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8 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento31/07/2023
Storia di storie
Condanna assoluta e irrevocabile della guerra, dimostrazione di come la fragilità della vita diventi del tutto precaria in quel contesto. Anche chi appare invincibile e impunito, paga caro il suo incontro: ne è l’emblema il soldato tedesco che, dopo aver stuprato e messo incinta la protagonista Ida, muore nel viaggio verso i campi di battaglia. Ogni capitolo, prima di addentrarsi nelle peripezie personali di gente improvvisata a vivere, è preceduto da una cronologia molto asciutta degli eventi bellici mondiali paralleli. Da tali introduzioni si ricavano dei sunti storici contestualizzanti e densi che sprovincializzano la saga di personaggi disgraziati. Essi sono descritti attraverso minuziose introspezioni psicologiche che non tralasciano nemmeno l’esposizione dei loro sogni e delle intime emozioni. Principali e secondari si alternano continuamente, i secondari prendendosi la scena, per poi dileguarsi, magari riapparendo di nuovo a intermittenza, per poi sparire del tutto. La scorrevolezza dello stile dispensa una intensità toccante ed empatica. Si alternano descrizioni epiche del coraggio nell’affrontare la tragedia in corso, tratteggi lirici nei passaggi psicologici ed emozionanti, espressioni dialettali del parlato quotidiano, toni torbidi per descrivere le efferatezze e la violenza. Vi è un’umanità composta interamente da antieroi: i genitori di Ida, i militari ingaggiati nel conflitto, la popolazione che schiva macerie e rastrellamenti. Ognuno al massimo riesce a sopravvivere, ma tutti perdono, se non la vita, la sicurezza, gli ideali, la propria morale. Useppe, il coprotagonista assieme alla madre Ida, da piccino impermeabile a qualunque disastro, che non piange, che non si lamenta, che non pare influenzato dal male circostante, emblema dell’eroismo e della positività, crescendo, mostrerà fragilità assorbite e sviluppate. Crescerà come età, restando piccolo nel corpo, incompiuto. Il suo stesso nomignolo Useppe, derivato da una simpatica storpiatura infantile e insolito per chi vive a Roma dove la vicenda è ambientata, esprime incompiutezza. Questa gli si appiccicherà tragicamente addosso a delinearne il destino. È un’antieroina Ida, col suo fisico minuto, col suo essere e farsi minuta, con i blocchi psicologici, il suo disagio nelle relazioni. Pur lottando allo stremo è destinata a restare viva, assieme a Useppe, sempre sul filo di lana. È antieroe Nino, giovane e indomito fratellastro di Useppe, discolo da ragazzo, fascista, poi combattente comunista, infine furfante. Così, al già tragico racconto della guerra, s’accompagna una visione disincantata, sconfortante, pessimistica sia dell’umanità che della società, nonché del contesto politico che via via si trasforma. È fortemente antifascista e antistalinista la concezione dell’Autrice, senza possibilità di malinteso o di compromesso. Ed è evidente anche la sua critica alla Sinistra, colpevole di non mantenere le promesse e i valori fondanti, per tramite dell’ex partigiano Nino che, finita la guerra, diventa cinico e arrivista, abbandona ogni entusiasmo per il Comunismo e si fa imprenditore del malaffare. La guerra non perdona neanche finita: i protagonisti restano sue vittime ancorché in vita, come ne fossero stati marchiati, permanendo nell’isolamento, nella malattia, ai bordi della miseria. Pure Nino, giovane, energico, scanzonato, paga ineluttabilmente, durante l’esercizio dei suoi traffici, l’“ascesa”, il desiderio di emancipazione, la fame di soldi e di emergere. La violenza e la sofferenza sono pronte a erompere e a togliere speranza in ogni pagina, anche nei momenti più leggeri. Non c’è possibilità di salvarsi, una mancanza di salvezza, che a me sembra vera in ogni tipo di conflitto, anche privato, ma che è ben più tangibile e inevitabile quando si è travolti da uno scontro militare mondiale. Anche chi sopravvive alla guerra, dopo non può riappropriarsi della propria esistenza.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
8 / 13 utenti hanno trovato utile questo commento17/06/2023
LO SCANDALO DELLA STORIA
Quando nel 1974 uscì il libro, Elsa Morante fu attaccata duramente da quasi tutta la stampa di sinistra. Si scatenarono dibattiti sul tradimento del marxismo e sulla libertà della letteratura. Elsa Morante scrive questo libro pensando alla Storia vista e vissuta dai più deboli, da quelli che la storia la subiscono senza potervisi opporre. “Por el analfabeto a quien escribo”. L’obiettivo è quello di arrivare a tutti, trattare delle questioni che riguardano l’intera umanità, il dolore dell’uomo e il suo destino. La storia, “uno scandalo che dura da diecimila anni”. L’ambientazione del romanzo è a Roma negli anni dal 1941 al 1947, il periodo più buio della storia: le leggi raziali, la guerra, la fame, i bombardamenti, la deportazione degli ebrei, la resistenza e poi il dopoguerra. La Morante non giudica e non assolve, si pone al di fuori di qualunque ideologia, condanna il dolore ma non odia. Osserva con sguardo pietoso le macerie materiali e umane prodotte dalla guerra, incapace di darne un senso. Il suo sguardo si posa con rispetto sui vari personaggi del romanzo, scava nella loro anima e ce li fa “vedere” per quello che sono: minuscoli esseri della STORIA che non hanno un vero potere sulle proprie esistenze. In un contesto corale, si muovono vari personaggi portatori ciascuno della