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Città sommersa

Barone, Marta

narrativa Bompiani <casa editrice> 2020

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Il ragazzo corre nella notte d'inverno, sotto la pioggia, scalzo, coperto di sangue non suo. Chiamiamolo L.B. e avviciniamoci a lui attraverso gli anni e gli eventi che conducono a quella notte. [...]
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  • 4 / 4 utenti hanno trovato utile questo commento

    Daniela Bertoglio

    12/03/2023
      

    Alla ricerca del padre

    Leonardo Barone era un medico, un operaio, un ex militante di "Servire il popolo", l'organizzazione filo maoista attiva negli anni '70 del '900. Venne accusato di essere un militante di Prima Linea, l'organizzazione eversiva terrorista, venne arrestato, condannato in primo e secondo grado, e assolto dalla Cassazione. Sua figlia Marta, però, non sapeva quasi nulla del padre, i genitori si erano separati quando era ancora piccola, suo padre si era risposato, quando poi è morto era quasi un estraneo per lei. A casa della madre, nel Natale del 2013, scopre dei documenti, la copia della memoria difensiva presentata al processo nel quale venne poi assolto, inizia a leggerli, e si rende conto della propria ignoranza, e della necessità impellente di porvi rimedio. Contatta l'avvocato che si era occupato dei primi due gradi di giudizio, il padre di un suo amico ai tempi del liceo, e inizia così a ricostruire il puzzle della vita di suo padre. Contatta le sue ex mogli, trova persone che come lui avevano fatto parte del Partito Comunista (Marxista-Leninista) Italiano (questo è il nome completo), ma le mancano dati, notizie, approfondimenti, per capire davvero che persona fosse. La sua è una indagine non solo su una persona, ma su un periodo storico che sembra lontano anni luce, e invece sono passati solo 50 anni. Un libro sincero, toccante in alcuni punti, su un uomo che fece dell'impegno la sua ragione di vita.
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  • 8 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento

    Cesarina Evangelista

    09/09/2021
      

    Come in un puzzle, Marta Barone ricostruisce la storia di suo padre, morto nel 2011, raccogliendo pazientemente le tessere sparse qua e là nei ricordi delle persone che lo avevano conosciuto. Tessere sbiadite dal tempo, documenti del tribunale, immagini rare di momenti sereni di vita quotidiana e di impegno politico si compongono fino a far emergere un’immagine di L. B., fino a quel momento sconosciuta alla figlia. Un pezzo della nostra storia d’Italia (dagli anni ’60 agli anni ’80) dolorosa e difficile da comprendere. Anni in cui si aveva bisogno di aderire a qualcosa, di seguire ideali di giustizia sociale, con il rischio di mistificazioni che hanno spesso prodotto lo stritolamento di molte persone. Un romanzo bello, onesto, sincero, scritto con l’urgenza di dare un vero volto a un padre evanescente, lontano, sconosciuto, vagante tra Sud e Nord, tra militanza politica e professione medica, tra aiuto concreto ai diseredati e adesione a organizzazioni di estrema sinistra. Leonardo Baroni, militante nel movimento studentesco del ’68, un grande comunicatore, una generosità che rasentava l’incoscienza, esuberante, capriccioso, bugiardo, dava tutto sé stesso agli altri ma agli altri seppe sfuggire per tutta la vita. Rinunciò alla sua professione di medico per andare a lavorare in fabbrica a Torino nel 1971, una città incandescente con incidenti sul lavoro, lotte operaie, scioperi, repressione violenta, schede sulle “qualità morali” dei dipendenti, pratiche di elettrochoc sui bambini … e ancora nelle file di “Servire il popolo” con i suoi opuscoli inneggianti alla rivoluzione socialista dai toni esaltati, soporiferi, slegati dalla realtà. Presto si defilò da questa chiesa di fanatici farneticanti, che teorizzavano una organizzazione che regolamentasse rigidamente i comportamenti sociali, familiari e persino intimi dei loro adepti. Il partito presto si sfaldò e i più facinorosi aderirono a Prima Linea, un’organizzazione terroristica che si contendeva il campo con le Brigate Rosse, con attentati, omicidi, gambizzazioni ai “nemici del popolo”. L. B., benché ormai fuori dall’organizzazione, non seppe sottrarsi alla richiesta di curare i “compagni” feriti e per questo venne condannato a 18 mesi di carcere per partecipazione a banda armata negli ambienti della estrema sinistra e dell’autonomia. E quando viene scarcerato con un po’ di anticipo, i suoi ‘compagni’ lo additano come pentito, traditore, spia. Erano i primi anni ’80. Ognuno cercava di salvarsi come poteva dalla stretta della magistratura, non esitando a fornire informazioni meticolose sui compagni per avere uno sconto di pena. L. B. era distrutto e non dal carcere ma dal suo mondo che gli aveva voltato le spalle.
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  • 7 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento
    15/02/2021
      

