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La porta

Szabó, Magda

Giulio Einaudi editore 2007

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È un rapporto molto conflittuale, fatto di continue rotture e difficili riconciliazioni, a legare la narratrice a Emerenc Szeredàs, la donna che la aiuta nelle faccende domestiche. [...]
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  • 29/11/2024   

    La porta, Magda Szabò

    Ci sono libri che hanno bisogno di molte parole per essere presentati, per spiegare cosa non ci ha convinto troppo e ciò che invece ci è piaciuto molto, e poi ci sono libri per i quali ne basta solo una: capolavoro. Così è per me per: La porta romanzo di Magda Szabò, 1987. Primo mio approccio con questa autrice, ma dov'eri? Come è possibile non averti mai incontrato prima. ♥️ La storia La porta è un romanzo narrato in prima persona da una donna, scorgo qualche nota autobiografica poiché la narratrice è scrittrice, nata a Debrecen in Ungheria. Il racconto è ambientato nel secondo dopoguerra. La narrazione è coinvolgente, racconta l'incontro con un'altra donna, Emerenc, che dovrà aiutare la "signora scrittrice" nelle pulizie e gestione della casa. Ma Emerenc sarà molto di più. La penna di Magda Szabo procede nel raccontare gli aspetti di questa donna, la sua personalità forte, capace di spezzarsi pur di non piegarsi, la sicurezza, il mistero che la circonda. La narrazione appassiona, emoziona, cattura e come nei romanzi che io amo si inabissa in introspezioni profonde che sondano l'animo umano, la coscienza. Emerenc diventa infatti specchio che fa vedere nitidamente il carattere di chi sta raccontando, i conti con la propria coscienza, i dubbi su ciò che si è sempre creduto di essere, la parte giusta a cui sempre abbiamo creduto di appartenere, i valori e le priorità che nella vita abbiamo stabilito. I dialoghi sono eccezionali, le parole taglienti, non è un racconto 'leggero', la narrazione è drammatica (a volte ironica). Amato. Consigliato.
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  • Laura Bazzoni

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    11/09/2022
      

    Nessuno si salva da solo

    Romanzo con la struttura di un fine thriller psicologico, anche se non ci sono assassini, o, almeno, non quello che comunemente si intende per tali. Le protagoniste sono due donne, separate da una diversa estrazione sociale che non le rende intellegibili l'una all'altra. La Szabo è abilissima nel delinearne il profilo, distribuendo a ciascuna meriti e difetti: nessuno può dirsi del tutto nel giusto o nel torto. Emerenc è la portinaia e domestica tuttofare, anziana e caparbia, che con la perfezione ed efficienza del suo lavoro si è resa indispensabile all'interno del quartiere, ma che appare dura e impenetrabile, antintellettuale, se pur dotata di intelligenza vivissima. Questa durezza si esprime in atteggiamenti scostanti e bisbetici, raramente adeguati alle circostanze che li scatenano: può rifiutare un regalo o un qualsiasi aiuto gentile con freddo e malcelato disprezzo, sa leggere l'animo delle persone e ferirle nei loro sentimenti più profondi,  cogliendo sempre le verità che nascondono anche a loro stessi. Il motivo di tale atteggiamento si radica nel passato della donna, che emerge a sprazzi,  e che le è costato un dolore così grande da non voler più donare il proprio affetto incondizionato a nessuno. Non vuole diventare schiava dei propri sentimenti, nella convinzione che dare nuovamente fiducia le frutterà solo nuove disillusioni. Perfetto esempio di profezia che si auto avvera. Tuttavia anche il prezzo da pagare per l'autosufficienza forzata sarà elevato. Nessuno alla fine può vivere isolato come una monade, e Emerenc si affeziona di nuovo: alla scrittrice, ad un nipote, ad un colonnello, a qualche amica. La scrittrice,  più volte rifiutata dalla critica letteraria, si troverá ad affrontare il momento più alto della sua carriera, nel giorno peggiore. Vivendo secondo una logica più pratica, nel rapporto con Emerenc, che le fa da domestica, oscilla sempre tra affetto e propria utilità.È gelosa del rapporto che la donna riesce a instaurare con il suo cane, che obbedisce solo alla domestica; pur sentendosi amata attraverso mille azioni di Emerenc, è ferita di non godere della sua massima fiducia: neppure lei può varcare la porta di casa sua,  la domestica non concede a nessuno l'intimità della sua casa.  La scrittrice soffre di non essere considerata abbastanza né dalla domestica né dal mondo letterario che frequenta, e neppure dal suo cane, ma quando riceve l'apprezzamento che desidera, non riesce a goderne. Il senso del dovere spinge a comportamenti che cozzano contro i desideri intimi o le reali necessità: la vecchia spala la neve fino allo sfinimento, per non ammettere di non farcela più; la scrittrice va in Grecia per lavoro, pur sentendo che non sarebbe dovuta partire proprio in quel momento, per non suscitare dubbi diplomatici. Il precario equilibrio sospeso si rompe all'improvviso. Ognuno mostrerà logica, indifferenza, opportunismo, ipocrisia (nel sentirsi a posto con la coscienza per aver fatto la scelta più razionale), ma nessuno avrà il coraggio di rispettare  fino in fondo la  volontà e indipendenza della vecchia.
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  • 2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento

    Cesarina Evangelista

    26/05/2021
      

    Un romanzo intenso, impegnativo, dove si respirano le atmosfere rarefatte di una Ungheria del dopoguerra. Senza nulla togliere alla qualità della prosa, il racconto risulta complessivamente un po' cupo, fa l’occhiolino alla tragedia greca nella coralità dell’ambientazione e nelle caratteristiche dei personaggi, difficili da comprendere a una prima lettura, ma che fanno riflettere sull’essenza dell’esistenza, sull’amicizia, sull’amore. I personaggi e l’intera comunità si muovono intorno a un’unica donna, Emerenc: alta, ossuta, esigente, regale, dalla morale granitica e intransigente. Capace di pietà ma anche di realistico cinismo. Una donna a suo modo libera, anarchica; odia il potere in quanto tale, da chiunque sia esercitato, commenta in modo sarcastico l’evoluzione della storia: chiunque esercita il potere è per definizione un’oppressore anche se apparentemente agisce in nome del popolo. Disprezza il lavoro intellettuale, sia nel vecchio che nel nuovo mondo popolato da plutocrati socialisti. Trova sempre un motivo per ferire la padrona, per rinfacciarle con aria trionfante che non vale nulla, che è una parassita della società, non svolgendo un lavoro manuale. La mortifica con insolenza per le sue frequentazioni alle funzioni religiose, al rispetto della vigilia del venerdì Santo, cucina l’anatra al posto delle tradizionali prugne. Lei non può perdere tempo per partecipare alle funzioni, deve provvedere a tenere pulita la strada per le persone devote! Accusa la signora di ipocrisia, di formalismo, di snobismo. La narratrice entra in crisi, cos’è la sua morale e la devozione per il Venerdì Santo? Solo disciplina!! Al contrario, Emerenc, pur negando l’esistenza di Dio, è caritatevole, generosa, disposta al sacrificio, onora Dio con le sue azioni. Emerenc si occupa anche del cane della coppia dal quale pretende totale ubbidienza, ottenuta anche con la violenza. Lo ha umanizzato, gli ha dato un nome femminile, Viola, come a trasporre il cane sulla padrona che in realtà non ha nome. E come il cane, sebbene bastonato, le rimane fedele, così la narratrice è totalmente prona alla volontà della sua domestica e, ogni volta che riesce ad affermare la sua autonomia, si fa dilaniare dai sensi di colpa. Eppure solo lei è riuscita a penetrare l’animo insondabile di Emerenc, solo a lei è stato dato il privilegio di entrare nella casa inaccessibile a tutti, solo a lei è stato affidato il compito di occuparsi dei suoi amati gatti, quando non ci sarebbe stata più, solo a lei Emerenc, al pari di Antigone, ha confessato il suo progetto di costruire una tomba per dare degna sepoltura ai suoi familiari dispersi nei vari cimiteri abbandonati. La scrittrice, divenuta famosa, è chiamata a partecipare, anche per doveri istituzionali, alla premiazione del suo libro, ma non riesce a godersi le onorificenze, è assalita da colpevoli dubbi: ha fatto bene a forzare la porta di Emerenc per ricoverarla contro la sua volontà, violando così il suo mondo costruito e difeso per un’intera vita? Avrebbe dovuto rispettare la sua volontà di autocondannarsi a morire piuttosto che svelare la sua vergogna alla comunità che l’aveva sempre considerata degna di rispetto? Emerenc aveva perso la dignità, ridotta come era in mezzo alla immondizia e al puzzo che emanava dalla sua casa, un tempo sempre linda e profumata. Le aveva salvato la vita, ma, era stata una manifestazione di amore o piuttosto di egoismo? La porta veniva chiusa con assi incrociate e quei colpi di martello erano il funerale di tutto, evocavano la fine di un’esistenza, di una casa, della saga di Emerenc. Un’embolia cerebrale aveva annientato la sua esistenza! Ma ecco che avviene il miracolo: al funerale, in un requiem ecumenico, aveva partecipato l’intera comunità, cattolici, protestanti, aderenti alla Chiesa unitaria, coloro che avevano pronunciato parole blasfeme … Emerenc ancora una volta era stata capace di imporre la sua volontà.
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    13/09/2019
      