propria umanità, segnati dagli orrori della guerra anche dopo la fine di essa. Iduzza, sempre in preda alla paura, guidata dall’istinto materno per sostenere il suo gracile figlioletto Useppe che è il personaggio più commovente del libro con il suo ottimismo e amore per la vita. Nino, repubblichino della prima ora, poi partigiano e poi ancora contrabbandiere, ragazzo strafottente, dalla simpatia contagiosa e estremamente tenero nei confronti del fratellino. E poi Davide Segre, anarchico, porta impresse nell’anima le sofferenze della sua deportazione e soprattutto della strage della sua famiglia ebrea. Gli orrori della guerra sono fantasmi che lo perseguitano e nei suoi deliri imbastisce discorsi sconnessi sulla rivoluzione totale, per realizzare la quale basterebbe riconoscere il Cristo che è in ognuno di noi. “E allora il frutto della rivoluzione nascerebbe bello e spontaneo su tutti gli alberi (…) non esiste più né fame né ricchezza, né potere, né differenza … tutta la storia passata si scopre per quello che era: un Granguignol grottesco, demenziale, un deposito di immondezze dove per secoli ci siamo intignati a frugare con le unghie sporche …”. E’ il compimento della STORIA. Alla fine cosa resta? Il dolore lancinante e il silenzio che buca l’anima. Eppure un briciolo di speranza la Morante lo affida a quel fiorellino di rupe che si affaccia nella mente delirante di Davide: sebbene calpestato con rabbia, ha la capacità di rinascere.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
4 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento01/06/2021
il romanzo che non ti aspetti
un Romanzo storico per riflettere su come sono andate davvero le cose, che si intreccia con vicende quotidiane di personaggi semplici in situazioni complicate. super consigliato a chi, come me, volesse accettare una sfida di lettura.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
10 / 11 utenti hanno trovato utile questo commento18/04/2021
Le vite minime
Affresco corale di storia degli umili, quella che non finisce sui libri di scuola, che il popolo subisce, attraversandola suo malgrado e cercando di sopravviverle, ma sentendosi per lo più indifferente ad essa. Un romanzo carnale. Non solo perché la storia dei due protagonisti, Ida e suo figlio Useppe, ha origine da uno stupro. Piuttosto perché a guidare la maggior parte dei protagonisti è l'istinto atavico di pura sopravvivenza fisica. La felicità è sempre nel qui ed ora, è la capacità di godersi un attimo: aver rimediato del cibo, aver scampato un bombardamento. Il futuro non è mai all'orizzonte, è percepito costantemente solo come ipotesi. In effetti il futuro non esisterà per la maggior parte dei personaggi. In questa carnalità, tutti vengono a contatto con il loro corpo e con la loro anima, per lo più attraverso il dolore e la sottrazione. La fame, la spasmodica ricerca del cibo, la debolezza, le ferite. La parte psicologica è ugualmente presente, e si declina in modo peculiare in ciascun personaggio. Per Ida si traduce in un cupo senso di paura e minaccia; per Useppe in un terrore del costante abbandono, che sfocia in malattia perché sempre represso. Nino, l'altro figlio di Ida, vive sempre al massimo, quasi ci fosse in lui una consapevolezza che la vita non sarebbe comunque durata abbastanza. Davide invece non riesce a superare la delusione profonda che gli deriva dal fallimento dell'idea anarchica su cui ha fondato la propria identità e la ribellione alla società borghese da cui proviene. La sua famiglia viene sterminata e lui, a sua volta, per vendetta, uccide brutalmente un soldato tedesco ormai inerme, trasformandosi nell'aguzzino che combatteva. C'è poi la rabbia del reduce inabile diventato dipendente dalla sorella. E la non accettazione che spinge Annina a sperare invano nel ritorno del marito dalla Russia. C'è infine la rimozione, i vecchietti che giocano a carte nell'estate del 1947, che di guerra non ne vogliono più sentir parlare. Nessuno dei personaggi ha la capacità di evolversi rispetto all'emozione predominante che lo caratterizza, tutti ne sono vittima e ne rimangono progressivamente annientati. La Storia non è quindi solo quella dei morti, sotto le bombe o nei campi di concentramento. È anche quella di chi gli è sopravvissuto, diversamente morto nell'animo. Personaggio principe è Useppe, dal cui sguardo bambino viene filtrata una lettura poetica e distorta del mondo. Nei primi anni di vita manifesta entusiasmo e curiosità per ogni piccola cosa, persino la vita da baraccati a Pietralata per lui è fonte di inesauribili giochi. L'intuizione profonda di cui è dotato gli fa tuttavia percepire il pericolo, l'assenza definitiva, l'ingiustizia. È troppo piccolo per elaborare la paura che ne ricava, la sua mente reagisce rimuovendo le fonti di angoscia, che però, crescendo, tornano a poco a poco a galla. L'azione scorre lenta, ricca di digressioni in cui la narratrice onnisciente racconta in flashback le vite dei protagonisti e delle comparse di tutta la storia. A fare da quinta teatrale sono i quartieri di Roma della periferia, San Lorenzo, Testaccio, Pietralata, ma anche il ghetto ebraico che dopo il rastrellamento rimane sospeso in un vuoto opprimente. Gli animali, largamente presenti nel racconto, ricordano, attraverso le similitudini con i comportamenti umani, che la sorte degli uomini non è poi così diversa da quella delle bestie. -
15 / 16 utenti hanno trovato utile questo commento23/10/2019
Come questo libro mi sia capitato...
