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3 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento11/10/2024Una descrizione molto interessante delle carriere curiali, quindi anche di governo, nella Roma barocca “[…] sicuramente sede della corte più importante dell’Italia secentesca” (pag. 3). Primo requisito “[…] per entrare in prelatura è la nobiltà dei natali, sia da parte di padre che parte di madre” (pag. 45). Non esisteva, quindi, quello che oggi si chiamerebbe “ascensore sociale”, la possibilità cioè di avanzamento per le classi inferiori; anzi “[…] la carriera ecclesiastica rappresenta la soluzione di impiego e di sistemazione dei figli cadetti” (pag. 45) L’Autrice ha condotto la sua ricerca solo in parte sui documenti ufficiali, necessariamente edulcorati, ma soprattutto su carteggi privati, come la lunghissima corrispondenza tra Fabrizio Spada e il padre Orazio, sempre prodigo di ammonimenti e consigli per la carriera del figlio o l’autobiografia di Camillo Cybo. Il ricorso a queste fonti dà un quadro ancor più veritiero alla narrazione. Ci si svelano, così tutti mezzi cui si ricorre per percorrere il lungo cammino che ha come meta ambita il cardinalato che assicura prestigio al “casato” e rendite finanziarie; parentele, amicizie, regalie, ma anche danneggiamento degli avversari: “[…] se il mio successo può venire solo dalla disgrazia degli altri, la via più efficace per conseguirlo passa obbligatoriamente per la loro rovina, alla quale mi si riconosce il diritto di contribuire” (pag. 110). Sarebbe vano, in tutte queste considerazioni cercare anche la competenza nelle materie che si veniva chiamati, si volta in volta, a gestire: a parte i nobile natali, ci cui si è detto, non era richiesta che una preparazione giuridica. Il libro è anche una lucida rappresentazione della aristocratica del tempo costantemente alla ricerca “[…] della propria identità sociale e della propria posizione rispetto agli altri “[…] io sono ciò che gli altri mi riconoscono essere)” (pag. 145). Attitudine non solo della nobiltà romana, perché alla corte romana da tutta Italia “vengono tante persone nobili e qualificate a servirla“ (pag. 177) In un famoso discorso in Campidoglio, Papa Paolo VI con riferimento al potere temporale disse: oggi non abbiamo per essa alcun rimpianto, né alcuna nostalgia”. Come dargli torto, se si pensa che che il capo della Chiesa cattolica doveva farsi carico anche di questioni minute come una penuria di fieno nell’estate del 1717: “Il papa pensa di risolvere il problema facendo fare una seconda falciatura e vuole quindi emanare un editto che vieti ai bovini l’ingresso nei prati appena tagliati (pag. 159)Hai trovato utile questo commento?
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