"L'odio e la paura dell'odio sono antichi quanto il genere umano (forse ancora più antichi...), e le probabilità che la loro eterna familiarità con la condizione umana possa essere interrotta in un prossimo futuro appaiono alquanto scarse, sempreché ve ne siano.
[...]
Odiamo perché abbiamo paura; ma abbiamo paura a causa dell'odio che avvelena la nostra coabitazione sul pianeta che condividiamo. Così ci sono sempre motivi più che sufficienti per avere paura; e sempre motivi più che sufficienti per odiare. Sembra che l'odio e la paura siano prigionieri di un circolo vizioso, che si alimentino vicendevolmente e traggano l'uno dall'altra l'animosità e l'impeto che li infiammano. Nei nostri tempi contrassegnati dalle "identità turbate" (la dizione usata da Donskis) "obbiamo designare un gruppo bersaglio (zingari, neri, musulmani, ma anche ebrei o americani). Il gruppo prescelto potrebbe non aver nulla a che spartire con la ragione reale della nostra ansia, insicurezza, incertezza. Potrebbe situarsi totalmente al di fuori della nostra esperienza personale". Ma se il gruppo che abbiamo scelto è debole "proietteremo su di esso la nostra insicurezza, incertezza e il risultante odio per noi stessi". La lezione che è necessario ricordare con particolare accuratezza è che "un odio perfettamente coerente parla sempre il linguaggio dei gruppi, dell'anonimato e delle follie di massa"." (dalla prefazione di Zygmunt Bauman)
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