Se il teatro elisabettiano poteva contare su una lingua comune e curare il rigore del verso e di un testo, per gli italiani viceversa altri dovettero essere gli elementi di riconoscibilità: pause più di parole, mimica più di testi, gergo più di eloquio.
[...]
Lungo quattro secoli si snoda il filo di un'identità mediata dalle risate, plasmando il carattere comune degli italiani costruito a forza di battute, di trucchi e di imbrogli, di salti mortali e di miserie. Arlecchino, Pantalone, Pulcinella sono prototipi di quel misto di furbizia e di cattiveria che fino a Totò hanno fatto trionfare in scena sempre gli stessi trucchi, gli stessi rapidi gesti, le stesse burle.