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4 / 5 utenti hanno trovato utile questo commento05/02/2023
Da non perdere
Clara Usòn ha scritto un romanzo a mio parere superlativo. Con un eloquio coinvolgente e affascinante ci racconta la grande tragedia collettiva della disintegrazione dei Balcani, sviluppando un romanzo potente in cui mantiene in perfetto equilibrio la realtà storica e la creatività letteraria. La figlia, di cui il titolo, è Ana Mladic, figlia di quel Ratko, il boia dei Balcani nonché autore della strage di Srebenica. Lei è una ragazza estroversa, brillante studentessa di medicina, la cui aspirazione è diventare chirurgo. Ha un rapporto molto stretto con il padre, un rapporto di affetto profondo reciproco; lei nutre una devozione totale verso quel padre che, a sua volta, stravede per lei, tanto da chiamarla “figlio” (un modo per dire: ti voglio talmente bene che ti elevo a maschio). Ana non è consapevole di chi sia veramente quell’uomo, chi si nasconde dietro alla maschera di padre amorevole e premuroso: un mostro, capace dei crimini più efferati, diventato famoso per la sua ferocia inaudita, ossessionato da deliri nazionalistici (vedeva la guerra bosniaca come modo di vendicarsi verso cinquecento anni di dominio turco-ottomana in Serbia). Durante una vacanza a Mosca in compagnia di amici, Ana casualmente scoprirà la vera natura dell’adorato padre: non un eroe come lei pensava, bensì un pazzo criminale, psicopatico, uomo senza scrupoli dedito al genocidio. Torna a casa completamente sconvolta, nulla è più come prima: non riesce più a studiare né a frequentare gli amici di sempre. La sua esistenza è sconvolta e il 24 Marzo del 1994 deciderà di porre fine alla sua vita con un colpo di pistola, quella Zastava che, secondo il padre, avrebbe dovuto essere usata per festeggiare la nascita dei figli di Ana, i nipoti di Mladic. Forse voleva indirizzare un messaggio implicito: “io devo morire perché altri vivano, perché tu comprenda il tuo errore e la tua follia e setta di uccidere, e la finisca con questa guerra”. E’ successo il contrario: la selvaggia carneficina di Srebrenica nel 1995. La Usòn, scrutando in profondità nella follia del male, racconta con pagine toccanti e coinvolgenti l’orrore dei nazionalismi, quanto questi possano ottenebrare le menti; quanto orrore e dolore possono essere sparsi in nome della patriottismo. La nazione, la patria, la superiorità etnica: in nome di tutto questo si è compiuto tutto il male del mondo, anzi, si continua ancora oggi a reiterare con la stessa crudeltà e follia. Perché la guerra è sempre folle. Queste due citazioni ne sono una testimonianza: “Il nazionalismo è assurdo - sosteneva Danilo — sentirsi orgogliosi di essere serbi e non sloveni è idiota almeno quanto essere felici di vivere in un appartamento del quinto piano scala A piuttosto che al secondo scala B. Dove nasci, a che razza appartieni , è solo un caso, come essere biondo o moro e portare la quarantaquattro o la quarantadue.” “Il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie; l’insensata convinzione che il tuo paese sia superiore a tutti gli altri perché tu ci sei nato.” E’ bellissimo questo romanzo, mi ha appassionato ed emozionato profondamente; inoltre mi ha fornito spunti di riflessioni e chiarimenti sulla complessa storia dei Balcani, sulle radici delle diverse etnie e sulle conseguenze del disgregamento dell’ex Jugoslavia. Inoltre l’autrice ci riporta anche le mitiche gesta del fondatore della Serbia, il principe serbo Lazac, nella battaglia di Kosovo Polje del 1389. Lettura assolutamente consigliata.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
1 / 5 utenti hanno trovato utile questo commento18/12/2022
ATROCE
