Il romanzo è ispirato alla vita di Said Sultanpur, poeta di spicco della rivoluzione iraniana, giustiziato nel 1981.
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Sultan Farahangi, cineasta iraniano, rifugiato in una fattoria della campagna olandese, va ai suoi ricordi per riannodare i fili dell'esistenza: un viaggio nella memoria che porta nell'antica città di Arak, divisa fra tradizioni secolari e modernizzazione forzata a stelle e strisce, con cui lo scià importò, nel secondo dopoguerra, gomma da masticare e mondo del cinema. Figlio di una nobile famiglia di commercianti di zafferano, cresciuto in un castello fiabesco tra gli spiriti tutelari del nonno, lotte femministe della cugina Akram jun e amicizia del feroce bandito Hushang Braccio Mozzo, il protagonista comincia a osservare il mondo col cannocchiale dell'alta torre dove si rifugia. Scopre così la propria vocazione che lo condurrà alla scuola di cinema di Teheran, poi a intrecciare il suo destino con quello della regina Farah Diba e dell'ayatollah Khomeini, a interrogarsi sulla libertà dell'arte e l'etica del sacrificio per una causa, a subire il carcere politico e trovare via di fuga in Europa. Tra realtà, mito, fiaba orientale e poesia, l'A. rievoca l'antica Persia, i mutamenti che l'hanno travolta e offre un romanzo che è un viaggio interiore alla ricerca di sé, delle proprie radici di uomo ed artista, migrante d'eccezione sui sentieri della vita.