È difficile immaginare di leggere questo libro senza una matita e un taccuino a portata di mano. Perché il gioco linguistico, come la risata, è contagioso. E ciascuno potrà aggiungervi il proprio.
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Se "Il fagiano Jonathan Livingstone" (nel gioco sui titoli dei libri "meno ambiziosi") vi pare offensivo, che dire di "Un'email di Jacopo Ortis", o del Bulgakov degradato a "Il supplente e Margherita"? Se invece amate il cinema si può cominciare col Fellini dimezzato di "Quattro più". Su Twitter è anche nata una variante mescolando il titolo di diversi film, come nel capolavoro mai girato "Tre metri sopra il cielo sopra Berlino" o nell'ambiguo "Un borghese piccolo piccolo grande uomo". Se si aggiunge una definizione si può rischiare con "Ti boccia già all'appello: 'Fotte prima degli esami'". E per i più esperti, si continua con i tautogrammi, i falsi prefissi, i palindromi, gli acrostici, i falsi derivati, le parodie. Il mondo si deforma, perde per un attimo la sua identità, e di fronte a noi se ne spalanca uno parallelo, un po' sghembo, assurdo, sorprendente, che prende forma nel nostro taccuino.
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