..tra le mani è un fatto curioso. L'aveva dato da leggere al mio figlio minore la sua professoressa d'italiano. Per chi lo sa si tratta di un libro corposo. Le cui dimensioni certo non invitano. Stava per casa, ho cominciato a sfogliarlo e non l'ho più lasciato. Si certo. La Storia. Di un Popolo. Di una Guerra. Ma anche di chi non ci sta. Di chi dice di no. E tutti, ma proprio tutti dicono di no. In modi diversi. Inventando una professione Nino. Soffrendo in silenzio la madre. Di chi lotta con le armi in pugno e i libri aperti. Storie di uomini, donne. Che reagiscono a quella che è stata la prova più dura che un Popolo abbia dovuto sopportare. Di un Popolo che non ha imparato. No ricorda. No sa.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
6 / 12 utenti hanno trovato utile questo commento29/11/2018
Immancabile
Storie di vita quotidiana, la brutalità della guerra vs la poesia di Useppe. Grazie ad Elsa Morante per aver descritto l'occupazione tedesca a Roma in questi termini, che non fanno sconti a nessuno.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
14 / 14 utenti hanno trovato utile questo commento01/10/2018
Un romanzo
Questo romanzo, che figura nella lista dei cento migliori libri di tutti i tempi, stilata nel 2002 dal Club norvegese del libro, riconquista la sua prorompente attualità. Quell'attualità di cui Cesare Garboli nelle prefazione al libro si chiede ragione nel 1995, a vent'anni dalla prima pubblicazione, eccola insorgere oltre quarant'anni dopo. Siama in un periodo in cui in Italia, ma bisogna dire in tutta Europa, rigurgitano fenomeni simili a quelli che diedero vita agli orrori del nazifascismo e alla conseguente catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. Quei fatti nefasti sono l'oggetto del romanzo di Elsa Morante, il suo ultimo lavoro letterario, raccontato attraverso gli occhi, i corpi, le sofferenze, le vessazioni, la malnutrizione e la fame vera e propria dei popolani romani. Ecco un'altra singolare analogia: oggi che si parla di popoli e di populismi, capire che cosa significhi un popolo umiliato, offeso, terrorizzato aiuta a distinguere il senso profondo della Storia dalle improvvise e spesso effimere folate propagandistiche. E poi c'è Roma, i suoi quartieri popolari, in balia degli eventi bellici, in cui la forza della sopravvivenza è l'elemento della coesione: dal bombardamento della Città Aperta al rastrellamento e la deportazione degli ebrei del ghetto, fino alla resistenza e alle rivolte per il pane. Un grande affresco corale che non rinuncia al profilo psicologico dei personaggi. Leggere "La Storia" aiuta a capire la Storia.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
11 / 11 utenti hanno trovato utile questo commento25/04/2018
Per la Festa del 25 aprile, un romanzo
L'incipit "Un giorno di gennaio dell'anno 1941" ci porta a Roma nel quartiere San Lorenzo, dove un soldato tedesco in procinto di partire per l'Africa si sbronza e violenta una donna che rientrava a casa dalla spesa. Ida è mezza ebrea, maestra elemendare, vedova con un figlio bullo, Nino. Aiutata da una levatrice ebrea, mise così al mondo Useppe, un fagottino dagli occhi color del cielo, "protetto da Santa Pupa" come si diceva allora. La storia collettiva, la Storia, comprende la durata della seconda guerra mondiale, la Liberazione del 25 aprile 1945 e arriva fino a due anni dopo la fine del conflitto. Si dispiega nella geografia, che è fatta anche di altri quartieri poveri di Roma :l Ghetto, viale Ostiense, Porta Portese. E passa attraverso la storia privata, le vicende di Ida, Nino e Useppe dal quel gennaio del 1941 al un lunedì di fine giugno 1947, quando un trafiletto di un quotidiano romano riferisce un drammatico fatto di cronaca avvenuto in una casa di Testaccio. Questo corposo romanzo del 1974 è l'ultimo scritto da Elsa Morante e la sua opera più conosciuta e discussa. Buona lettura.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato