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Il pastore d'Islanda

Gunnar Gunnarsson

Iperborea <casa editrice> 2016

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Il Natale può essere festeggiato in tanti modi, ma Benedikt ne ha uno tutto suo: ogni anno la prima domenica d’Avvento si mette in cammino per portare in salvo le pecore smarrite tra i monti, sfuggite ai raduni autunnali delle greggi. [...]
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  • 1 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento

    Iacopo Montagni

    26/02/2023   

    bibliochimera 02

    Il pastore d’Islanda lo hanno definito il “Canto di Natale” islandese. Questo perché il protagonista, il pastore Benedikt, durante il periodo dell’avvento, quindi poco prima della vigilia di Natale, ha come tradizione ormai ventennale di avventurarsi nelle fredde e gelide montagne islandesi, per recuperare le pecore sperdute nella bufera. Tutto in questo racconto ha il sapore della metafora esistenziale: dalla semplice immagine del pastore che salva le pecorelle smarrite, alla ben più profonda consapevolezza dei limiti umani. Gunnar ci propone un uomo tenace, altruista, che mira all’essenza delle cose. La vita è fatta di dettagli, di piccoli atti e di piccole condivisioni. È un inno alla lentezza e alla riflessione, alla riscoperta della solitudine come valore esistenziale. Benedikt, il suo cane Leò e il suo montone Roccia vengono chiamati la santissima Trinità “Forse non sono così insignificanti come sembrano? Forse appartengono a un ordine delle cose e sono indispensabili? Su di loro passa la notte.” Non lasciatevi ingannare non è un racconto religioso, ma un invito a tornare a riflettere, a non smettere di pensare e la montagna non poteva non essere lo sfondo di questa meravigliosa avventura.
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  • 28 / 28 utenti hanno trovato utile questo commento

    Beatrice Ferlito

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    18/11/2018
      

    Considerato “Il Canto di Natale” del nord Europa, ispiratore de “Il vecchio e il mare” di Hemingway, questo racconto rappresenta un classico della prolifica produzione letteraria nordica. Pubblicato nel 1936 e tradotto in italiano nel 2016, è il primo libro di autore islandese che mi capita di leggere. Approdo a questo romanzo per curiosità verso una scrittura mai esplorata e resto affascinata dalla descrizione vivida di quell’isola lunare in cui la notte domina sul giorno e di cui alture, crateri, tempeste di neve rappresentano la potenza e la minacciosità di una natura da assecondare. E' la storia di un breve viaggio tra le montagne innevate di tre amici inseparabili: il pastore Benedikt, il cane Leò ed il montone Roccia. Scopo del viaggio, che viene compiuto ogni anno, da ventisette anni, nel periodo dell'Avvento, è di recuperare le pecore altrui, smarrite tra i ghiacci al ritorno dal pascolo estivo. Uno scopo semplice che il pastore persegue come una missione e pertanto, a dispetto delle condizioni climatiche, ritiene quel viaggio inevitabile. Il racconto, di chiara ispirazione cristiana, conserva comunque un valore simbolico universale: soccorrere un essere vivente che si è perduto, e che rischia di morire abbandonato, va a definire un cerchio di comunanza che unisce uomini ed animali in un sodalizio di intenti. In un’atmosfera quasi magica si percepisce una umanità solida, ancorata alle tradizioni ed ai principi del bene. Il pastore si pone nella condizione di accoglimento nei confronti della vita, ben sapendo che solo dal rapporto di profondo rispetto per la natura l’esistenza umana acquista significato. E’ tenero il suo personaggio che nel piccolo mondo di cui è partecipe ha trovato la sua completezza ed il suo scopo. “L’Avvento!...Certo non sapeva che cosa significasse, ma c’era in ogni caso l’attesa, la speranza, la preparazione…Negli anni quella parola era arrivata a racchiudere tutta la sua vita. Perché cos’era la sua vita, la vita degli uomini sulla terra, se non un servizio imperfetto che tuttavia è sostenuto dall’attesa, dalla speranza, dalla preparazione?” (cit.) In questo breve romanzo Benedikt esprime le sue profonde riflessioni sul valore della vita, sul significato della morte, sul rapporto tra l’uomo e Dio, sul cammino di riconciliazione che termina col compimento di quel progetto che lo rende parte integrante di un ordine universale in cui è creatura e creatore al tempo stesso. A parte la lettura in chiave religiosa, il libro si presta a letture su più livelli: trovo che il senso sia nella ciclicità della vita e della morte, non solo nella loro manifestazione materiale ma soprattutto in quella spirituale e che riguarda tutti nell’affrontare cambiamenti, nel chiudere capitoli e nell’aprirne altri, nel risalire la china, nel ritrovare sé stessi. Per fare ciò è necessario rallentare od anche fermarsi, risparmiare le forze ed usarle per nobilitare la propria esistenza. Tra la neve il pastore va a morire momentaneamente. Scompare in un percorso di rigenerazione e di pulizia per ritornare tra gli uomini con un obiettivo raggiunto e con qualcosa in più dentro di sé. Il periodo dell’Avvento lo ha preparato alla sua personale nuova nascita. Apprezzabile anche la postfazione di Jon Kalman Stefansson. Il romanzo è poetico, evocativo, pacificante. Da leggere.
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  • 4 / 6 utenti hanno trovato utile questo commento
    02/02/2018   

    Ritmo lento ma stimola la ricerca di un significato

    All'inizio ho fatto un po' fatica a farmi coinvolgere dal libro. Alla fine però mi sono ritrovata a fare un parallelo tra la ricerca del protagonista e la mia ricerca personale.
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