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3 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento07/02/2022
Scommesse
Mi imbatto in Dürrenmatt per la prima volta con questo racconto poliziesco che scardina i soliti schemi del romanzo giallo. Devo dire che all'inizio non mi stava convincendo molto, e invece dalla comparsa di Gastmann mi ha stregato. La scoperta dell'antica promessa tra lui e l'ispettore Bärlach mi ha fatto riflettere più profondamente sulla geometria che vuol far emergere Dürrenmatt, su due opposte fazioni che si compenetrano e si mescolano armoniosamente. Questo è il lato che mi ha affascinato maggiormente del racconto e che mi farà proseguire la scoperta di questo autore. Anche il finale, che ospita la risoluzione del caso vera e propria, è molto ben costruita, nulla lasciato al caso. Un bel poliziesco!Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
2 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento13/06/2021
Il confine della giustizia
Quando si affronta il problema della possibile dicotomia tra la legge degli uomini (il diritto positivo, diremmo oggi) e le leggi divine (quelle che sono al di sopra dell’uomo), si è soliti citare la figura di Antigone. Quando, in un contesto letterario (poliziesco, in particolare), si teorizza la possibile dicotomia fra etica e giustizia spesso si porta ad esempio questo giallo di Dürrenmatt. La domanda fondamentale recita così: «È giusto oppure no incolpare per esempio qualcuno per un crimine che non ha commesso, quando nella realtà ne ha commesso uno che è rimasto irrisolto?». Esattamente questo chiede il PM Evangelisti al vicequestore Nigra, citando il romanzo di Dürrenmatt, mentre sono intenti a risolvere il caso che anima Nuvole Barocche (con cui la serie incentrata sulle indagini di Paolo Nigra ha inizio). Per precisare i termini del problema, Evangelisti porta il famoso caso di Al Capone: «Capone fu processato e condannato per evasione fiscale. Eppure per la giustizia, per l’etica, per la Storia, quello non era affatto un caso di evasione. Era chiaro a tutti che non si stava mettendo sotto accusa un frodatore fiscale. Ora lei supponga che Capone non avesse frodato il fisco, ma che lo si potesse comunque inchiodare per quello. Lei lo avrebbe fatto? È questa la domanda che pone Dürrenmatt: sapendolo colpevole di crimini ben più gravi, lo avrebbe condannato per qualcosa di cui era innocente?». C’è un motivo preciso se lascio al personaggio di Ronco e Paolacci il compito di argomentare la tesi. Un debito di riconoscenza, diciamo così: perché confesso di non aver mai colto in precedenza, per usare sempre le parole di Evangelisti, che questo ««… è un romanzo fondamentale per capire la tematica principale di Dürrenmatt, quella dello Zufall. Il Caso. […] Il Caso, non nel senso di indagine. Il Caso nel senso della casualità. Secondo Dürrenmatt, a dominare il destino degli uomini non ci può essere altro che il caos […] Il crimine, per Dürrenmatt, è in un certo senso poco più di un esempio. Ma è l’esempio perfetto […] Nel giallo, l’omicidio mette in moto la narrazione perché si presenta come un’anomalia, una falla da tappare, uno squilibrio da risolvere […] Nel giallo, il compito dell’investigatore è trovare l’assassino in modo da ristabilire un presunto ordine di partenza. Ma Dürrenmatt fa notare che la realtà non funziona così. La vita reale è un insieme di episodi casuali privi di ordine. La realtà è dominata dal caos, dice, e ogni elemento, ogni indizio, ogni dettaglio su cui un investigatore può basare il suo lavoro, in realtà è totalmente fuori controllo. E qui entra in ballo il problema della giustizia […] Quello ad Al Capone fu un processo storico, epocale, proprio perché alla sbarra c’era il nemico pubblico numero uno, e questo lo sapevano tutti. Non importava per quali ragioni giuridiche fosse lì: di fatto, si stava giudicando un pluriomicida e trafficante […] Il fatto è che la verità e la giustizia umana non vanno quasi mai di pari passo, e riuscire a risolvere o meno un caso è anche ein spiel des zufalls: un capriccio del caso». Impossibile da parte mia pensare di poter aggiungere contenuti significativi a questa brillante dissertazione (proposta solo in parte). Al più, nel ricordare che da questo romanzo la RAI trasse nel 1972 uno sceneggiato in due puntate (con un cast straordinario), mi piace sottolineare che il medesimo dilemma fu affrontato, con autonoma sceneggiatura, da Dino Risi nel suo famoso film In Nome Del Popolo Italiano, affidato al talento di Gassman e Tognazzi.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
7 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento01/03/2021
Esiste il delitto perfetto?
Svizzera, Cantone di Berna, 3 novembre 1948. Viene rinvenuto il cadavere di un poliziotto, Schmied, in un'auto, fuori territorio di competenza. Il vecchio commissario Barlach, coadiuvato dal giovane Tschanz, sembra ingaggiare una sfida psicologica con l'assassino. Tuttavia non è l'unica sfida della carriera, ormai alla fine: molto malato, sa di aver perso quella più importante con un pluriassassino cinico ed efferato, un capobanda intoccabile, Gastmann. Ma davanti al quale, occasione l'uccisione di Schmied, si ritrova dopo quaranta anni e gli promette: "Non ho saputo incastrarti per i delitti che hai commesso, ora ti incastro con quello che non hai commesso" (pag. 102). Ci riuscirà? O farà prima la morte "la cui sentenza è il silenzio" (pag. 111)? Lo scrittore Friedrich Durrematt dipana qui un'indagine implacabile e sofferta, dove non manca l'ironia del narratore: "gli scrittori non hanno mai amato i poliziotti" (pag. 77). Romanzo cupo e fluido del 1952, fece dire a Georges Simenon che l'autore, esordiente, avrebbe fatto strada. Buon adattamento televisivo Rai del 1972.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato