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0 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento11/03/2025
potente
Una lettura impegnativa, potente e che sedimenta. Una scrittura asciutta, priva di fronzoli che mi ha molto colpito. Che dire… ci metterò qualche giorno per elaborare e metabolizzare il tutto, ma assolutamente da leggere!Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
0 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento03/05/2023
ernaux impareggiabile
narratrice di storie di donne, che appaiono lontane quando invece sono accadute l altro ieri. mi viene voglia di leggere tutta la sua bibliografiaHai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
7 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento09/02/2023
Il doloroso racconto di un aborto clandestino
Nella Francia del 1963, quando l'aborto era ancora faccenda di mammane, la ventitreenne Annie Ernaux scopre di essere rimasta incinta, il famigerato metodo Ogino-Knauss non ha funzionato nemmeno nel suo caso. E' sola, il padre del feto vive in un'altra città, non sa cosa fare o non intende fare nulla. Annie non ha nessuno cui confidarsi, prova a farlo con un amico che immediatamente la considera una ragazza sessualmente disponibile, poi riesce a parlare con una compagna di corso che ha abortito un paio di anni prima, che le dà l'indirizzo di una mammana, a Parigi. Dalla mammana, la "fabbricante di angeli", deve andarci due volte, il primo tentativo non porta a nessun risultato. Alla fine abortisce nel bagno del pensionato per studenti, aiutata solo da una compagna di università ancora più spaventata di lei. Il racconto è crudo, crudele come tutti i romanzi di Annie Ernaux, che riesce sempre a mettersi a nudo in maniera totale e spietata. E' un racconto ambientato in una Francia bigotta, ipocrita, nella quale i medici rischiavano la radiazione se aiutavano o non denunciavano chi procurava aborti, ma si permettevano anche di trattare in maniera diversa le pazienti operaie e le studentesse, quindi una società pesantemente classista.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
9 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento05/02/2023Con la sua prosa potente e incisiva, la Ernaux ci parla ancora di sé; infatti, larga parte della sua opera è autobiografica. Questa volta ci racconta della sua esperienza dell’aborto clandestino a cui si è sottoposta agli inizi degli anni 60 in Francia, dove questo era ancora illegale. Nonostante siano trascorsi quasi 40 anni da quell’evento, (il libro è stato scritto nel 2000), l’autrice sente la necessità di doverlo raccontare; non ha alcun dubbio né remora a riportare la sua esperienza di ragazza ventitreenne che tenta disperatamente di abortire in un contesto in cui questa possibilità non è contemplata, la Legge non consente questo diritto, il diritto per le donne di avere il controllo del loro corpo. “Che la clandestinità in cui ho vissuto questa esperienza dell’aborto appartenga al passato non mi sembra un motivo valido per lasciarla sepolta. Tanto più che il paradosso di una legge giusta è quasi sempre quello di obbligare a tacere le vittime di un tempo, con la scusa che “le cose sono cambiate”. Ciò che è accaduto resta coperto dallo stesso silenzio di prima”. Attraverso la sua narrazione diretta e scarna, la Ernaux non esita ad addentrarsi dentro le tematiche devastanti che fanno da corollario alla scelta di rinunciare a quella maternità per cui non si sentiva pronta. Lei, figlia di bottegai, ambisce a diventare insegnante e, per questo, si dedica allo studio con passione, ne va della sua realizzazione di donna e del suo riscatto sociale. Dedica a questo ogni sua energia, per cui non è il momento dedicarsi a un figlio. E’ consapevole che il prezzo da pagare per mettere in pratica il suo rifiuto sarà alto; affronterà “l’evento” in solitudine, nessuno sarà intorno a lei, neanche colui che l’ha messa incinta: l’interruzione della gravidanza indesiderata riguarda solo lei, un “affare” da sbrigare prima che sia troppo tardi. Sola e spaventata, si affiderà a una “fabbricante di angeli”, ovvero a una mammana, con tutti i rischi, anche di morte, che ne potrebbero conseguire; la Società ipocritamente perbenista non vuole sapere nulla, si gira dall’altra parte per non vedere una realtà che tutti conoscono. L’importante è tutto vada bene e, quindi, ogni traccia sia eliminata. Ecco, questo scritto potrebbe apparire come un memoir diretto e crudo di questa esperienza, vista anche la dovizia di dettagli con cui sono descritti i fatti, ci induce alla riflessione su quanto sia necessario ancora oggi confrontarci con il tema del diritto all’aborto, una conquista importante ma ancora oggi “effimera” data l’alta percentuale di obiettori che ne impediscono la piena applicazione. L’aborto è e rimane un tema certamente controverso, si può essere favorevoli o contrari, ma resta comunque indiscutibile il fatto la donna deve essere poter scegliere consapevolmente cosa fare del proprio corpo. La scelta è sempre dolorosa, che ogni donna non fa mai a cuor leggero, perché comunque rimane una ferita. Concludo citando una riflessione della Ernaux che sintetizza la necessità di raccontarci la sua esperienza: “Può darsi che un racconto come questo provochi irritazione, o repulsione, o sia tacciato di cattivo gusto. Aver vissuto una cosa, qualsiasi cosa, conferisce il diritto inalienabile di scriverla. Non ci sono verità inferiori. E se non andassi fino in fondo nel riferire questa esperienza contribuirei a oscurare la realtà delle donne, schierandomi dalla parte della dominazione maschile del mondo”.Hai trovato utile questo commento?
