’intestino dei vegetariani per decenni, per esempio), o l'esprimere giudizi francamente opinabili quanto sgradevoli (per esempio su chi mangia carne, cosa che personalmente non faccio dal 1985), lo ho trovato inopportuno e senza alcun senso. Poi ci sono pagine e pagine con minuziosissime descrizioni di costosissimi quanto raffinatissimi profumi delle maggiori case di moda: i profumi sono evidentemente la passione, o l'ossessione, dell'autrice, ma sono anche gli elementi più difficili da descrivere per chi non li conosce; un naso addestrato è in grado di riconoscere gli "ingredienti" di un profumo, ma le sensazioni che provoca quel profumo saranno comunque personali, perciò, anche in questo caso una descrizione minuziosa può essere interessante, ma alla ventesima descrizione, la noia prevale. Alcuni dei personaggi raccontati sono di una meschinità tale che si fa fatica a capire come una persona dotata di un minimo di amor proprio possa aver dato loro retta per più di 5 minuti, e se ne sia addirittura invaghita e innamorata, e abbia poi pure pensato di scriverci un libro sopra. Questo suo bisogno continuo di sedurre, di attirare l'attenzione del maschio di turno, di essere un oggetto del desiderio altrui, a qualunque costo, sempre, lo ho trovato, francamente, incomprensibile e inquietante.
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