Auschwitz, prima di divenire l’icona della sofferenza inflitta agli ebrei perseguitati d’Europa, era un nome tra i tanti della galassia concentrazionaria nazista. Cosa si sapeva in Italia di questo campo nei primi anni dopo la liberazione? Chi ne conosceva il funzionamento? Quale sorte era stata riservata agli ebrei deportati dai nazifascisti? Il v.
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risponde a queste domande, attraverso uno dei primi documenti scritti in Italia sulla storia del campo di Auschwitz. Fu redatto Massimo Adolfo Vitale che, dopo aver assistito a Varsavia, tra marzo e aprile 1947, al processo al comandante Rudolf Hoss, come osservatore italiano per conto dell’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane e del Ministero di Grazia e Giustizia, stilò un dettagliato resoconto del suo viaggio in Polonia. Questa sua relazione, la ricerca di notizie sui deportati italiani, la raccolta delle testimonianze dei sopravvissuti, tra cui anche quella di Primo Levi, e le battaglie che condurrà contro l’antisemitismo, rappresentano ancora oggi un esempio e un antidoto contro il negazionismo perché, come egli non si stancava mai di ripetere, “bisogna non dimenticare”.