    Devo subito dire che questa lettura mi ha coinvolto tenendomi attaccata alle pagine. Inizialmente ho fatto fatica perché la scrittrice usa pochissimi dialoghi, tutto quello che i personaggi si dicono viene spesso riassunto come se non si trattasse di un dialogo bensì di une descrizione. Lasciata la titubanza iniziale, che dura qualche pagina, si entra immediatamente in intimità con il libro e non si potrà fare a meno di leggere e leggere per scoprire la storia e dissipare l'alone di mistero che imbriglia il lettore già con la prima confessione della voce narrante: "Nella mia fede non esiste la confessione individuale, noi riconosciamo di essere peccatori per bocca del pastore e di meritare il castigo perché abbiamo infranto in ogni modo possibile i comandamenti. E riceviamo il perdono senza che Dio esiga da noi spiegazioni o particolare. Io invece li fornirò". La confessione non è altro che la ricostruzione del rapporto complesso tra le due protagoniste: la scrittrice ed Emerenc. Un rapporto fatto di attacchi e gentilezze, di incomprensioni, di attenzioni ed allontanamenti di amore mai espressamente dichiarato. Io stessa ho provato sentimenti ambivalenti per l'una e per l'altra, in modo alternato e mai univoco. Mi sono lambiccata il cervello per comprendere il perché di alcuni comportamenti da una parte e dall'altra senza trovare immediatamente risposte. Così mi sono disposta con l'animo in ascolto per cogliere ogni sfumatura che l'autrice ci offre nelle pagine in cui emerge con prepotenza e delicatezza, in un gioco dei contrari, la figura di Emerenc, l'anziana signora, provata dagli eventi, con un segreto da tenere ben nascosto. La Szabó costruisce con le parole uno splendido ritratto di Emerenc e subito appare chiaro al lettore che questo personaggio è scomodo. Emerenc ci obbliga ad uscire dalla comodità del nostro pensiero per condurci verso un mondo apparentemente incomprensibile ma che si rivelerà fedele a sé stesso, integro ed incredibilmente semplice. La porta è un simbolo carico di significati che conduce il lettore a diverse riflessioni. La porta chiusa è il simbolo del limite che non deve essere oltrepassato per evitare di perdere definitivamente il rispetto per l'altro. La porta chiusa preserva la vita, la forma di vita che Emerenc ha scelto per sè. La porta aperta, chiusa è il simbolo delle scelte che ognuno fa, per sè, per l'altro e che inevitabilmente portano ad un cambiamento, anche se la portata del cambiamento non è chiaro finché non si sceglie e sarà per le protagoniste devastante, sarà una sconfitta. La porta divelta è il simbolo del fallimento di tante azioni fatte in nome di quell'amore che dovrebbe essere protetto, custodito, rispettato con delicatezza e profonda comprensione e non violentato, usurpato, devastato. L' assenza della porta è il simbolo del tradimento che viene perpetrato in nome dell'amore. "Emerenc voleva abbandonare questo mondo dopo che le avevano distrutto l'intelaiatura che reggeva la sua esistenza e la leggenda aleggiante intorno al suo nome." Scoprire questa autrice mi ha reso più ricca. Un libro unico ed imperdibile scritto in modo impeccabile, di cui consiglio caldamente la lettura.
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    02/09/2019
      

    Bello

    Veramente ben scritto. Un vero piacere da leggere.
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