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Mi limitavo ad amare te

Postorino, Rosella

Giangiacomo Feltrinelli Editore 2023

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Si esiste interi solo prima di nascere. Ma quello strappo è la vita. Omar ha dieci anni e passa le giornate alla finestra sperando che sua madre torni: da troppi giorni non viene, e lui non sa più nemmeno se è viva. Suo fratello gli strofina il naso sulla guancia per fargli il solletico, ma non riesce a consolarlo. Senza la madre il mondo svapora. [...]
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  • 0 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento
    02/04/2025
      

    Lento

    Ho letto questo libro dopo aver letto "Le assaggiatrici" che ho amato molto. Sono rimasta abbastanza delusa, sicuramente un'ambientazione molto difficile da trattare ma anche la scrittura l'ho trovata molto lenta e poco scorrevole.
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  • 0 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento
    30/09/2024
      

    Per non dimenticare

    Recentemente ho letto di un'altra guerra e le parole di E. De' Giorgi che ho trovato drammaticamente vere: "la guerra non conta nulla...solo un'opera di pensiero può farla ricordare e ammonircene perché chi la compone ci ha pensato". Una narrazione intensa, cronache terribili che mi hanno riportato alla memoria alcune pagine di "Venuto al mondo" di M. Mazzantini. Nostro è il compito di cercare di rendere la memoria collettiva meno labile, salvaguardando l'integrità delle giovani generazioni.
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  • 4 / 4 utenti hanno trovato utile questo commento

    Francesco Capozzo

    14/08/2024   

    < Usare il proprio corpo come valico......>

    Mi limitavo ad amare te, non è il primo saggio dì Rosella Pastorino. Il romanzo è intenso ed è per certi versi sconvolgente. È la ricerca spasmodica di un ragazzo della madre, in una Jugoslavia travolta dagli eventi bellici. In quella triste guerra fratricida che mandò a soqquadro la vita di interi gruppi familiari e che portò, contro la loro volontà, a dividere, con dolore, i figli dalle madri, per "garantire" loro la sopravvivenza. La storia va un tantino oltre i fatti storici, al solo scopo di rappresentare quello che divennero questi figli.
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  • 1 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento
    20/12/2023
      

    bello

    una storia commovente, lo sguardo di una bambina sola che si nasconde dal mondo degli adulti, capaci di fare la guerra
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  • 2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento

    Giuseppe Vitale

    28/06/2023
      

    Dopo aver letto "Le assaggiatrici", speravo in bis di bella scrittura. Invece mi sono trovato davanti un libro scialbo, lento, a tratti noiso. Poteva essere una bella storia, ma proprio non mi ha convinto,sembra scritto apposta per lo Strega che sicuramente vincerà, come avevo previsto appena ammesso nella prima selezione. Dopo questa ad altre letture dello Strega, credo proprio che starò ben lontano da questo premio
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  • 9 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento

