Ana è estroversa, allegra, brillante, amata dagli amici e la migliore alunna del corso di medicina a Belgrado. E' l'orgoglio di suo padre, il generale Ratko Mladic, che lei ricambia con devozione. Un viaggio a Mosca è l'occasione per passare alcuni giorni in giro per una grande città e col solo pensiero di divertirsi.
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Eppure, al ritorno, Ana è cambiata: è divenuta triste, taciturna e, una notte, afferra quella pistola che suo padre detiene con particolare cura e prende la decisione definitiva. Ha solo ventitré anni Ana. Ccosa è successo a Mosca tra i corteggiamenti e le feste in compagnia degli amici più cari? Nelle allusioni e nelle accuse dirette, Ana ha intravisto nel padre anche un'altra figura, spaventosa, e quell'uomo che per lei è un genitore premuroso ed un eroe, per tutti gli altri è un criminale, responsabile dei maggiori eccidi del dopoguerra: l'assedio di Sarajevo, la pulizia etnica in Bosnia, il massacro di Srebrenica, i crimini che lo porteranno ad essere accusato di genocidio in un processo che, dopo lunga latitanza, ebbe inizio nel maggio 2012. Pochi casi, come quello di Ana, rivelano in profondità la condizione di perdita dell'innocenza, individuale ma al tempo stesso collettiva.