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1 / 9 utenti hanno trovato utile questo commento31/12/2022
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Questo libro mi ha strappato il cuore e per quanto io non abbia mai dovuto affrontare una interruzione di gravidanza - soprattutto in QUELLE condizioni - ho percepito il modo di affrontare gli eventi molto vicino alla mia modalità. Tossica, struggente, pindarica. Amo.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
3 / 5 utenti hanno trovato utile questo commento13/01/2022
Veritiero e intenso
Una storia attuale e di ogni tempo. Una donna, studente universitaria, ceto medio che rimane incinta di un compagno occasionale. Dal primo momento di incredulità, vive l’abbandono morale di tutti ( partner e medici ), vive la difficoltà di trovare una soluzione a questo problema, dovuta anche al fatto che non vuole parlarne in famiglia e l’unica via appaia l’aborto, fuorilegge all’epoca. Si affida ad “una fabbricante di angeli” , una donna che pratica aborti clandestini a pagamento, rischiando la vita, sola e con una certa incoscienza sulle conseguenze. La storia è molto intensa e mostra una sofferenza morale e fisica, un peso che la voce narrante, in prima persona, si trascina nella vita. Un evento che segna indelebilmente la donna, un ricordo ed un anniversario perenni. Un libro che fa prendere coscienza sulla tragicità di questo accadimento, sulla tutela della donna come persona, sul diritto alla vita e sulla necessità delle normative garantite dalla legge, senza arrogarsi il diritto di giudizioHai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
5 / 6 utenti hanno trovato utile questo commento20/11/2021L'evento è l'aborto clandestino "subito" dalla protagonista negli anni sessanta. Un'esperienza autobiografica come credo tutti i libri della Ernaux, ma stavolta con un evidente afflato sociologico. Era così anche da noi fino a qualche (pochi) decennio fa, esperienza terrificante sul piano personale e sociale, che sembra tanto nuovamente ambita da troppi governi occidentali. La scrittura è sempre bellissima, scarna e nello stesso tempo poetica.Hai trovato utile questo commento?
