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108 metri : the new working class hero

Prunetti, Alberto

Laterza <casa editrice> 2018

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Un vecchio cuoco tossico uscito da un libro d'avventure, uno stasatore di cessi innamorato della lirica e un anziano attore shakespeariano lobotomizzato, con un corredo di giovani assistenti dediti a piccoli crimini e decisi a sopravvivere in ogni modo a mille guai. Questa è la banda che condivide vita, avventure e lavoro con un italiano emigrato in Inghilterra. [...]
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  • 3 / 3 utenti hanno trovato utile questo commento
    29/07/2019
      

    "108 metri" è un romanzo che emoziona e coinvolge. La sua scrittura nasce da una lingua armoniosamente oscillante tra registri diversi, dalla cruda narrazione realistica allo slancio poetico e visionario. La vena umoristica è prevalente in queste pagine e comunica al lettore una gioia fanciullesca e le sfumature d'una dolce tristezza. Le avventure e disavventure autobiografiche, tra la Toscana operaia e il Regno Unito vampirizzato dalla lezione classista della Thatcher, sembrano portarci l'eco dell'umorismo irriverente, caustico e sognante d'un Mark Twain o d'un Kurt Vonnegut. La struttura narrativa di "108 metri" ricrea una lingua nomade, composita e duttile scaturita dalle vicende d'una umanità errante. L'anelito più profondo del romanzo, infine, è la realizzazione d'una utopia internazionalista e cosmopolita, priva di sfruttamento dell'uomo sull'uomo, e la necessità e il dovere del racconto, della testimonianza. "Dovevo scrivere la mia storia, la storia della working class in cui ero nato", afferma l'Autore. Un contributo importante, quello di Alberto Prunetti, per spezzare "le catene della sopraffazione" e un dono prezioso, aggiungo personalmente, offerto alla letteratura.
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  • 2 / 2 utenti hanno trovato utile questo commento
    27/05/2019
      

    Definendosi “il vostro umile narratore” l’autore racconta le sue tragicomiche esperienze lavorative in Inghilterra, degli strani compagni di lavoro incontrati tra mense, gabinetti, serre e pizzerie, del fantasma della Thatcher che di tanto in tanto compare a ricordargli la sua condizione di lavoratore precario sfruttato e sottopagato. Racconta del liceo e dell’università frequentati come figlio della classe operaia, della decisione di lasciare Piombino con le sue acciaierie in cerca di nuove prospettive. Al suo ritorno, dopo l’ennesimo sopruso, quando la misura sarà colma, troverà molte cose cambiate e nascerà l’esigenza di raccontarsi. “Dovevo scrivere la mia storia, la storia della working class in cui ero nato. Dovevo farla circolare, perché diventasse una minuta proteina di quel codice che avrebbe rotto le catene della sopraffazione. E sapevo anche un’altra cosa. Che se non fossi andato per il mondo, non avrei capito niente della mia storia, della storia della mia parte. E se non si capisce nulla, a cosa servono le mani fini dei privilegiati? Cosa racconti, cosa scrivi con quelle mani se gli occhi non vedono, se il cuore non desidera e non spera, se lo stomaco non conosce la fame e il fegato la rabbia?”
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  • 7 / 7 utenti hanno trovato utile questo commento
    14/06/2018
      

    Tranquillo, è il mestiere che entra.

    Racconto travolgente, stravolgente: niente retorica sui cervelli (e gli stomaci) in fuga, niente propaganda sui fannulloni nostrani. Il viaggio di questo ragazzo, destinato alle acciaierie e traviato da libri e metafore, ci sprofonda nel puzzo delle cucine (con il vecchio marinaio Long John Silver e le sue personalissime ricette internazionali) e negli odori dei cessi dei centri commerciali inglesi (sì, scopriremo con Brian la competenza di sturare la tazza del cesso). Lavoratori e lavoratrici con zero diritti, zero dignità, zero parola e poche, pochissime sterline (o euro). Unica speranza, le api: riusciranno a sconfiggere l'Entità?
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