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I sommersi e i salvati

Levi, Primo <1919-1987>

Giulio Einaudi editore 2014

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Una nuova edizione per un classico del Novecento. Il testo è accompagnato dall'introduzione di David Bidussa, da note bio-bibliografiche e da una scelta di letture critiche di Cesare Cases, Lorenzo Mondo, Frediano Sessi, Pier Vincenzo Mengaldo, Cesare Segre e Stefano Levi Della Torre. "'Sommersi e salvati' è un classico contemporaneo che portiamo nel XXI secolo. [...]
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    Dario Snaidero

    10/02/2024   

    Comunicare Auschwitz, oggi

    Il libro, come noto, è stato pubblicato, nel 1986, l’anno prima del suicidio di Primo Levi. In “Se questo è un uomo”, l’autore scrive: Meditate che questo è stato. È stato, appunto. Ma oggi ha ancora senso parlarne? Ad evitare risposte affrettate e aprioristiche, Levi stesso riconosce di essere un privilegiato proprio perché vivo. Sono i morti, infatti, coloro che hanno scandagliato il fondo di quell’evento. Ma non lo possono raccontare. In questo breve saggio, tuttavia, Levi è convinto di poter indicare i valori fondamentali del Lager. Il Lager, infatti, pur essendo un mondo così particolare, è una gigantesca esperienza biologica e sociale. E chi meglio di un chimico può analizzarla e descriverla. E, qui, Primo Levi scrittore è, per me, lettore, davvero affascinante. Nessuna enfasi. Nessuna parola fuori luogo. Soprattutto: Primo Levi non ha messaggi da inviare. E il suo piccolo saggio non è un manuale di sopravvivenza. Primo Levi descrive, e, nel descrivere, affascina. È un grande scrittore, Primo Levi, e io l’ho letto tutto d’un fiato. Il primo valore fondamentale è la lotta per la vita. E, subito, Levi, inserisce il secondo: gli uomini si distinguono tra sommersi e salvati. I sommersi scompaiono senza lasciare traccia. Gli altri, no. A Primo Levi dover combattere ogni giorno per vivere non gli ha permesso di pensare alla morte. Perché, per chi comandava, l’ebreo doveva morire umiliato e nella vergogna. Per sopravvivere, la cultura non serviva a nulla ed era, perfino, pericolosa. Chi si chiedeva il “perché” era di sicuro un sommerso. Più utile, invece, saper usare un badile. O procurarsi un cucchiaio. Ecco, solo a questo punto posso dire che il libro di Primo Levi ha, ancora oggi, un significato per me. Mi obbliga, infatti, a distinguere ciò che è fondamentale da ciò che è inutile. E, per farlo, a usare categorie diverse dalle usuali. Per Primo Levi, uscire vivo dal Lager, è stata una somma fortuita di fatti casuali non il disegno di una qualche provvidenza. É, allora, molto attuale quel “Primum Vivere”. Ed è tremendo.
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