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Io sono il potere : confessioni di un capo di gabinetto

saggi Giangiacomo Feltrinelli Editore 2020

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Chi muove i fili della politica italiana? Quali scambi si fanno, ogni giorno, nei ministeri? Su quali soluzioni al limite della legge si fonda la ragion di Stato? Un capo di gabinetto svela dall'interno le regole non dette e i segreti inconfessati dei palazzi del potere. "Ogni tanto qualcuno mi chiede che mestiere faccio. Non ho ancora trovato una risposta. [...]
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    24/07/2021
      

    La cucina del potere politico

    Le "confessioni" dell'anonimo capo di gabinetto sono un'opera ibrida, a cavallo tra il saggio, l'autobiografia e l'aneddotica politica, da cui traspare ad un tempo orgoglio e disagio. Un capo di gabinetto è, da un lato, un "consigliere del principe" e, dall'altro, il punto di contatto tra vertice politico e apparato amministrativo. Ne consegue che è tra principali depositari dei retroscena del potere politico, specie se ha svolto questo incarico ripetutamente e con ministri di diversa estrazione partitica. Il libro ripercorre tutte le tappe dell'esperienza di un capo di gabinetto: l'azione promozionale per farsi nominare, i primi contatti con i vertici amministrativi del ministero di destinazione, la difficile scelta dei collaboratori, la complicata attività quotidiana, il supporto fornito in occasione del Consiglio dei ministri, l'azione svolta in occasione della formazione delle leggi, dei decreti legge ed, in particolare, della legge finanziaria, nonché la vita sociale per coltivare i propri contatti. Questa trama offre lo spunto per raccontare episodi inediti ed emblematici che evidenziano vizi e virtù dei maggiori politici ed alti burocrati italiani degli ultimi dieci anni, con interessanti confronti con le esperienze del passato. Il libro è scritto con indubbio talento narrativo, sottile ironia ed una notevole dose di cinismo. Il prologo, ad esempio, è un capolavoro degno di un affermato autore satirico, mentre i capitoli più impressionanti per la loro crudezza sono quelli sulla formazione delle leggi. Le confessioni, tuttavia, sono parziali perché l'anonimo capo di gabinetto non spiega le ragioni profonde che lo hanno spinto a ricercare questo incarico, nonostante la sua complessità, le lunghe giornate lavorative ed il limitato livello retributivo. In conclusione appare opportuna un'avvertenza: se la cucina del potere politico non è pulitissima, quella di altri centri di potere, come il mondo imprenditoriale, non è migliore. Al riguardo, sarebbe interessante leggere le confessioni di un anonimo amministratore delegato di una grande impresa, magari di una multinazionale.
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  • 4 / 4 utenti hanno trovato utile questo commento
    08/02/2021
      

    la prassi

    La realtà quotidiana delle istituzioni politiche e amministrative non è dettata dalle norme, costituzionali od ordinarie, che le hanno fatte nascere o ne regolano le attività. No, è il regno della "prassi". La prassi è il lubrificante che fa andare avanti l'ingranaggio. Il libro di cui stiamo parlando è un impietoso sguardo sulla prassi. Ci dice cosa ch'è dietro un governo che si insedia, dietro l'iter di una legge, dietro i procedimenti della giustizia amministrativa. Ci sono reti di uomini, che "fanno" e soprattutto "aggiustano", "adeguano". Ogni giorno, molte sere. In ufficio o nelle occasioni mondane. Sono cose che chiunque abbia lavorato in un Ministero sa. Ma nessuno fino a oggi aveva dato un resoconto così dettagliato. Gli storici del 2050 ne faranno una fonte per i loro studi sulla "decadenza italiana tra XX e XXI secolo". Peccato che l'autore non si sia svelato. Ma attenzione: leggendo bene al nome di questo capo di gabinetto si può arrivare...
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    Dario Tramacere

    03/02/2021
      

    Così è se vi pare

    “Ogni tanto qualcuno mi chiede che mestiere faccio. Non ho ancora trovato una risposta. La verità è che una risposta non esiste. Io non faccio qualcosa. Io sono qualcosa. Io sono il volto invisibile del potere. Io sono il capo di gabinetto”. Un esordio intelligente per un libro davvero interessante. Mi permetto di far notare subito una latente dicotomia presente nella frase citata e, più in generale, nello sviluppo del libro: l’associazione ma, per ciò stesso, la distinzione fra «l’Io» e il «potere». Il potere deve incarnarsi in qualcuno (o in «qualcosa» a disposizione di qualcuno); ma, allo stesso tempo, il potere è estraneo (extraneus) rispetto a chiunque. Il libro è una «confessione», come recita il sottotitolo; in pratica, una narrazione della tipica (frenetica) attività di un navigato capo di gabinetto e, conseguentemente, del mondo che attorno a lui ruota. Inevitabilmente, la narrazione è ricca di episodi e citazioni, mentre presenta, al contempo, una lunga galleria di personaggi che, in vario modo, sono o sono stati accostati al potere. Fra tutti spicca la figura di Gianni Letta, cui è stato dedicato uno specifico capitolo perché “Gianni Letta è il vero e unico erede di Giulio Andreotti […] Lo ha certificato Paolo Cirino Pomicino, custode dell’ortodossia andreottiana”. Il primo dovere di un capo di gabinetto è chiarissimo: “Il ministro va protetto. Anche da se stesso”. E per far questo è necessario che il capo di gabinetto crei una squadra agguerritissima ed affermi da subito la propria indiscussa leadership. Di particolare interesse i capitoli destinati alla formazione delle leggi, attività un tempo di preminente competenza del Parlamento ma ormai quasi demandata al Governo con i decreti legge: “ Non c’è istituto costituzionale che non sia stato più abusato. I decreti legge sono il bordello della Repubblica”. E comunque “le leggi non si fanno com’è scolpito in Costituzione. Le leggi non si fanno com’è scritto nei regolamenti parlamentari … Le leggi si fanno per favorire, garantire, promuovere, comporre interessi”. Utilissimo, allora, aver tessuto una fitta rete di relazioni e conoscenze; per ottenere il consenso o, al contrario, per garantirsi un robusto scudo ostruzionistico (per il quale contempla tutte le possibili «soluzioni» non parlamentari), sempre in ossequio ai desiderata del ministro. E fra le oltre duecentomila leggi italiane, una sola è indispensabile: la Finanziaria “è la legge delle leggi”, dove poter inserire di tutto: “i progressi più nobili e le schifezze più abiette”. Naturalmente, “non esiste un albo dei capi di gabinetto, ma ciò non vuol dire che chiunque possa diventarlo”; di sicuro, però, è indispensabile (salvo rare e, in genere, non fortunate eccezioni) aver prestato lungo e proficuo servizio presso le maggiori Istituzioni del Paese, a cominciare dalla Corte dei Conti (preminente luogo di provenienza). Perchè “noi capi di gabinetto non siamo una classe. Siamo un clero. Una cinquantina di persone che tengono in piedi l’Italia, muovendone i fili dietro le quinte. I politici passano, noi restiamo. Siamo la continuità, lo scheletro sottile e resiliente di uno Stato fragile, flaccido, storpio fin dalla nascita. Chierici di un sapere iniziatico che non è solo dottrina, ma soprattutto prassi […] La legittimazione del nostro potere non sono il sangue, i voti, i ricatti, il servilismo. È l’autorevolezza. Che ci rende detestati, ma anche indispensabili. Noi non siamo rottamabili. Chi ha provato a fare a meno di noi è durato poco. E s’è fatto male. Piccoli, velleitari, patetici leader politici. Credono che la storia cominci con loro. Invece io ero qui prima che nascessero. Io sono qui dai tempi di Crispi”. E dunque “non siamo insostituibili perché siamo i migliori. Al contrario, siamo i migliori in quanto insostituibili”. Chiude il volume, in appendice, un utile glossario in cui l’autore spiega, con concetti propri, natura e funzioni delle istituzioni e delle figure istituzionali più volte richiamate.
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