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1977 : quando il femminismo entrò in tv

Cornero, Loredana

Harpo 2017

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Il Movimento delle donne e l'informazione nell'anno della rivolta. È il 1977 quando Massimo Fichera, socialista, direttore di Rai2, accetta la sfida di produrre un programma che, per la prima volta nella storia della televisione, affronti la "questione femminile". [...]
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  • 10/09/2020   

    la Rai nel 1977 produsse una trasmissione , che andò in onda fino al 1981, all'avanguardia per quei tempi, "Si dice donna". Questo saggio ce ne parla e si rivela piacevole e scorrevole http://www.teche.rai.it/2017/03/si-dice-donna-1977/
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  • 30/10/2017
      

    Troppo specialistico**

    M. Teresa Siciliano Pur appartenendo alla generazione del Sessantotto, non mi ricordo di aver mai visto la trasmissione in questione. Perciò non ho trovato molto interessante questo saggio. Appartiene al genere specialistico e quindi poco adatto al concorso dei circoli.
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  • 07/09/2017
      

    Biblio circolo "Collina della pace" - Valentina Scarpato

    Un saggio agile e snello che ci catapulta nei “mitici” anni ’70, da ricordare non solo perché segnati dalla cappa asfissiante di "un piombo bicolore", ma anche e soprattutto per quel fermento culturale che li ha contraddistinti. Ed è proprio in questi anni – vivacizzati dalle proteste da parte del mondo civile, dei collettivi studenteschi e dei movimenti extra-parlamentari – che vede la luce, per la prima volta alla RAI di allora, un programma televisivo innovativo e coraggioso – “Si dice donna” – interamente dedicato alla questione femminile e frutto del lavoro di un gruppo eterogeneo di donne provenienti da ambienti socio-culturali differenti tra loro. L’aspetto più interessante è stato, almeno per me che quegli anni non li ho vissuti direttamente, respirare il clima di un’epoca, ripercorrere attraverso il racconto delle dirette interessate quelle che sono state le questioni principali al centro del dibattito femminista di allora e delle donne tout court, le quali, per la prima volta, si sono interrogate apertamente sul loro ruolo all’interno della società, sulla loro specificità di donne, nonché sul difficile e travagliato rapporto tra maschile e femminile. Infatti nel rammentare la genesi e i contenuti di “Si dice donna”, il libro tocca temi che al tempo suscitarono scalpore e un vivace dibattito, come aborto, divorzio, violenza di genere, donne e lavoro, il diritto di famiglia ecc. Ho trovato entusiasmante rivivere attraverso le parole del libro quel fermento di idee e d’iniziative, nonché avvertire quell’energia femminile che si è sprigionata in un urlo liberatorio dopo secoli di repressione e sottomissione alla logica patriarcale. Ma le donne non si raccontano nella trasmissione solo per affrontare quel nodo problematico che le lega a una società con le sue anacronistiche pretese nei confronti di un femminile che non si identifica più unicamente nel ruolo di madre e di moglie; infatti la narrazione di sé passa anche attraverso un altro canale, atto a valorizzare l’importante ruolo (seppur sommerso) della donna nella storia, nella letteratura e nelle arti in genere. Insomma, la donna in quegli anni inizia a reclamare non soltanto quei diritti a lei negati così a lungo, arrivando a scoprire dentro di sé una forza creatrice e un insieme di risorse spesso sottovalutate, rimaste a lungo inascoltate e sopraffatte da un mondo a voce quasi unicamente maschile. Riappropriarsi della parola, della possibilità di dire di sé e del mondo, passare dalla condizione di oggetto a quella di soggetto di una narrazione, rivendicando la possibilità di essere punto di vista sulla realtà. E la nostalgia, leggendo il libro, va all'impegno politico e all'entusiasmo di quegli anni, spazzati via da cambiamenti socio-economici, politici e culturali che ci hanno fatto un po' dimenticare l'importanza della partecipazione attiva, nonché l'idea fondamentale per cui siamo noi donne a doverci impegnare in prima linea, al fine di non subire passivamente modelli femminili imposti dall'alto, frutto di una mentalità consumistica o di una nostalgica deriva conservatrice. Siamo noi donne a dover rivendicare la libertà a un'auto-determinazione che sia libera da stereotipi o da condizionamenti di sorta, ma ciò sarebbe possibile solo riacquistando un dialogo aperto e autentico con noi stesse, le altre donne e la società intera.
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