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2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento29/04/2025
Noioso
Il libro è il racconto di una zia alla nipote sulla storia della loro famiglia emigrata da Mogadiscio e vissuta sparpagliata per il mondo (colei che racconta vive in Italia). Il libro è soprattutto il racconto del passato, della vita in Somalia, della nostalgia di quegli anni. Non mi è piaciuto il modo di scrivere di passare tra un capoverso e l'altro da un tempo ad un altro, da un luogo ad un altro, spesso rendendo difficile al lettore di seguire la storia. Mi aspettavo di più.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
15 / 15 utenti hanno trovato utile questo commento14/06/2023Igiaba Scego racconta una profondissima storia familiare che é al contempo storia del mondo. Temi profonsi, intimi, dolorosi. Venati da un'urgenza di far sapere alla nipote sí, ma anche alla nostra societá. Le pagine sono affascinanti, personali, commoventi. La scrittura tuttavia risulta poco coinvolgente, a tratti ridondante. Troppe ripetizioni, troppe esplicitazioni, che tengono il lettore un po' al margine della narrazione, non lo fanno sentire davvero coinvolto.Hai trovato utile questo commento?
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9 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento05/06/2023
Fotografia di una famiglia diasporica.
Un memoir impostato come una lunga lettera dell'autrice alla nipote Soraya, che vive in Canada. Attraverso questo impetuoso flusso di pensieri, la Scego si fa da tramite tra la ragazza e la nonna, ovvero sua madre, impossibilitate a comunicare direttamente per la mancanza di una lingua comune. Igiaba, nata da genitori esuli in Italia durante la dittatura di Siad Barre, inizia dalla sua data chiave: Capodanno 1990-91. Mentre lei, sedicenne, sta festeggiando con gli amici, sua madre si trova in Somalia dove è in corso una guerra civile, quindi esposta a gravi pericoli. L’autrice, rimasta a Roma con il padre e molto preoccupata per le sorti della madre dalla quale non riceve notizie, inizia a soffrire di disturbi del comportamento alimentare, praticamente vomita tutto ciò che mangia. L’intento della lettera è spiegare cosa è successo ai Somali e a chi perde il Paese di origine, tramandando, allo stesso tempo, la storia della sua famiglia diasporica, sparsa in cinque continenti, ma legata un un filo comune: il Jirro, un termine che in somalo significa “malattia”, ma usato dalla Scego “per descrivere uno stato d’animo, qualcosa che ti lacera dentro e di cui non è facile liberarsi”. Passa dalla storia personale a quella collettiva, di un popolo colonizzato più volte nella sua storia (Italia, Inghilterra, Russia), di un Paese che ha subito dittature sanguinarie e guerre civili trentennali, della condizione di chi, avendo perso la propria patria, ne ha trovata un’altra in cui riconoscersi: “Ora lo so, non sono solo somala, sono anche italiana. Sono soprattutto romana. Ora lo so. Sono intera e divisa.” Il libro offre molti spunti di riflessione interessanti, riportando alla memoria i danni che il colonialismo ha prodotto in Somalia, e non solo, di vite sconvolte dalla dittatura, della drammaticità di veder cambiata la propria vita a causa di repentini cambi di regime, di come la diaspora ponga sempre la vita in un equilibrio precario. Purtroppo, a mio avviso, lo fa con uno stile lento, troppo pieno di ridondanze, concetti ripetuti all’infinito, l’uso del termine Jirro reiterato allo sfinimento: compare 135 volte! Cita l’autrice che “Questa lettera è in perenne divenire, una base da cui partire per riflettere su di noi. Come famiglia. Come diaspora. Per curarci.” Intento ottimo, ma se voleva assumere una cifra intimista, purtroppo, per quanto mi riguarda, non è risultato coinvolgente. Alla fine ha prevalso la noia, almeno in me. “Cassandra a Mogadiscio” fa parte della dozzina del premio Strega 2023.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
10 / 11 utenti hanno trovato utile questo commento03/06/2023
Il Jirro
