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Patria : [romanzo]

Aramburu, Fernando

narrativa Guanda <casa editrice> 2017

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Cresciuti entrambi nello stesso paesino vicino a San Sebastián, Txato e Joxian sono sempre stati legati da una profonda e sincera amicizia fatta di cose semplici come le serate in osteria e le domeniche in bicicletta. E anche le loro mogli, Bittori e Miren, sono state care amiche, così come i loro fgli, tutti nati e cresciuti tra gli anni Settanta e Ottanta. [...]
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  • 6 / 6 utenti hanno trovato utile questo commento
    02/11/2022
      

    Patria racconta la parabola di un legame tra due famiglie, la cui forte amicizia è spezzata – anzi spazzata – dal furore degli attentati dell’ETA. Da quel momento esse vivono esistenze inconciliabili, troppo distanti le rispettive posizioni sulle vittime e i carnefici. Ma la verità su ciò che è accaduto può ancora servire, se non a ridare la vita almeno a restituire un po’ di pace all’anima tormentata di chi rimane: e allora bisogna cercare, inseguire, pregare, per dare finalmente un senso alle cose, seppur con enorme fatica (“ci sforziamo di dare un senso, una forma, un ordine alla vita, e alla fine la vita fa di noi quello che le va”). La lettura è stata lunga, non sempre intensa, forse anche ripetitiva in alcuni passaggi: mi sarei aspettato di rivivere l’antica amicizia tra le due famiglie anziché indugiare sulle sventure dei suoi componenti, alcuni dei quali non aggiungono particolare valore al significato della vicenda. Resta comunque un buon libro, cui avrebbe sicuramente giovato una generosa sforbiciata.
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  • 3 / 5 utenti hanno trovato utile questo commento
    17/03/2022
      

    Bel romanzo

    Un romanzo molto bello su due famiglie che vengono divise dalla violenza del terrorismo. Tante storie personali, tanti destini diversi ed il bisogno di superare il dolore, la rabbia, i rimorsi.
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  • 9 / 10 utenti hanno trovato utile questo commento

    Marco Ferri

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    10/03/2021
      

    La Storia lascia lividi sulle storie.

    Non è un romanzo storico, dal quale pretendere un minimo di analisi coerente con i fatti accertati. Più correttamente è un romanzo “sulla Storia”, così come si manifestata in un certo luogo, in un certo momento, in una certa comunità. La Storia che intreccia le sue contraddizioni con le storie delle persone. Tra i Settanta e gli Ottanta, in un piccolo paese vicino a San Sebastian si intreccia appunto la vicenda umana di una comunità investita, sconvolta, forse spesso addirittura trafitta dagli accadimenti: la lotta armata, condotta dall’Eta per l’autodeterminazione del popolo basco - capace di dare un robusto contributo alla sconfitta del franchismo - qui, in questo piccolo territorio, coinvolge famiglie, amicizie, amori. Dunque, un romanzo che narra la memoria più che la Storia. Più che i fatti, è l’impronta emotiva che i fatti lasciano nelle persone. L’aspetto emozionale e la concomitanza del periodo storico hanno sicuramente contribuito al successo di questo libro: molti hanno visto analogie tra le gesta dell’Eta con quelle dell’Ira irlandese, se non addirittura con la Raf tedesca o le Br italiane. Ma a ben vedere Aramburu più che un giudizio politico ci fornisce una chiave umanistica: tra i sentimenti contrastanti, spesso confliggenti e drammatici dei personaggi non c’è la vendetta, figlia degenere dell’odio. C’è invece la ricomposizione degli aspetti umani, la fine della lotta armata spinge la ricerca di una riconciliazione, non certo sul terreno politico, ma almeno sul piano dei rapporti all’interno della stessa comunità, che è appunto Euzkadi, la patria dei baschi. “Domandaglielo da parte mia, Joxian. La prossima volta che vai a trovarlo domandagli se è stato lui a sparare. Ho bisogno di saperlo in fretta perché non vivrò ancora a lungo. Non ho rancori, credimi. Non lo denuncerò. L’unica cosa che non voglio è che mi seppelliscano senza conoscere tutti i particolari sull’attentato. E digli che se mi chiede perdono glielo concederò, ma prima deve chiedermelo.” (Cfr. pagg. 231-232). Se la Storia lascia lividi sulle storie personali, le riflessioni provocate da un buon libro possono essere un lenimento.
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  • 12 / 12 utenti hanno trovato utile questo commento
    20/01/2021
      

    Epica contemporanea

    Patria è un romanzo che nasce già classico, per potenza della storia, per gli incastri della trama e dell'intreccio, per come affonda le radici in un tema così complesso senza perdere di vista gli aspetti narrativi rispetto a quelli storici. Forse, unico appunto che farei ad Aramburu, avrei asciugato la parte finale del romanzo. D'altra parte, però, le pagine in più forse riescono a rendere più accettabile la necessità di salutare i vari protagonisti e le varie protagoniste, affascinanti per motivi diversi e da cui mi sono staccato a fatica.
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  • 12 / 12 utenti hanno trovato utile questo commento

