Esplorazioni in antropologie di una volta, invasioni della memoria: questo libro si potrebbe definire una spedizione nelle soffitte. Soffitte delle case, delle vite, delle città, dell’arte.
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Un artista scienziato della vana arte di pietrificare i corpi; i diorami (le riproduzioni in scala di ambienti naturali con animali imbalsamati) considerati e analizzati quali opere d’arte e narrazioni; una fenomenologia delle reliquie familiari; l’arte delle maschere funerarie; il simbolismo della conservazione dei capelli dei cari morti; le tombe monumentali borghesi e i loro reconditi messaggi; ritratti di artisti che amavano nascondersi. Ma al centro sono sempre i grandi o piccoli oggetti abbandonati, o messi da parte in ricordo di qualcuno poi dimenticato, che emergono a sorpresa per consegnarci anacronisticamente il loro messaggio. Ed è questa luce di stella distante a dare loro la grandezza che permette di mescolare nel discorso critico, come in Cosmo più servìzi, un senso gozzaniano delle abitudini che furono, l’estetica del bello del brutto, l’intrusione curiosa nei poveri segreti di un passato come segni sociali dei tempi.
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