L'ho trovato all'inizio piuttosto faticoso e pesante con il finale tragico, la fratellanza e poi l'odio assurdità della soluzione con la pulizia etnica, pur comprendendone le ragioni atroci e la desolazione e lo sconforto della situazione ho trovato il gesto del suicidio, un gesto estremo complicando ed acuendo il conflitto con l’0perazione “stella” portando alla morte circa ottomila civili bosniaci. Se da una parte la passione della conoscenza e dello studio atto a salvare la salute degli esseri umani dall’altra l’arbitrio con la distruzione di massa, il concetto dei nazionalismi come unica soluzione, la pulizia etnica una consapevolezza scellerata, l’esaltazione e la pazzia che pone alla berlina tanti altri innocenti a pagare il conto salato con la propria vita [Giuseppe BdRBa]Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
0 / 10 utenti hanno trovato utile questo commento05/10/2022
Tra saggio storico e romanzo
Una storia vera che mescola realtà e finzione, protagonista di questo romanzo/ saggio storico è la figlia del boia dei Balcani, Ana Mladic, a soli 23 anni si suicida dopo aver scoperto chi era veramente il padre. Romanzo abbastanza faticoso da completare, con uno stile di scrittura abbastanza lento e confusionario. Complice della difficoltà di lettura anche il susseguirsi di due linee narrative: quella storica e quella della protagonista Ana, la cui storia finisce un po’ in secondo piano. [Vanessa BdRBa]Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
6 / 6 utenti hanno trovato utile questo commento16/08/2022
Doloroso
Un bel romanzo che racconta in modo plausibile la scoperta da parte di Ana Mladic dei crimini commessi dal padre, da lei sempre considerato un eroe e un padre affettuoso. I capitoli della presa di coscienza di Ana si alternano a capitoli di ricostruzione storica. I personaggi sono ben caratterizzatti come pure il contesto storico. Colpisce, in un momento storico in cui c'è di nuovo una guerra in Europa, il ruolo centrale della disinformazione, le famose "false notizie di guerra" di Marc Bloch. [Emanuela BdrBa]Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
8 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento24/03/2021
Libro dolorosamente coinvolgente
Clara Uson ha scritto un romanzo storico con una narrazione affascinante, coinvolgente, dai ritmi ben calibrati fra la parte più romanzata e quella più propriamente storica. Ci conduce tra i meandri delle guerre balcaniche parallelamente alla vicenda privata della protagonista Ana Mladich. Ci fa partecipare al suo travaglio interiore che, dapprima sotto traccia, si insinua nella sua coscienza fino ad esplodere. Da ammiratrice assoluta e incrollabile di un padre affettuoso che la chiamava “figliolo” e le insegnava a pulire e oliare le armi (in particolare la Zastava che doveva servire a sparare a salve per un evento importante come la nascita di un nipotino), alla consapevolezza della vera identità di un uomo bipolare, bugiardo, responsabile di massacri indicibili che culminano con la strage di Srebrenika, dopo il suicidio della figlia adorata. “Se la Jugoslavia non si fosse sfaldata, se i croati non si fossero ostinati a voler essere indipendenti, se Milozevich non fosse mai stato il presidente della Serbia, se Karadgich non avesse creato quella stupida Republika Srpska, suo padre non l'avrebbe tradita”. La Uson descrive bene il dramma dell’assurdità delle guerre balcaniche, la paranoia individuale e collettiva di un nazionalismo spinto al limite, dove non ci sono verità, il bene e il male sono semplici categorie, dove gli amici di un tempo, gli ex compagni di lavoro, gli ex vicini di casa diventano improvvisamente nemici da distruggere come scarafaggi. Che senso ha fondare il nazionalismo congelandolo a un preciso momento della storia, quando le trasformazioni sociali, politiche e religiose hanno formato una civiltà diversa? In nome del patriottismo si propaga l’odio che, come un virus, infetta rapidamente tutti e l’umano si trasforma in orrore. E, in una mano l’AK-47 e nell’altra una bottiglia di rakija, i soldati costretti al fronte compiono ogni sorta di nefandezze contro i loro stessi congiunti solo perché di etnie diverse (in Bosnia c’era il 40% di matrimoni misti fra croati, serbi, musulmani e cristiani). “La vittima impara dall’aguzzino e, non appena smette di esserlo, lo imita”Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
