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Il lupo della steppa

Hesse, Hermann

Arnoldo Mondadori <casa editrice> 2006

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Il lupo della steppa (Der Steppenwolf, 1927) è un romanzo dello scrittore tedesco-svizzero Herman Hesse. Combina elementi autobiografici e fantastici, e riflette il momento di profonda crisi vissuto dall'autore negli anni '20. Steppenwolf rappresenta al contempo un atto d'accusa al mondo borghese, visto da Hesse come una struttura ipocrita, chiusa, e limitante la libertà dello spirito.
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  • 3 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento

    Beatrice Ferlito

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    22/02/2019
      

    L'assurdo gioco della vita

    Leggere i classici è sempre un’esperienza rigenerante per la mente ed andrebbe ripetuta nel corso della nostra attività di lettori. Rappresentano le fondamenta sulle quali dall’età giovanile abbiamo cominciato ad edificare le nostre costruzioni mentali, culturali ed in buona sostanza l’intera nostra persona. Leggere o rileggere un classico in età matura è come compiere un giro di ricognizione dal quale ricaviamo qualche indicazione nuova che va a definire ulteriormente la nostra essenza più profonda. Nel libro di Hesse riusciamo a calarci nel personaggio principale e ravvisare le sfumature della sua inquietudine, perché tutti noi, in una qualche fase della nostra vita, ci siamo sentiti dissonanti, multipli, antitetici. Attraverso i tormenti del protagonista, l’autore si inoltra nell’insondabile della psiche umana: quanto di più intricato e sfuggente. Il libro ci parla del dualismo di Harry Haller costretto dalle regole sociali a rispettare schemi di comportamento e di pensiero, mentre prepotente è in lui il richiamo ad una vita in totale autonomia che assecondi gli istinti e riporti alla condizione originale di esseri liberi. Questa natura animalesca, che vorrebbe mettere in discussione il senso stesso dell’esistenza, altro non fa che isolare in una prigione in cui è progressivamente perduta ogni possibilità di crescita ulteriore. L’autore ci pone di fronte al dilemma di cosa sia meglio, se cedere al conformismo o chiudersi nell’austerità di un giudizio critico. Una scelta difficile considerato che in un caso e nell’altro c’è il rischio di essere contraddetti da una realtà variegata che non consente di assumere una posizione netta. Il protagonista vive una profonda crisi interiore che lo porta a maturare idee suicide finché l’incontro con una giovane donna non lo riporta alla vita compiendo un’opera di riallineamento tra il suo mondo interno e quello esterno. “Non capisci signor scienziato? Non capisci che ti piaccio e conto qualcosa per te perché ti faccio come da specchio, perché in me c’è qualcosa che ti risponde e ti comprende?” (cit.) Quando incidentalmente incontriamo qualcuno che, come uno specchio, ci rimanda chiara e nitida la nostra immagine è inevitabile che si rivaluti la visione che abbiamo di noi stessi e degli altri. “Lei deve ridere e imparare a vivere. Deve imparare ad ascoltare questa maledetta musica della radio della vita, deve rispettare lo spirito che vi si cela e ridere di questo strimpellio. Altro non è richiesto” (cit.) Il sentiero verso la felicità non è poi così impervio: basta smettere di affliggersi e lasciare che la vita ci coinvolga. Un libro di spessore che fa riflettere sul complesso modo delle relazioni e sulla fragilità dell’essere umano, sull’effetto uniformante del materialismo e sulla valorizzazione spirituale che rende agli uomini una distinguibile unicità. La storia di un percorso di rinascita favorito proprio da quella natura lupina dissenziente pronta a risvegliare il lato dormiente della coscienza. Lettura naturalmente consigliata.
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