I gitani dell’Andalusia meridionale si danno il nome di flamencos: sono famosi come cantanti, danzatori e chitarristi, ma le loro abitudini di vita, vissute ai margini della società, restano largamente sconosciute. La danza, e più ancora il canto, sono il fondamento di questa comunità: rinforzano la coesione del loro gruppo e preservano una cultura che vive fuori dalla norma.
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L’espressione 'dire il canto', che dà il titolo al libro, indica appunto un preciso modo di cantare: evitando ogni artificio, l’interprete pronuncia le parole a bassa voce, in tono confidenziale, come se si confessasse a un piccolo gruppo di persone. Ma le voci dei gitani possono anche esprimersi al pubblico in occasione delle juergas, rituali fondanti dell’identità gitana, che si svolgono lontano dagli occhi dei payos - i 'non gitani' -, durante i quali si assiste a una 'messa in scena' estrema delle passioni, a un eccesso di sensualità, a conflitti che esplodono o svaniscono, allusioni alla sofferenza e alla sopravvivenza del gruppo. Per contribuire a una migliore conoscenza dei gitani, l’autrice ne descrive dettagliatamente i riti e le feste, e ne ricostruisce la storia, l’organizzazione e le credenze religiose. 'Caterina Pasqualino (...) ha condiviso momenti della loro vita, intensi come i momenti di canto, intimi come le sedute per l’abbigliamento della Vergine prima delle processioni o della fidanzata prima delle nozze... E ha capito che l’essenziale stava al di là del senso e dei suoi commenti: nel suono, nel respiro, nello sguardo, nella postura (...) questo libro possiede grazia'. Patrick Williams, Prefazione.
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