Dai libri bruciati insieme ai loro autori nella Cina del III secolo avanti Cristo, fino a Ipazia, massacrata per la sua femminile saggezza. Dal libro sulla commedia di Aristotele ai volumi distrutti nel 642 nella biblioteca di Alessandria. Dal «falò delle vanità» promosso a Firenze nel 1497 da Girolamo Savonarola ai manoscritti maya bruciati dalla Santa Inquisizione.
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Dall'Index Librorum Prohibitorum del 1559 alla condanna per oscenità del Marchese de Sade, fino ai «Bücherverbrennungen» dei nazisti per poi arrivare a "Lolita" di Nabokov, ai "Ragazzi di vita" di Pasolini e perfino a "Winnie the Pooh" di Milne. E ancora Henry Miller, Jack Kerouac, Louis-Ferdinand Céline e molti altri autori, indicati nel tempo e nelle sue imprevedibili pieghe di volta in volta come «proibiti». Da sempre il potere considera i libri una delle armi più pericolose ed eversive per l'ordine costituito, per la morale, per il rispetto delle regole. La censura, ma anche semplicemente l'etica pubblica, la politica, e soprattutto la Chiesa e le varie dittature in ogni luogo del pianeta hanno deciso o tentato di decidere lungo la storia cosa la gente doveva o non doveva leggere. Perché i libri sono senza alcun dubbio uno degli elementi che costituiscono la libertà degli esseri umani.