    Michele D'apuzzo

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    03/11/2020
      

    è già classico

    Patria è un libro imponente non solo per la mole o per il titolo ma, soprattutto, per i contenuti politici, sociali e storico-culturali. Con una prosa volutamente ridotta all'osso ed asciutta che si esplica attraverso una storia contenitore di altre storie, dove carnefici e vittime, bene e male si fondono continuamente. Un libro destinato a diventare un classico della letteratura. Capolavoro
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  • 17 / 17 utenti hanno trovato utile questo commento
    12/01/2020
      

    DIFFICILE MA POTENTE

    Un romanzo difficile, ma potente. Ti scava dentro l'anima, tratta di passioni e rancori, ma anche di vite spezzate, rubate da un terrorismo -quello basco- che ha mietuto vittime anche tra i vivi. Ed ecco le due protagoniste femminili, usurate dalla vita, dalla sofferenza, dal rancore, vivere una vita spezzata. Un romanzo fatto di frequenti e complessi rimandi al passato, una vasta galleria di personaggi. Non una lettura facile, ma imperdibile.
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  • 13 / 13 utenti hanno trovato utile questo commento
    23/08/2019   

    Romanzo potente

    Per me bellissimo. L'ho letto due volte di seguito per fissarmi dentro e meglio i personaggi e le loro storie, per non abbandonarli. Ne consiglio la lettura per capire le sensazioni di chi provoca dolore e sofferenza e quelle di chi le subisce.
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  • 17 / 17 utenti hanno trovato utile questo commento
    15/06/2019
      

    Grande letteratura

    Ogni tanto capita di imbattersi in un esemplare di grande letteratura: è il caso di questo libro di Aramburu, libro corposo, corale che narra la Storia con la maiuscola come dovrebbe essere, attraverso le "piccole" vite delle persone che la scrivono. La storia è fatta sì dai documenti ma soprattutto dalle persone comuni, dalle piccole vite. Si parla di ETA, di terrorismo, di un periodo buio per la Spagna e per l'Europa, ma quello che rimane nel ricordo di questo libro sono le caratterizzazioni dei protagonisti, di due famiglie prima amiche e poi nemiche. Dell'odio e del perdono. E soprattutto di grandi donne. Non ve lo perdete mi raccomando.
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  • 13 / 13 utenti hanno trovato utile questo commento
    09/04/2019
      

    BELLISSIMO

    Patria è un concetto molto nobile che unisce individui molto diversi tra loro. Forse è solo un ideale che muove cuore e menti fino a conseguenze estreme. Si puo' uccidere il proprio amico e sacrificare la propria vita...... Aramburu descrive tutto questo in un romanzo terribile......da non perdere!
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  • 36 / 38 utenti hanno trovato utile questo commento
    27/01/2019
      

    Questo romanzo ci invita a riflettere sul significato della parola patria, e lo fa narrandoci la storia di due donne basche, Bittori e Miren, dei loro mariti e dei loro figli, un tempo quasi unico nucleo famigliare, poi ridotto in frantumi dalla follia patriottica e scagliato lontano dal proprio paese come i detriti di una delle tante esplosioni che erano modus operandi dell’ETA fino alla resa, all’abbandono della lotta armata, punto di svolta, gravido di conseguenze, con cui si apre il romanzo. Ci suggerisce che Patria a volte può essere una pericolosa zecca che s’insinua nelle pieghe delle differenze sociali, per rilasciare il suo veleno fino a quando le diversità potranno sopraffare il comune vissuto. Una storia di straordinaria attualità per noi che non abbiamo dimenticato le gesta delle Brigate Rosse, quelle di Andreas Baader e Ulrike Meinhof, l’ira cattolica e repubblicana nella terra di Joyce, e che, nonostante tutto, ancor oggi ci facciamo sedurre da sirene che cantano di poetiche indipendenze, ma steccano con stridenti acuti di ben più prosaico egoismo. Un romanzo possente che, sfruttando in modo impeccabile prolessi e analessi, si dipana alla ricerca di frammenti di vite avvelenate, spezzate e alterate, e lo fa, a volte con forza martellante, a volte col delicato tamburellare della pioggia, costante meteorologica in Euskal Herria, e protagonista nei momenti cruciali della narrazione. Pioggia che scivola via in rivoli di ostracismo portando con sé matrimoni, amicizie o semplici frequentazioni. Flusso cui non ci si può sottrarre, come non ci si può sottrarre alla chirurgica dicotomia, vittime/carnefici, magari con vittime guardate come carnefici e viceversa. Un romanzo che è dolente compendio di cicatrici che non sempre sono elementare forma di cura, come ci suggerisce Aramburu, ma spesso germoglio di altre ferite, perché ci sforziamo di dare un senso, una forma e un ordine alla vita, ma in definitiva la vita fa di noi quel che le va.
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