    Daniela Bertoglio

    12/06/2023
      

    Sarajevo, 1992

    Non è certo facile raccontare una storia di guerra, soprattutto quando i protagonisti sono dei bambini e dei ragazzini. Rosella Postorino ci riesce, ma il risultato non mi ha convinta del tutto. E' un romanzo sulle vittime delle guerre moderne, vale a dire i civili, in particolar modo le donne ed i ragazzini, che subiscono traumi che li segnano a vita. Nada, Omar, Sen, Danilo, Ivo, e tanti altri, nel 1992 sono a Sarajevo, sotto le bombe e le pallottole dei cecchini. Alcuni di loro vivono in un orfanotrofio perché hanno perso i genitori, oppure sono stati portati lì perché le famiglie non potevano più occuparsi di loro, nella speranza di proteggerli. Ma anche l'orfanotrofio non è più un posto sicuro, e viene organizzata una operazione internazionale per portarli in Italia, e a questi "orfani" si aggiungono altri ragazzi che una famiglia ce l'hanno, ma i loro genitori sono convinti che solo all'estero potranno essere salvi. Arrivano in Italia, vengono affidati alle suore. Omar è legatissimo alla madre, e vive malissimo questo trasferimento. Ha perso i contatti con lei durante un bombardamento, ma è convinto che sia viva, anche se sono mesi che non la vede. In Italia non vuole ambientarsi, il suo unico desiderio è quello di tornare in Bosnia, per andare a cercarla. Suo fratello, e gli altri ragazzi, invece, si adattano alla nuova condizione: imparano l'italiano, cercano di rifarsi una vita, lontano dalla guerra. Il Tribunale di Milano, per proteggere questi minorenni, decide che, anche a guerra finita, non ci siano le condizioni per il loro rimpatrio, così chi non ha almeno un genitore vivente viene dato in affido in vista di un'adozione. Omar e il fratello vengono affidati ad una famiglia di cattolici ultra osservanti, che li fanno battezzare, li costringono a frequentare la parrocchia, anche se i due ragazzi sono nati e cresciuti in una famiglia, disastrata quanto si vuole, ma islamica. Sen ha un carattere accomodante, non gli interessa tornare a Sarajevo, vuole farsi una vita nuova, mentre Omar no, si ribella, scappa di casa, finisce a vivere come un clochard. E la bella famiglia tradizionalissima, qualche anno dopo, si guarda bene dal riprenderlo a vivere con loro, alla faccia della parabola del figliol prodigo. Insomma, un romanzo con tanti temi, tante storie, tutte drammatiche, che viene da pensare siano un po' troppe, anche perché sono raccontate in un modo che non induce chi legge a provare empatia, o a identificarsi in qualche modo con i personaggi. Sinceramente, il tema delle guerre balcaniche è già stato affrontato da altre scrittrici, con risultati di gran lunga superiori, Rosella Postorino ha scritto un romanzo "freddo", che mi ha dato la sgradevole sensazione che sia nato per finire nella dozzina, e poi nella cinquina, dello Strega, non per altre ragioni.
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  • 2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento

    Claudia Pavan

    04/05/2023   

    MI LIMITAVO AD AMARE TE

    Cronistoria della sorte di bambini in seguito alla guerra in Bosnia negli anni '90. C'è tutta la tragedia della guerra vista da questi ragazzini...strappati alla famiglia e destinati in Italia...dove alcuni vengono adottati. In particolare c'è Omar ...alla ricerca di sua madre con la quale ha un rapporto fortissimo che gli impedisce di vivere una vita normale e lo porta alla droga e a finire in carcere! E poi altre storie non meno drammatiche. Pregio del romanzo è averci fatto vivere la condizione dei giovani ragazzi che si trovano a subire una guerra che sconvolge le loro vite! Troppo prolisso il romanzo e poco avvincente... PAVAN CLAUDIA - Circolo Lettori Biblioteca P.P. Pasolini
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  • 8 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento

    Morena Ciocioni

    01/05/2023
      

    Ragazzi di Sarajevo, ragazzi di tutte le guerre.

    La Postorino sviluppa il romanzo su un tragico evento realmente accaduto durante la guerra dei Balcani scoppiata nel 1992, la prima in Europa dal 1945: il bombardamento dell'orfanotrofio di Bjelave a Sarajevo, città sotto assedio. Il 18 luglio di quell’anno un convoglio prelevò 46 dei bambini residenti nella struttura per trasferirli in Italia; non tutti orfani, molti erano stati lasciati lì perché la famiglia non era in condizione di occuparsene. Inizialmente il loro soggiorno in Italia sarebbe dovuto protrarsi per un tempo limitato, di fatto non sono mai rientrati in Bosnia; nonostante i genitori biologici in vita, sono stati dati in adozione, in affido o a istituti religiosi. Sono bambini che hanno vissuto orrori che solo la guerra è capace di produrre, i loro occhi hanno visto le depravazioni, gli abomini da cui non ci si affranca, bambini amati malamente. Sono i bambini di Sarajevo, ma potrebbero essere bambini siriani, ukraini, palestinesi. Sono bambini di guerra, fratelli accomunati da violenza, disperazione, violati da guerre insensate. E’ forte il richiamo al rapporto tra madri e figli, alla maternità nelle sue declinazioni, frutto di amore, oggetto di stupro, irrealizzata; ma il tema che l’autrice indaga profondamente è anche, soprattutto, quello dello strappo: dalla propria famiglia, dalla propria terra, dalla propria storia. Lacerazioni che non si ricompongono e segnano indelebilmente le vite dei quattro protagonisti della storia: Nada, Danilo, Omar e Senadin, detto Sen. Sen e Omar, due fratelli, caratterialmente all’opposto, vengono dati in affido ad una famiglia ultra cattolica: Sen accetta di buon grado i nuovi “genitori”, vedendo l’opportunità di una nuova vita a cui sente di aver diritto; Omar no, lui la rifugge, per lui nessuno può sostituire la madre che ha lasciato in Bosnia, troppo forte è la nostalgia; non vuole essere adottato da due persone che “avevano finalmente avuto due figli soltanto perché era scoppiata una guerra dall’altra parte dl mare; il loro desiderio più persistente si era realizzato grazie alla sciagura di un intero Paese”. Poi c’è Nada, il cui nome in spagnolo vuol dire “niente” mentre nella sua lingua vuol dire “speranza”: ha lasciato in Bosnia il fratello, costretto ad arruolarsi. Viene è affidata a un Istituto di suore; si sente sola ma resiste. Infine Danilo, mandato in Italia dagli stessi genitori con l’intento di salvarlo. Saprà riscattarsi grazie allo studio. L’autrice, con una narrazione potente e asciutta, ripercorre le vicende attraverso gli anni di questi ragazzi di Sarajevo, senza mai scadere nel melenso o nella retorica. Con maestria riesce a suscitare emozioni e commuovere, è innegabile, ma non mi ha convinta al cento per cento. Resta in superficie rispetto al fenomeno toccato, incardina il registro narrativo in un profilo prettamente volto all’emozione; i personaggi risultano un po’ artefatti. Insomma, è mancato quel “quid” capace di suscitarmi empatia. Il titolo del libro è mutuato da un verso della poesia di Izet Sarajlic, un poeta bosniaco che rimase a Sarajevo durante la guerra.
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    Morena Terraschi

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    07/04/2023
      

    Sarayevo 1992, la guerra nella ex Jugoslavia è cominciata, in città è appena iniziato l'assedio terribile che si prolungherà fino al 1996. In un orfanotrofio Omar e suo fratello Sen fanno i conti, ognuno in maniera differente, con la decisione di lasciarli in orfanotrofio. Nada e suo fratello Ivo già ci vivono da un po'. Tra Omar e Nada nasce un legame (Per caso sono stata testimone del suo dolore, ed è bastato ad unirci.) hanno solo 10 anni ma sono cresciuti in fretta. Da lì a poco partiranno per l'Italia, un convoglio umanitario li porterà al sicuro insieme ad altri bambini e adolescenti, tra cui Danilo, figlio di giornalisti che decidono di restare. Nada lascerà il fratello, Omar la madre. Tra loro si creano legami complicati: amore, desiderio, nostalgia, gelosia forse, risentimento. Ognuno di loro reagisce in maniera diversa ma i più vulnerabili saranno proprio Nada e Omar, specialmente lui. E' una storia di sradicamento quella che racconta Postorino e di addii mai consumati, di ritorni mai concessi. Diviso in quattro parti arriva fino al 2011, ad una specie di lieto fine o forse no, forse è solo la chiusura di un lunga fase e ci saranno altri patimenti e accadimenti da sopportare e attraversare. E' una bella storia, piena di dolore certo, ci vuole coraggio a scrivere di certe storie, ci vuole anche talento, Postorino dimostra di averli entrambi.
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