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Immigrazione e sicurezza in Italia

Barbagli, Marzio

Il Mulino <casa editrice> 2008

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Marzio Barbagli è stato il primo in Italia ad affrontare in maniera esplicita il tema, politicamente scorretto, dei reati commessi dagli immigrati (soprattutto irregolari, ma anche regolari), destando inizialmente imbarazzi e critiche, ma imponendosi poi, grazie al suo inoppugnabile lavoro di ricerca e documentazione, come una delle voci più autorevoli e imparziali in materia, sempre chiamato in causa nei momenti di più acceso dibattito. In questo periodo di crescente preoccupazione sociale, mentre sono all'esame nuovi provvedimenti legislativi sulla sicurezza, Barbagli affronta in particolare nel suo libro tre questioni che dividono i cittadini e le parti politiche: gli effetti della Bossi Fini (è stata un fallimento o ha contribuito a contenere il flusso dei clandestini?); le conseguenze, sul piano delle attività illecite, dell'allargamento a Est dell'Europa, soprattutto dopo il 1° gennaio 2007 (ma è davvero giustificato l'allarme nei confronti di rumeni e rom?); come funziona, o non funziona, il meccanismo delle espulsioni e perché. Tutto questo e molte altre cose ancora sulla base di dati inediti, aggiornati al 31 dicembre 2007.
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  • 8 / 8 utenti hanno trovato utile questo commento
    01/08/2019
      

    Una seria base di discussione

    Il libro di Barbagli è notevole perché analizza la devianza sociale degli immigrati in Italia in maniera oggettiva, ricorrendo ad una solida base di dati statistici (denunce, reati contestati, condanne, numero di detenuti, ecc.) ed alle più accreditate spiegazioni sociologiche, oltre ad offrire un costante raffronto con i risultati di analoghe ricerche compiute negli USA, in Australia e negli altri paesi europei. Viene inoltre esaminata l’efficacia, nel contrastare il fenomeno, delle varie normative in materia migratoria che si sono succedute in Italia (legge Martelli del 1990, Decreto legge Dini del 1995, Legge Turco-Napolitano del 1998 e Legge Bossi-Fini del 2002). La ricerca di Barbagli giunge ad alcune importanti conclusioni che coincidono in buona sostanza con quanto rilevato negli altri paesi europei. A partire dalla metà degli anni ’70, in coincidenza con la crisi economica provocata dallo shock petrolifero del 1973, il livello di devianza sociale degli immigrati è cresciuto in maniera sostenuta, superando quello degli autoctoni. Questa tendenza appare peraltro più marcata tra gli immigrati irregolari rispetto a quelli regolari e tra le seconde generazioni rispetto alle prime. Per spiegare questo fenomeno, l’autore propone tre chiavi di lettura: il sentimento di “privazione relativa”, dovuto all’impossibilità di raggiungere come gli autoctoni l’obiettivo culturale del successo economico, il debole controllo sociale, derivante da un’insufficiente integrazione nel tessuto locale, ed il conflitto di culture, per cui determinati comportamenti sono percepiti in maniera diversa dalla cultura d’origine rispetto a quella di destinazione.
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