Igiaba Scego immagina di scrivere una lunga lettera ad una nipote lontana, che studia a Montreal. Le racconta del Jirro, il disturbo che colpisce chi si sente straniato, in bilico tra culture e paesi diversi, il dolore di una perdita. Man mano che scorrono le pagine, però, questo termine assume significati sempre più ampi, e alla fine qualsiasi malessere, dalla bulimia alla sindrome premestruale, dalle caldane della menopausa alle malattie della vecchiaia finisce per rientrare nella tipologia del Jirro, ma quando un termine racchiude mille significati diversi, finisce per perdere ogni significato. A questa nipote scrive della sua vita, a cominciare dal capodanno del 1990-1991, quando ci fu un colpo di stato in Somalia: la sua famiglia, o meglio, lei ed i suoi genitori, già viveva a Roma, lei frequentava un liceo scientifico, era andata ad una festa di fine anno, ma sua madre era tornata in Somalia a trovare i parenti, gli altri figli rimasti a Mogadiscio e cresciuti dalla zia di Igiaba, da quando la madre era riuscita a venire a Roma a trovare il marito, e poi non era più potuta rientrare nel suo paese. In quel momento si trovava a Mogadiscio, quando scoppiò la guerra civile, e per quasi due anni non riuscì a dare proprie notizie. E' un racconto lento, che ho trovato parecchio noioso, ripetitivo, sempre lagnoso, lamentoso. Questo jirro è sempre presente, non abbandona mai i suoi familiari. La storia della Somalia nell'ultimo secolo sarebbe un argomento interessante, ma raccontata in questo modo, con mille ripetizioni, perde tutto il fascino. Anche perché Igiaba Scego ne dà un quadro poco realistico: è innegabile che gli italiani abbiano commesso nefandezze inenarrabili in epoca coloniale, e anche in seguito, ma la Somalia pre coloniale non era certo un paese immune da guerre e conflitti, un Eden, un paradiso dove tutti vivevano felici e contenti. Arriva a scrivere che "Il colonialismo ci ha infettati. Ha fatto entrare il Jirro nel circolo del nostro sangue." Non sono certo una fan del colonialismo, ma questa è una visione del mondo che non ha proprio senso, non tiene conto della storia, della struttura clanica della società somala, della realtà. Il libro contiene anche alcuni strafalcioni riguardanti la storia italiana, per esempio Salvo D'Acquisto viene definito "carabiniere partigiano", definizione del tutto errata. -
7 / 10 utenti hanno trovato utile questo commento21/05/2023
CASSANDRA A MOGADISCIO
Tema di questo romanzo è la storia della Somalia dai primi anni del '900 ad oggi. Ce la racconta la scrittrice somala Igiaba Scego... tramite una lunga lettera che scrive alla cugina che abita in Canada. Particolarità del libro ...sono le tante parole somale con le quali la scrittrice ha arricchito il suo racconto. E poi...c'è il "jirro" che è quel forte sentimento fatto di nostalgia...dolore..rabbia...senso di ingiustizia... che accomuna tutta la popolazione somala costretta per tantissimi anni a subire il colonialismo e poi la dittatura di Siad Barre..insomma un popolo mai indipendente e sovrano. Pregio del romanzo è farci entrare nel mondo dei sentimenti, degli affetti, della sensibilità di un popolo dimenticato... PAVAN CLAUDIA Circolo Lettori Bibilioteca P.P. PasoliniHai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
8 / 10 utenti hanno trovato utile questo commento14/05/2023Igiaba Scego fa parte di una famiglia dispersa in tutto il mondo a causa della diaspora somala, questa dispersione ha fatto sì che le lingue madri di ognuna e ognuno non sono sempre sovrapponibili e/o coincidenti. Igiaba abita e indossa l'italiano, come i suoi genitori d'altronde che, insieme al somalo, hanno anche il garre, il tunni, l'arabo... L'inglese appartiene a Igiaba ma non alla sua mamma e questo crea una lontananza con la nipote Soraya, che parla inglese ma non benissimo il somalo e tanto meno l'italiano, anche se vuole studiarlo. Nel fare da intermediaria tra la nipote e la madre, nel raccontare chi sono l'una all'altra, nel riflettere sui luoghi e sui tempi da cui tutte loro vengono e attraversano, Scego scrive una potente riflessione sulla sua famiglia e sull'Italia, suo e nostro paese. Raccontando il Jirro che la abita dalla fine del 1990, quando sua madre sparì per due anni nella Somalia in piena guerra civile, racconta il suo essere italiana da genitori somali, costretti all'esilio dalla dittatura di Siad Barre poiché il padre diplomatico, era inviso al regime. Di come è cresciuta, delle sue origini, della Somalia, del dolore dello sradicamento dei suoi genitori che si intreccia con il suo essere profondamente romana e italiana. E' un libro molto intimo e molto coinvolgente, una lunga lettera scritta alla nipote ma che per fortuna Scego ha voluto condividere con noi.Hai trovato utile questo commento?
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