A giudicare dalla trama, si potrebbe collocare "L’archivio di Dalkey" fra i tipici romanzi di formazione, precisando eventualmente che ha un andamento picaresco: un giovane irlandese alla ricerca del proprio ruolo nel mondo dopo molteplici incontri e varie vicende decide, come si conviene, di sposare la sua fidanzata e avere da lei molti bambini.
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La definizione sarebbe dunque esatta, se non fosse che il protagonista vive le sue avventure passeggiando nei luoghi da cui Flann O’Brien non si allontanò mai: Dublino e gli immediati dintorni, che, come nella migliore tradizione irlandese, sono non soltanto simbolo del mondo, ma anche e soprattutto fonte inesauribile di storie nelle storie nelle storie. E se non fosse che il nostro protagonista riesce perfino a salvare l’universo dalle macchinazioni del famigerato dottor De Selby, inventore di un metodo per fermare il tempo (cosa che non stupisce molto i suoi interlocutori, almeno fino a quando non scoprono che tale metodo funziona). E se non fosse ancora che il giovane protagonista si imbatte, fra gli altri, in sant’Agostino e James Joyce, il quale non ha mai scritto l’Ulisse e sogna segretamente di abbandonare la sua squallida attività di barista ed entrare nell’ordine dei gesuiti al fine di «espellere lo Spirito Santo dalla divinità e dalla Chiesa cattolica». E se non fosse infine che l’autore è Flann O’Brien, il geniale e patafisico irlandese al quale mai sarebbe balenato di scrivere un tradizionale romanzo di formazione. Fra chiacchiere da pub e pomposi dibattiti teologici (o fra chiacchiere teologiche e pomposi dibattiti da pub), fra scienziati pazzi che sembrano usciti dai pulp magazines degli anni Trenta e poliziotti di provincia che sembrano altrettanto pericolosi, O’Brien riprende temi e personaggi dei suoi precedenti romanzi e li immerge in una apposita sostanza allucinatoria (forse approntata dall’infernale De Selby?) dalla quale escono rinfrancati come dopo una nuotata nella baia di Dublino e pronti a riprendere il loro chiacchiericcio ininterrotto in un pub e a mandare giù un’altra pinta di inchiostro irlandese. "L’archivio di Dalkey" è apparso per la prima volta nel 1964.