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Fiore di roccia : romanzo

Tuti, Ilaria

Romanzo storico Longanesi 2020

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Con "Fiore di roccia" Ilaria Tuti celebra il coraggio e la resilienza delle donne, la capacità di abnegazione di contadine umili ma forti nel desiderio di pace e pronte a sacrificarsi per aiutare i militari al fronte durante la Prima guerra mondiale. La Storia si è dimenticata delle Portatrici per molto tempo. Questo romanzo le restituisce per ciò che erano e sono: indimenticabili.
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  • 0 / 1 utenti hanno trovato utile questo commento

    Bruno Umana

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    18/02/2024
      

    La storia si basa su verità lontana. L'invasore Austroungarico è alle porte e gli alpini generale Cadorna difendono il confine Friulano. Le portatrici sono coloro che aiutarono i nostri soldati a avere rifornimenti e a resistere sulle cime impervie della Carnia.
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  • 2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento

    Morena Terraschi

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    16/07/2023
      

    Il merito maggiore di questo libro è di avermi fatto conoscere un fatto storico di cui era completamente all'oscuro. Durante la grande guerra, nella Carnia, le difficoltà di trasporto degli approvvigionamenti e delle munizioni alle prima linea, spinsero il comando militare a chiedere aiuto alle donne del luogo. Le portatrici avevano già una lunga storia, con le loro gerle e le loro scarpet erano in grado di trasportare pressoché qualunque cosa ovunque. Anche se venivano pagate per il loro lavoro è indubbio che fu la loro generosità e senso di responsabilità, a convincerle a fare un lavoro pericoloso e faticoso. Il libro però ha per i miei gusti vari difetti, scritto in prima persona la narratrice uitlizza una retorica che trovo un po' forzata e la romanticizzazione della storia a mio parere aggiunge poco alla straordinarietà di queste donne. Peccato.
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  • 4 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento
    20/06/2023
      

    Tutto l'amore è l'orgoglio friulano

    La storia ispirata ed in omaggio alle "portatrici" friulane della prima guerra mondiale. Poco conosciute ai più e non giustamente considerate alla stregua di tutti coloro che, in armi e non, hanno versato dolore e sangue nel conflitto '15-'18. Il personaggio principale è quasi fedelmente una reale portatrice. Gli altri sono per lo più costruiti sulle informazioni e testimonianze raccolte dall'autrice. Hanno trasportato in pesanti gerle sulla schiena armi, munizioni, viveri, corrispondenza per gli alpini al fronte. Nelle trincee e con loro hanno condiviso l'orrore della guerra. Scrittura molto bella e ricca. Alterna poesia e realtà cruda.Non c'è frase o parola che non prenda il lettore e non lo trasporti sulla scena descritta. Sembra quasi di percepire tutti i pensieri e tutte le azioni. Non vorresti abbandonare la lettura. Mi è piaciuto moltissimo. Traspare tutto l'amore e l'orgoglio friulano dell'autrice per la sua terra, ma scevro di qualsiasi retorica. Sembra strano che possa essere stato scritto da un'attrice di gialli, anche se molto particolari.
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  • 5 / 5 utenti hanno trovato utile questo commento

    Morena Ciocioni

    09/12/2022   

    Ho apprezzato moltissimo questo libro per diversi motivi. Innanzitutto ha reso possibile per me conoscere la realtà delle portatrici, donne dimenticate dalla storia e, per questo, non visibili ai più, ma che, grazie alla loro capacità di abnegazione, hanno contribuito in modo eroico a supportare i soldati sul fronte carnico durante la prima guerra mondiale, Donne determinate e “delicatamente” tenaci (come stelle alpine), sensibili nella loro fragilità, “fiori di roccia” appunto. La storia delle portatrici ha l’ulteriore merito di far riflettere, ancora una volta (se ce ne fosse bisogno), sull’assurdità della guerra e delle divisioni artificiali che ne derivano tra uomini, popoli e nazioni. Inutili stragi. E’ stata una lettura che ho faticato ad abbandonare, grazie anche a uno stile essenziale, asciutto , senza fronzoli, ma evocativo e, per questo, coinvolgente. Cito un passaggio che mi ha particolarmente colpito: “Guardo questa madre, che spende il tempo prezioso che le rimane nel tentativo di salvarci, invece di stare con i suoi bambini, e vedo, finalmente, Dio. Dio è qui ed è donna”
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  • 7 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento

    Dario Snaidero

    12/06/2021
      

    Le portatrici carniche

    Diversi, e intrecciati tra loro, sono gli spunti di lettura di questo libro coraggioso e suggestivo, scritto con ritmo incalzante, con uno stile sofisticato e con un linguaggio corposo. Ogni singola parola è pensata con attenzione maniacale e i paragrafi si susseguono veloci, incatenati l’uno all’altro. L’autrice recupera perfino parole forse desuete ma così significative perché, uso sue parole, la forma è parte della disciplina di chi scrive ed è l’espressione del rispetto verso chi legge. Ilaria Tuti vi racconta la storia, e le diverse storie, di un gruppo di donne friulane durante la prima guerra mondiale: le portatrici carniche. Storia sconosciuta ai più eppure così emblematica del carattere femminile perché, come scrive l’autrice, è un triste retaggio della nostre donne offrire sacrificio in cambio di considerazione. È una considerazione, questa di Ilaria Tuti, tremenda e che descrive appieno la protagonista, Agata Primus, innalzandola in quel mondo di eroine tipico delle tragedie greche. Ilaria Tuti ha il coraggio di confrontarsi con Ernest Hemingway e con il suo libro: “Addio alle armi”, attenta a non cadere nell’oscenità di parole astratte, come scrive l’autore americano, descrivendo, al contrario, il sacrificio quotidiano di queste donne con pietas sacrale. Scrive un libro corale senza togliere spessore alle singole figure che emergono dal fondo della storia come avviene, talvolta, in certi balletti nei quali ogni ballerina si presenta sul proscenio per il proprio assolo. È necessario ricordare che le portatrici carniche sono l’espediente usato dal Comando italiano per supplire alla propria insipienza e arroganza. Nel mandare i soldati sulle cime dei monti non aveva considerato che non vi erano se non sentieri impervi, inutili per qualsivoglia rifornimento. Eppure Ilaria Tuti vuole raccontare una storia d’amore. Quello del capitano Colman per Agata Primus alla quale dona una stella alpina, il fiore di roccia. Che differenza con il fiordaliso di Francesco, l’unico uomo rimasto in paese, che la insidia con una esasperazione vischiosa alla quale la protagonista deve ogni giorno sottrarsi. Agata Primus, come scrive di nuovo l’autrice, ha la resistenza feroce del lupo e non ha alcun timore a confrontarsi con gli uomini. E alla fine ecco apparire Ismar, il cecchino austriaco, il diavolo bianco, e la storia prende una piega del tutto diversa. Non è una più la narrazione bieca, riprendo parole di Ilaria Tuti, di una guerra di cui si stenta a immaginare l’odore ma è l’esplosione di una luce nella quale è perfino possibile vedere il grandioso disegno di Dio.
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  • 8 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento

    Cesarina Evangelista

    08/04/2021
      

    Il libro si apre a si chiude con terremoto del Friuli, con le sue macerie. In mezzo la guerra di trincea sul fronte del Carso con l’enorme tributo di vite umane. Eppure il romanzo non parla di guerra, gli scenari di guerra restano sullo sfondo. Piuttosto si respira una grande umanità che si fa strada, prende corpo e si ingigantisce alla fine del romanzo. Umanità unita a compassione (cum-passio) e pietà (pietas). C’è la forza e la determinazione delle donne, abituate da sempre a ogni sorta di privazioni per sostenere le famiglie e in un momento di difficoltà come questo della guerra, non si tirano indietro, ma diventano combattenti a fianco dei loro compagni, mariti e figli, come fossero un’unica famiglia. Anche la figura di don Nereo trasuda umanità. Non c’è rabbia o risentimento, solo un breve accenno al Gen. Cadorna, maggiore responsabile delle perdite umane e una velata critica a quel patriottismo sacrificale necessario per incutere coraggio ai soldati “… E’ un guaio la guerra: vi convincono che la patria è un grembo fecondo e che mangiare confini vi nutrirà più che piantarvi grano …”. Non c’è però rassegnazione. C’è in generale una grande dignità nell’ accettazione degli eventi. Solo Viola non si rassegna alla perdita del suo alpino e si incattivisce anche nei confronti delle sue amiche. Ci sono passaggi di autentica compassione e pietas, come quando Agata accudisce teneramente il padre per accompagnarlo verso la morte, oppure quando volge lo sguardo pietoso verso il cadavere del giovane soldato che lei stessa ha trascinato a valle per la sepoltura. C’è il riconoscimento dell’uomo in quanto tale, a prescindere da quale parte del fronte si trovi. “Chi è il buono e chi il cattivo?” Il libro è bello, commovente, la prosa ben strutturata e il lessico ricco. A volte pecca di eccessivo lirismo, ma, non essendo un romanzo propriamente storico, questo contribuisce a creare coinvolgimento nel lettore.
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  • 14 / 14 utenti hanno trovato utile questo commento
    10/02/2021
      

    DONNE DI TUTTO RISPETTO

    La talentuosa Ilaria Tuti in questo romanzo rende onore al sacrificio e all'abnegazione di tante donne che, pur nella povertà e nelle difficoltà, si sono prestate ad aiutare i combattenti nelle trincee della Carnia durante il Primo conflitto Mondiale. Valorose e instancabili come e forse più degli uomini, meritavano un omaggio, meritavano di non essere dimenticate, e l'autrice riesce perfettamente nel suo intento. Molto interessante anche la resa di alcune figure maschili, che vanno ricordati per il loro eroismo. Lo stile è gradevole a avvincente.
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  • 6 / 10 utenti hanno trovato utile questo commento

    Barbara Peti

    23/01/2021
      

    molto scorrevole scritto benissimo su un argomento difficile le portatrici della prima guerra mondiale delle donne impavide ma anche sentimentli come e' la protagonista che ha una grande responsabilita' prima il padre poi il destino ed infine la sua umanita' in quanto salva il nemico. Grande la figura del comandante che si sacrifica per pochi metri di terra. Coraggio riconosciuto anche in guerra da entrambe le parti Grande libro
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  • 15 / 15 utenti hanno trovato utile questo commento

    Daniela Bertoglio

    03/11/2020
      

    Che donne!

    In questo terzo romanzo, Ilaria Tuti abbandona il genere giallo, e la sua protagonista, la poliziotta Teresa Battaglia, e si dimostra, ammesso che qualcuno ancora lo dubitasse, di essere una grande scrittrice. Racconta le storie delle Portatrici carniche, donne che durante la Prima Guerra Mondiale diedero un forte contributo, sconosciuto ai più, armate delle loro gerle e di poco altro, per portare cibi, munizioni, e la posta, ai soldati che combattevano in alta quota, nelle trincee. La protagonista, Agata, acquisisce dignità a rispetto per se stessa grazie a questo suo contributo alla guerra, ma deve fare i conti con la sua coscienza, anche a costo di compiere azioni che la pongono in situazioni decisamente difficili. Diventa suo malgrado un soldato, ma cerca disperatamente di non perdere mai la sua umanità, anche a costo della sua vita stessa. Lo stile di Ilaria Tuti è scarno, non c'è mai un aggettivo di troppo, ma ti tiene attaccato al libro fino all'ultima pagina.
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