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2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento19/04/2020
Sta tutto nel titolo
Ingredienti: due coppie tra la Cecoslovacchia e la Svizzera nel 1968-1970, un continuo scontro tra opposti (corpo-anima, leggerezza-pesantezza, forza-debolezza, fedeltà-tradimento, menzogna-verità), quattro vite inquiete tra lavoro-sentimenti-politica, un percorso filosofico sulla condizione umana che parte dall’eterno ritorno e termina col kitsch. Consigliato: a chi vive di contrasti e vertigini, a chi insegue gli istanti perduti alternando desiderio e nausea. “Ma davvero la pesantezza è terribile e la leggerezza meravigliosa? Il fardello più pesante ci opprime, ci piega, ci schiaccia al suolo. Ma nella poesia d'amore di tutti i tempi la donna desidera essere gravata dal fardello del corpo dell'uomo. Il fardello più pesante è quindi allo stesso tempo l'immagine del più intenso compimento vitale. Quanto più il fardello è pesante, tanto più la nostra vita è vicina alla terra, tanto più è reale e autentica. Al contrario, l'assenza assoluta di un fardello fa sì che l'uomo diventi più leggero dell'aria, prenda il volo verso l'alto, si allontani dalla terra, dall'essere terreno, diventi solo a metà reale e i suoi movimenti siano tanto liberi quanto privi di significato. Che cosa dobbiamo scegliere allora? La pesantezza o la leggerezza?”Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento16/06/2018
Il senso inafferrabile dell'esistenza
La forza del libro sta nel titolo. Forse per questo è l’opera più famosa di Kundera. Il titolo è seducente ma il contenuto del libro non saprei dire se si mostri all’altezza del titolo. E’ un trattato nel quale si cerca di dimostrare un teorema attraverso fatti della vita dei protagonisti, episodi della storia contemporanea e persino temi del pensiero teologico. Ogni argomento si suppone che possa aderire ai concetti di eternità o provvisorietà. Impresa ambiziosa che crea l’aspettativa di trovare la chiave di interpretazione dell’esistenza. La premessa del libro è un contraddittorio tra posizioni filosofiche ben distinte: “l’eterno ritorno” di Nietzsche ed il “tutto scorre” di Eraclito. A questi due concetti Kundera attribuisce le rispettive connotazioni di pesantezza e leggerezza. L’eterno ritorno imprime alla vita il suo significato ancorandola allo stato di realtà storica (pesantezza) . Viceversa ciò che avviene una sola volta rimane come un ricordo fugace privando, nel tempo, il fatto della sua consistenza (leggerezza). Cos’è la vita? Un eterno ritorno o un perenne divenire? Kundera unisce i due argomenti ed ammette che la vita si svolga nel loro costante dualismo, vale a dire tra leggerezza e gravosità. Ci sono eventi che si ripetono ed eventi che sono unici, ma al di sopra di tutto c’è il determinismo del es muss sein (deve essere) che ne governa il corso. Il libro è ambientato a Praga nel difficile periodo dell’invasione russa ed i protagonisti sono i simboli di una società che sta per perdere il senso collettivo gravata dall’uso strumentale del potere ideologico. Ognuno porta su di sé il carico del suo esserci e tende alla leggerezza dell’essere. La vita è un continuo alternarsi di condizioni opposte o anche un fuggire dall’una all’altra. La leggerezza è movimento e nel loro fluttuare le vite si incontrano per poi allontanarsi o per prendere l’una il posto dell’altra. Tra le due coppie di protagonisti (Tomàs-Tereza, Franz-Sabina) si osserva quindi un rapporto antitetico: vivere la vita dal di fuori come esperienza multipla (Tomàs) o dall’interno come scoperta intima (Tereza), come un viaggiare verso una destinazione nota (Franz) o coma la ricerca incessante di un indefinito altrove (Sabina). Ciascuno è dominato dalla propria intima fragilità ed è confinato nel proprio particolare egoismo. Anche quando, attraverso la “compassione”, si vuole essere partecipi dei medesimi sentimenti dell’altra persona, non si fa che chiudersi nel cerchio di una solitudine condivisa. L’anelito ultimo è un protendersi verso la felicità. Sembra però che il suo raggiungimento sia impossibile. E’ più facile essere felice per un cane che per l’uomo. La vita dell’uomo è “una corsa in linea retta” (cit.) verso l’ignoto. Per il cane la vita scorre seguendo una circolarità di eventi sempre uguali. In questa monotonia c’è la felicità della certezza. La costruzione concettosa del romanzo in un contesto filosofico-esistenziale, connotato da un pessimismo di fondo, regala un raggio di luce e di speranza nel tentativo di cercare, seppure nell’annichilamento, una possibilità di elevazione del senso della vita. “Nessun uomo ha una missione. Ed è un sollievo enorme scoprire di essere liberi, di non avere una missione” (cit.). Ognuno può essere persecutore e salvatore di sé stesso.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato