A volte capita di sentir dire: «È scoppiata una guerra in Africa», oppure: «Mi piace la cucina africana», come potremmo dire che c’è stata una nevicata in Spagna o che siamo appassionati di cibo vietnamita.
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Pensando all’Africa, nelle menti di molti europei affiorano solo immagini stereotipate perché «per molto tempo, “Africa”», scrive l’autore, «è stato sinonimo di povertà, conflitto, corruzione, guerre civili e distese di arida terra rossa dove cresce soltanto miseria. [...] Un grande parco safari, dove leoni e tigri si aggirano liberi intorno alle case e gli africani trascorrono le giornate in tribù di guerrieri che, seminudi, hanno in mano la lancia e vanno a caccia di selvaggina, oppure saltano su e giù al ritmo di un loro rituale in attesa del prossimo pacco di aiuti. Povertà o safari, e in mezzo niente». Ma l’Africa è molto altro, non è una cosa sola, e non è un paese: in questo libro Dipo Faloyin – cresciuto in Nigeria e che vive a Londra dove collabora con diverse testate internazionali – ci offre gli strumenti per conoscere meglio la realtà. Esaminando l’eredità coloniale delle nazioni del continente africano e muovendosi fra i temi più vari – dalla vita urbana di Lagos alla rivalità su chi cucini il miglior riso jollof – Faloyin smonta sarcasticamente la superficialità dell’Occidente che tratta l’Africa senza tenere conto delle differenze – culturali, sociali, economiche – e delle singolari condizioni di ciascun paese. Tra racconti storici e personali, Dipo Faloyin rimette in ordine dinamiche comuni e vicende particolari che, alla fine della lettura, attenuano un po’ la nostra ignoranza.