18 / 18 utenti hanno trovato utile questo commento02/09/2020
Libro struggente
Il libro affronta il difficile tema della guerra nei Balcani. Lo fa con tre piani di lettura, che corrono paralleli, ma non sempre, in alcuni punti si incrociano. Un primo piano è quello epico, del mito fondatore della Serbia, con le gesta del principe serbo Lazac, che venne fatto prigioniero nella battaglia di Cossovo, e morì per le ferite riportate. Venne santificato, e, anche se gli storici hanno poi ridimensionato la sua figura, divenne un santo, ispiratore di canti e ballate (fin qui poco male) ma anche una figura mitica del nazionalismo più becero. Il secondo piano è quello del racconto dettagliato delle vicende moderne, quelle che a partire dalla Prima Guerra Mondiale hanno insanguinato la sponda orientale dell'Adriatico, e le regioni interne. La Croazia con Ante Pavelic e gli ustascia, la Serbia governata da un regime legato alla Germania nazista, poi la Yugoslavia di Tito, e infine la sua frammentazione in repubbliche indipendenti, le guerre, la Bosnia, il Kosovo, le stragi di civili. Il terzo filone narrativo è quello che riguarda direttamente la figlia del generale Ratko Mladic, che è cresciuta con un rapporto molto forte con il padre, ma anche nella totale ignoranza delle sue terribili azioni. Ana studia medicina, è una ragazza come tante, che negli anni '90 frequenta l'università con buoni risultati, sogna un futuro da chirurgo, vorrebbe diventare una chirurga di guerra, per stare vicina al padre, che adora. Fa un viaggio a Mosca, con un gruppo di amici e compagni di corso, e una sera conosce un fotografo russo, e, tramite lui, un fotoreporter canadese e una ragazza di Sarajevo, vittima della guerra, che ha visto morire davanti ai suoi occhi i propri genitori. Le si squarcia il velo che per tanti anni la ha avvolta, impedendole di capire cosa stava succedendo veramente, a poca distanza da sé e chi fosse realmente suo padre, e si rende anche conto che quelli che credeva suoi amici sapevano, ma con lei non avevano mai detto nulla, per paura e vergogna. E' uno choc terribile, che la porta a usare contro di sé la pistola preferita dal padre, quella con la quale avrebbe dovuto sparare solo alla nascita dei nipotini, e ad ammazzarsi nel marzo del 1994. Naturalmente questa tragedia non impedisce al padre di diventare, l'anno successivo, il boia di Srebrenica, anzi, forse la consapevolezza di non avere più un futuro con la figlia tanto amata ha finito pure per accentuare la crudeltà e la sua follia omicida. Clara Uson riesce ad affrontare temi così difficili con grande sensibilità e leggerezza, scavando nell'orrore, ma senza mai caderci dentro. Il risultato è un libro scritto benissimo, che riesce a bilanciare perfettamente la storia personale della protagonista con la storia del suo paese. Un libro davvero bello: una piccola storia privata, saldamente intrecciata con la Storia con la S maiuscola. Leggetelo.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
9 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento05/04/2019Bellissimo libro. Quella del titolo è Ana la "figlia" di Ratko Mladic il generale serbo autore della strage di Srebenica. Ana, figlia amatissima, si suicidò a 23 anni probabilmente per il dolore di aver scoperto il vero volto del padre, a lei nascosto per lungo tempo. Il libro frutto di anni di ricerche unisce in modo magistrale la storia con la narrazione quotidiana, con una prosa che è stata paragonata addirittura a Cechov. Da non perdere la bellezza "letteraria" dell'Epilogo.Hai trovato utile questo commento?
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