    Memoir umano e politico toccante

    L'esordio nella narrativa per adulti di Marta Barone è la risposta alla sua urgenza di conoscere meglio il padre, con cui ha avuto un rapporto frastagliato e ridotto nel tempo per tanti motivi, ultimo dei quali la scomparsa per un tumore. Ma la ricostruzione del percorso di vita del padre, avvenuta tramite lo studio dei documenti e il ricordo delle persone che lo hanno conosciuto, è resa complessa dalle sue vicende umane, legate ai difficilissimi anni del terrorismo e dei gruppi extraparlamentari che dal 1970 in poi hanno reso le vicende politiche sanguinose e deludenti. Il libro ha il merito di far emergenze le incongruenze senza giudicarle, ma lasciandosi accompagnare dalle varie tracce nella scoperta della straordinaria e sofferta vita del padre. Un libro molto interessante.
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  • 11 / 11 utenti hanno trovato utile questo commento

    Morena Terraschi

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    24/09/2020   

    Dopo la morte del padre, con cui ha avuto un rapporto difficile e conflittuale , Marta Barone si ritrova tra le mani la memoria difensiva della fase finale del processo che il padre Leonardo ha dovuto affrontare. L'accusa era di partecipazione a banda armata, dopo tre gradi di giudizio venne assolto. E' una cosa di cui Marta è a conoscenza ma che finora ha sempre fatto parte del folclore familiare: i nonni per sposarsi sono scappati di casa, lo zio non si è mai sposato ma ha vissuto tutta la vita con un suo amico... aneddoti familiari mai approfonditi veramente ma che danno colore in un certo senso. Quando però finalmente la legge si apre un mondo, Marta si rende conto che di quel padre così strano e particolare non sa nulla o quasi, che è un uomo che ha vissuto molte vite e che ha sofferto e fatto soffrire, un uomo complicato che ha vissuto una parabola esistenziale stupefacente. Decide di ricostruirne la storia e inizia così un difficile e doloroso viaggio, non solo nella giovinezza e nelle delusioni del padre, ma nelle ferite e nelle disilussioni di una intera generazione: quella del '68 che ha vissuto un periodo di grandissime speranze e che si è scontrata con la più feroce della disillusione. Ne emerge il ritratto commovente di un uomo e di un'epoca, contraddittoria e crudele, ma anche ottimista e appunto rivoluzionaria. E' anche soprattutto un racconto su quanto poco riusciamo ad immaginare di come erano - prima di noi - le persone che ci hanno messo al mondo. E poi è un omaggio bello e commosso di una figlia al padre.
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  • 2 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento

    Vera Marchetti

    15/09/2020
      

    Superficialità dell'estremismo

    La vita del protagonista è caratterizzata dalla delusione e dalla critica verso organizzazioni estremiste con cui è venuto a contatto. "Servire il popolo" viene descritta come una sorta di setta con regole rigide, assurde che penetrano nella vita privata degli adepti. "Prima linea" ha l'aspetto di una banda della criminalità organizzata. Le accomuna la superficialità e la mancanza di una cultura politica che porta la seconda più volte a sbagliare i suoi obbiettivi, uccidendo persone estranee ai fatti.
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