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7 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento03/11/2021
Tre mesi
Larga parte della scrittura della Ernaux è autobiografica. Ha uno stile scarno e affilato, in altri libri che ho letto raggiunge intense sintesi figurative: qui tende piuttosto alla ricostruzione cronachistica. Il testo sembra nascere dall'esigenza di portare alla luce e dare spessore ad un evento a lungo nascosto, recuperando tutti gli stati d'animo attraversati. Il tempo ha attenuato i contorni del dramma vissuto, che però torna sempre vivo. Il racconto di quei mesi, vissuti in un tempo lontano e sospeso, è una dura denuncia del clima opprimente e giudicante della società dell'epoca. . La morale era rigida, l'educazione sessuale scarsamente diffusa, l'aborto illegale, ma comunemente praticato. L'autrice era figlia di una famiglia proletaria, che dava allo studio un altissimo valore e aveva voluto mandare la figlia all'università, per permetterle di garantirsi un avvenire migliore. Lei, che aspira alla vita borghese, è ben consapevole dell'opportunità che le viene concessa. Un giorno però rimane incinta. Un incidente di percorso ("incinta, troppo simile a incidentata") che rischia di farle crollare il mondo addosso. Il peso di questo nuovo stato inizialmente la schiaccia. Se guarda al suo futuro vede solo condanna, giudizio, perdita totale di ogni opportunità. Perciò fin dall'inizio rifiuta con tutta se stessa la gravidanza, e la sua unica ossessione diventa l'aborto. "Il tempo è diventato una cosa informe che avanzava dentro di me e che bisognava distruggere ad ogni costo". All'inizio tenta con metodi blandi, senza successo. La vita universitaria scorre attorno a lei come sempre, esami, chiacchiere insignificanti, vacanze. Lei, che non può fidarsi quasi di nessuno, per evitare la riprovazione sociale, vive quei mesi come un automa, annientata da una stagnante infelicità ed impotenza. Il contrasto con il suo mondo precedente le risulta quasi intollerabile. Alla fine è costretta a rivolgersi ad una delle donne che praticavano aborti clandestini. Il rischio della vita non la preoccupa tanto quanto l'idea di dover terminare la gravidanza. Avere un figlio avrebbe significato comunque la morte del suo futuro. Un'emorragia imprevista la costringe tuttavia a chiamare il medico di guardia. "Con l'entrata in scena del medico di guardia ha inizio la seconda parte della notte, che da pura esperienza della vita e della morte si è trasformata in esposizione e giudizio". In ospedale ed in tutti i rapporti anche precedenti con il personale medico riceve sempre un trattamento scortese e punitivo, ma alla fine si salva. "Camminavo per la strada con il segreto della notte tra il 20 e il 21 gennaio nel mio corpo come una cosa sacra. Provavo un senso di fierezza. Forse la stessa dei naviganti solitari, quella di essersi spinti fin dove gli altri non oserebbero mai andare". Un libro che può essere percepito molto duro, del tutto privo di riflessioni sulla maternità, come può essere invece "Lettera ad un bambino mai nato" della Fallaci. In realtà credo esprima l'essenza dello sgomento, della paura e della non rassegnazione di fronte ad una gravidanza indesiderata che la società dell'epoca costringeva a percepire come una malattia, un marchio indelebile. Da qui probabilmente la sensazione di fierezza, di aver lottato per difendere la propria volontà, e non essersi arresa ad una morale dettata da altri.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato -
7 / 10 utenti hanno trovato utile questo commento27/01/2021
Le cose fino in fondo
Pubblicato in Francia nel 2000 e penultima fatica dell'editore e traduttore Lorenzo Flabbi che, com'è noto, pare abbia fondato la casa editrice L'Orma innanzitutto per occuparsi delle opere di Annie Ernaux di cui è indubitabilmente il più autorevole esegeta, L'evento "ritorna" su un tema centrale nell'opera/vita della scrittrice -un aborto giovanile- che era già stato oggetto nodale del suo primo romanzo "Gli Armadi vuoti" del 1974. Una visita di controllo per essere certi di non aver contratto l'aids, l'attesa, fra altri pazienti, rimanda ad un'altra attesa in un analogo studio medico nel 1963 a Rouen. Da anni, per sua stessa ammissione, la scrittrice gira intorno a questo avvenimento della sua vita: l'assenza di macchie di sangue sulle mutandine, il sentire di non far più parte di quelle con i "ventri vuoti", le bugie necessarie per ingannare la madre, la ricerca disperata di artefici dal "cucchiaio d'oro" o di "fabbricanti di angeli" come eufemisticamente venivano denominate le donne che praticavano l'aborto -illegale e addirittura ipocritamente con la parola stessa bandita dal lessico borghese. Tutto intorno, nel mondo, sullo sfondo, l'assassinio di Kennedy, la vita di tutti i giorni, tutto in secondo piano e privo d'importanza agli occhi di Annie, presa comprensibilmente dal suo problema di donna. Il suo occasionale compagno è altrove come altri maschi che compaiono nella vicenda, giudicanti in silenzio e comunque distanti: fatti di donne non proprio per bene... Un libro che andava scritto e che ancora necessita di trovare nuovi lettori, un racconto non ripiegato sul proprio ombelico, sul personale avvenimento ma sociologicamente ancora utile per comprendere la condizione di tutte quelle donne, anonime che ancora, in simili circostanze, rimangono escluse dalla Storia.Hai trovato utile questo commento?SI NO | Segnala come inappropriato