Nonostante la mia grande stima per De Cataldo sono rimasto abbastanza deluso da questo romanzo. La trama è ben costruita, anche se anomala rispetto al poliziesco tradizionale. È chiaro sin dall’inizio che il mago Narouz, ucciso nel suo studio, aveva tanti nemici, molti dei quali potenti e senza scrupoli. Tuttavia l’indagine procede per progressive esclusioni di potenziali colpevoli più che attraverso colpi di scena e non mi ha appassionato. I personaggi hanno poco spessore, cosa incredibile per chi ha tratteggiato meravigliosamente i banditi della Magliana. Infine, che bisogno c’è di farci sapere la marca della borsa, la griffe del vestito e il tipo di divano? Mi sembra una forma di autocompiacimento che non aggiunge nulla al racconto.

Poco giallo, con linguaggio sofisticato e numerosi (troppi) personaggi

Manrico Spinori....ecc ecc, magistrato e i suoi collaboratori sono incaricati di indagare sulla omicidio di un mago o così lui si faceva passare e pagare. Romanzo leggero ma incuriosisce, visto il contesto e la figura del Contino con il suo entourage.

Questo quarto episodio conferma la sensazione ricavata leggendo il precedente romanzo: manca la leggerezza (la gradevolezza) che connotava le prime due inchieste e sempre meno Spinori riesce a trovare ispirazione nel suo amato melodramma. La storia è complessa e, come di consueto (o forse più del consueto), offre lo spunto per esternare le considerazioni dell’autore. La prosa è, a sua volta, sempre gradevole e, anzi, perfino più raffinata; non solo nelle dotte citazioni ma anche nel lessico, talvolta piuttosto «ricercato» (ma sempre più che appropriato). L’indagine si accompagna alle quotidiane vicissitudini sia del protagonista, di cui approfondiremo ulteriormente la conoscenza, sia dei personaggi che intorno a lui ruotano; con un’ultima, inattesa e provvidenziale sortita della madre di Manrico...

Nuova indagine (la quarta) per il magistrato melomane Manrico Spinoni dei Conti in Albis e San Giocondo, detto "il contino": deve scoprire chi ha ammazzato un sedicente mago, che annoverava tra i suoi clienti politici, starlette televisive, aspiranti attrici e ricche signore del generone romano. Man mano che procedono le indagini, appare evidente che il morto era un ciarlatano intrallazzone e un prosseneta. Rispetto ai romanzi precedenti, questo mi è sembrato meno originale: alcune situazioni/personaggi richiamano altri romanzi, di altri autori (Manzini, De Giovanni), e non ho capito se la cosa fosse un omaggio ai colleghi o altro. In ogni caso, una lettura piacevole.