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L'arte della matematica

Weil, Simone

Adelphi <casa editrice> 2018

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"Visto che di tempo ne hai anche troppo," scrive all'inizio di febbraio 1940 Simone Weil all'amatissimo fratello maggiore, detenuto nel carcere civile di Le Havre per renitenza alla leva (André riteneva suo dovere "fare il matematico e non la guerra") "un'altra buona occupazione potrebbe essere metterti a riflettere sul modo di far intravedere a profani come me in che cosa consistano esattamente l'interesse e la portata dei tuoi lavori"; e una decina di giorni dopo insiste: "Cosa ti costerebbe tentare? Ne sarei entusiasta". André, che a caldo le aveva risposto: "Tanto varrebbe spiegare una sinfonia a dei sordi", di fronte alle questioni che lei continua a sottoporgli alla sua maniera fervida e acutissima finisce per cedere. Comincia così uno scambio che è un concentrato di passione intellettuale e affetto - e li induce anche a scontrarsi su punti capitali, come la scoperta degli incommensurabili e il carattere della scienza greca. E i due fratelli sono ugualmente capaci di parlare di Pitagora e dell'Odissea, di cardinali abili nelle strategie di corte e dell'importanza del sanscrito, di Dedekind e di Gauss. Questo volume comprende otto lettere di Simone Weil (tra le quali una minuta, due abbozzi e un testo mai spedito) e quattro del fratello André, tutte scritte tra febbraio e aprile 1940.
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  • 4 / 4 utenti hanno trovato utile questo commento
    10/07/2024   

    Il magico mondo degli spazi algebrici

    La parte più interessante del libro è la lettera programmatica che André Weill, uno degli algebristi più importanti del XX secolo, scrive alla sorella dal carcere nel 1940. Sono 16 pagine in cui fa un riepilogo della teoria della topologia dei numeri fino a quel momento, ed esprime un proponimento di generare una teoria unificatrice fa proprietà algebriche e geometriche, impresa che riuscirà a portare a compimento. Egli aveva avvisato la sorella che non avrebbe capito granché, ed effettivamente, nelle risposte, si capisce che con una preparazione liceale non si è in grado di capire di cosa si parli, anche se si è Simone Weill. Chi ha una preparazione universitaria si troverà a googlare "spazi di Riemann" e "Dedekind", rimanendo con l'impressione di non aver capito proprio bene, a meno che non sia proprio della materia. Di sicuro, il selvaggio che ha sottolineato a caso il libretto non ha capito niente. Invece di scarabocchiare i libri pubblici farebbe meglio a studiare.
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