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Maria Paiato in Stabat Mater-Oratorio per voce sola di Antonio Tarantino
21 febbraio - 11 marzo 2018
Piccolo Eliseo
È dallo Stabat Mater di Pergolesi che Antonio Tarantino prende a prestito il nome, la figura della Madre e la tematica del dolore, nutrendo poi il testo drammaturgico con ombre del proprio immaginario. Nella sua opera teatrale, infatti, la figura epica della Madre del Cristo è resa attuale e trasferita sulle rive della realtà e del tempo presente.
La Madre di Tarantino è una ragazza-madre. Una sorta di Madonna dei bassifondi, turpiloquiante e bestemmiatrice, la Maria Croce, protagonista di Stabat Mater, ex-prostituta, ma neanche troppo ex, ora stralunata straccivendola cui l’autore impone un’irrefrenabile e farneticante logorrea, un’incontinenza verbale comicamente oscena, fatta di martellanti interiezioni e ripetizioni, tipiche di chi vuole riaffermarsi ri-dicendo e non riesce più a parlare se non stra-parlando.
La Madre di Tarantino è una ragazza-madre. Una sorta di Madonna dei bassifondi, turpiloquiante e bestemmiatrice, la Maria Croce, protagonista di Stabat Mater, ex-prostituta, ma neanche troppo ex, ora stralunata straccivendola cui l’autore impone un’irrefrenabile e farneticante logorrea, un’incontinenza verbale comicamente oscena, fatta di martellanti interiezioni e ripetizioni, tipiche di chi vuole riaffermarsi ri-dicendo e non riesce più a parlare se non stra-parlando.
È il linguaggio di quella marginalità suburbana, dannata, condannata e dimenticata dalla Storia.
La rabbia e il rancore sono i generatori della comica e disperata vitalità di Maria, che deietta il suo turpiloquio verso un ambiente ostile e avverso, dominato dall’ossessione per il sesso, soprattutto quello maschile, e la promiscua fornicazione, vista o immaginata in ogni angolo di strada, in una sorta di città-bordello dove l’altro e gli altri sono tutti pericolosamente o cuppi o puttane; oltre all’approdo razzista nell’inevitabile guerra tra disperati che vede Maria proferire invettive scurrili contro i marocchini e il loro membro fuori misura. Il marocchino diventa dunque il nemico da combattere e da cacciare – pretesto e simulacro di altre ben più profonde ferite e rancori – da una presunta civiltà di cui si illude di far parte, ma dalla quale è continuamente respinta. Un accidentato e originale percorso linguistico nel quale il comico fa programmatica-mente da apripista all’orrore dell’esistere.
Biglietto ridotto Bibliocard