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30/06/2020
Un sottile gioco di equilibri
Gigi Paoli è riuscito a creare un personaggio a lui speculare (giornalista di cronaca giudiziaria che vive a Firenze insieme alla figlia adolescente) che riesce a contemperare la serietà e la normalità del lavoro con la giusta dose di intraprendenza; senza mai andare fuori dalle righe e volersi ammantare di capacità straordinarie, addirittura superiori a quelle degli investigatori. Il romanzo, da questo punto di vista, è ben impostato e ben riuscito anche per il rispetto dei ruoli ed il giusto spazio lasciato ai vari protagonisti; tanto più che ci sono interi capitoli in cui Marchi non compare e la «voce narrante» appartiene ad altri, in primis al sovrintendente capo Rindi. La storia, partita apparentemente in sordina, diviene sempre più complessa (com’è lecito attendersi) proprio col proseguire delle indagini, che porteranno ad unificare i filoni investigativi. Il tutto nella cornice dell’amata Firenze, dipinta in chiaroscuro: perché, nelle parole del protagonista, é “la città più bella del mondo” ma è anche “la città delle ombre […] dove niente era mai come ti sembrava”. Insomma, un romanzo gradevole che si lascia apprezzare anche per la piacevole prosa, a tratti pure divertente.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato