L'autrice continua con questo romanzo a scavare nella memoria personale e collettiva del Novecento. Questa volta trasmette il racconto affidatole ancora bambina da un piccolo profugo prussiano nell'estate del 1949.
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Attraverso le parole di Kurt rivivremo così la tragedia delle migliaia di tedeschi orientali che nell'inverno 1944-45, fuggendo davanti all'Armata Rossa che avanzava da est, cercavano di raggiungere il Baltico e da qui la Germania Occidentale. Dopo aver assistito alla morte del nonno ed essersi trovato a stringere tra le braccia il corpo del fratellino neonato che credeva di aver portato in salvo, Kurt sprofonda in un "lutto patologico", ma la simpatia che Helga si ostina a dimostrargli segnerà l'uscita dall'orrore e l'inizio della guarigione.