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Cecità

Saramago, José

Feltrinelli Editore 2010

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In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione diventa cieca per un'inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. [...]
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  • 3 / 4 utenti hanno trovato utile questo commento
    19/02/2024
      

    Spiazzante

    Racconto cruento pervaso da angoscia e paradosso. Davvero attuale anche se scritto molti anni fa. Disturbante nel racconto di violenze e prevaricazioni, mette in mostra il peggio dell'animo umano. C'è un solo personaggio che non viene avvolto dal mare bianco e che per me impersona la solidarietà umana, e lascia la sensazione che nonostante tutto qualcosa si possa salvare!
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  • 0 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento
    26/12/2023   

    DISTOGLIERE LO SGUARDO DAGLI ORRORI

    Un romanzo che è come il vino, più si va avanti con i vari disastri susseguitisi nel tempo, assume ogni volta un sapore nuovo, pronto a stupire e a colpire.
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  • 6 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento
    04/06/2022
      

    Umani

    Cosa ci definisce umani? E se un giorno perdessimo tutti quegli attributi che pensiamo appartenerci di diritto proprio in quanto esseri umani? In questo libro viene narrato come la perdita delle piccole cose, delle abitudini quotidiane può trasformare radicalmente la società, con la speranza che riacquistandole in un secondo momento impariamo ad apprezzarle di più.
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  • 10 / 11 utenti hanno trovato utile questo commento

    Laura Bazzoni

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    23/03/2021   

    Nessuno si salva da solo

    Cecità è un romanzo disturbante. Fa entrare a piccoli passi nella vita completamente stravolta di un gruppo di persone colpite da un'improvvisa epidemia di cecità e rinchiusi in isolamento in un ex manicomio. All'inizio li sentiamo vicini. Pensano ancora come vedenti, si meravigliano ed abbattono profondamente per ogni difficoltà che incontrano nel compiere le più banali azioni quotidiane, come andare al bagno. Cadono in accessi di paura e frustrazione, alternano momenti di razionalità e tentano di riorganizzarsi. All'inizio pensano che la loro condizione sia transitoria, il loro pensiero va alla vita di prima, alla casa, all'auto rubata. Poi però i giorni passano, i ciechi aumentano, vengono progressivamente abbandonati dalle autorità che fornivano loro cibo e beni di prima necessità. Emergono allora tutte le debolezze dell'animo umano: il pavido, l'egoista, l'approfittatore, il diffidente, ed il gruppo dei prepotenti malvagi. All'interno del manicomio si ricreano le stesse dinamiche del mondo fuori. Solo una donna non perde la vista: è la moglie del medico, sulle cui spalle è caricato il peso della testimonianza. Lei subisce le stesse ingiustizie, ma ha il dovere morale di proteggere un piccolo gruppo di persone che si trovano con lei nella camerata in cui vengono rinchiusi. La cecità a cui si fa riferimento è una cecità prima di tutto dell'anima. Neppure da ciechi, riportati tutti in una condizione di parità e difficoltà, tra gli uomini riesce a prevalere lo spirito di collaborazione. La difficoltà esaspera piuttosto la violenza e la prevaricazione, descritte in maniera precisa e cruda. Solo la moglie del medico sembra essere dotata di uno sguardo interiore, oltre che del privilegio della vista. In mezzo a questa discesa agli inferi ci sono anche alcuni gesti di amore gratuito. I protagonisti non hanno nome, né si sa in quale città vivono. Il nome è ininfluente perché la loro personale esperienza di cecità è qualcosa che può essere esteso a tutti. Il nome non serve se non si può vedere chi si ha davanti. La cecità dell'anima impedisce comunque di vedere gli altri come singoli individui dalle tante storie individuali. Li fa apparire come una massa indistinta, e la massa indistinta è più facile da attaccare o da far diventare capro espiatorio. Una angoscia sottile pervade tutto il libro, che pure non è privo di momenti di sottile (amara) ironia, e cresce sensibilmente fino all'epilogo. I ciechi lottano per la sopravvivenza quotidiana, per arrivare alle latrine senza perdersi, o non subire soprusi. Nei confronti del futuro nutrono un pessimismo assoluto unito ad una speranza mai sopita di riacquistare la vista all'improvviso, così come l'avevano persa. La moglie del cieco, che pure vede la devastazione del mondo che la circonda, si sforza di vivere ogni giorno cercando di gioire del poco che riesce ad ottenere per il suo gruppo, consapevole dei suoi limiti ma non prostrata da una visione catastrofica dell'avvenire. È il personaggio più positivo, quello che vive nel qui ed ora, dotato di empatia e buon senso nel relazionarsi con gli altri, ma anche di sufficiente coraggio nel compiere anche un atto violento, estraneo alla sua indole, quando le circostanze lo rendono necessario. Mi ha colpito anche la parte in cui l'autore fa un lungo e tedioso elenco di argomenti folli o futili che la moglie del medico sente fuori, ascoltando i gruppi di ciechi nelle piazze. Simboleggia a mio avviso il "rumore" dei media, tutte le fonti di distrazione di massa che allontanano le persone dalla ricerca della verità e di un'organizzazione che permetta a tutti di vivere dignitosamente. Se non c'è solidarietà, non c'è salvezza per nessuno, sembra suggerire l'autore.
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  • 8 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento
    30/03/2020   

    Per alcuni non sarà forse il libro più adatto da leggere in questo momento. Io l'ho trovato soprattutto un libro bellissimo, certo doloroso, drammatico, una popolazione colpita e allo sbando, una umanità dolente e a volte senza dignità. E la speranza? Non so se ce ne sia in questo libro laddove si dice che chi non è cieco comunque lo è. So solo che è un capolavoro e Saramago il Nobel non lo ha certo vinto per caso.
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  • 12 / 14 utenti hanno trovato utile questo commento
    09/03/2020
      

    La malattia, metafora del male: come possibile CECITA' di sempre

    In questi giorni di emergenza sanitaria, biblioteche chiuse, librerie per ora aperte. E i libri nelle librerie di casa? Leggiamo "Cecità" di Saramago (1995) oppure "La peste" di Camus; o rileggiamo il capitolo sulla peste ne "I promessi sposi". La malattia è la migliore metafora letteraria del male: arriva silenziosa, sottilmente contagia e tutto cambia: ci scopriamo fragili e, a volte, ciechi dentro.
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  • 6 / 15 utenti hanno trovato utile questo commento
    03/06/2019
      

    Una Fiaba

    Il racconto è come una fiaba. Da leggere anche con i bambini.
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  • 7 / 11 utenti hanno trovato utile questo commento
    14/02/2019   

    Concordo con i commenti precedenti: è per me il libro piu' bello e significativo del grande Saramago, che adoro. La cecità non è degli occhi, è dentro di noi. Ma la speranza di riaprire gli occhi dell'anima c'è sempre. Che dire? Splendido. Ne è stato tratto anche un bel film.
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  • 9 / 17 utenti hanno trovato utile questo commento
    13/02/2019   

    Se non fosse scritto così com' è scritto, non lo avrei mai letto. E' un libro vero, duro, implacabile ma poi anche inaspettatamente accogliente. Da leggere. Assolutamente.
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  • 8 / 16 utenti hanno trovato utile questo commento
    22/05/2018
      

    cechi che vedono

    un libro che tutti dovrebbero leggere per uscire dal proprio quotidiano e capire che, al di là dei proprio dolori personali, c'è sempre un luogo in cui possiamo incontrarci.
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